Uno sketch pubblicitario televisivo di qualche anno fa dell’azienda telefonica pubblica SIP, concludeva con la frase: “Una telefonata può cambiarti la vita”. Non è certamente il caso di ipotizzare che per la questione ucraina mercoledì possa essere accaduta qualcosa del genere. Ciò non toglie che, anche se non stretta, una certa seppur minima parentela con quello slogan debba averla. Si tratta della telefonata tra il Presidente cinese XI e il Presidente ucraino Zelensky. Piccolo giallo su chi dei due abbia alzato per primo la cornetta ma anche ciò crea appeal su quella importante presa di contatto. Senza entrare nel merito della conversazione, della qual cosa si stanno già facendo carico, come è giusto che sia, i politologi di ogni parte del mondo, potrebbe essere di più facile uso e consumo quanto hanno commentato la sera stessa al tavolino del Dopolavoro il maresciallo, il farmacista e il Capostazione del villaggio. A quelle autorità civili si è aggiunta subito dope quella religiosa, il parroco. Ha esordito, con fare serio, il maresciallo che, probabimente più di quanto hanno fatto diversi Solone ospiti di uno o più salotti televisivi, si è ritenuto legittimato a sentenziare. Forte della divisa, ha detto che per il fatto stesso che a Pechino XI abbia alzato la cornetta del telefono e che da Kyev Zelensky gli abbia risposto, ciò significa che la Cina riconosce come stato sovrano l’ Ucraina. Di conseguenza il dialogo e le relazioni dei rispettivi governi devono considerarsi legittimati a interagire liberamente. Nessuna delle altre autorità che erano sedute a quel tavolo ha osato fare altro che annuire in ammirato silenzio. Il farmacista ha portato il suo contributo alla dotta conversazione limitandosi a aggiungere:” è bene attendere la reazione di Putin prima di trarre conclusioni”. La discussione è continuata, incardinata fondamentalmente su quelle dichiarazioni, fin quando non è arrivato per il dopocena, pratica adottata nel villaggio dalla primavera all’ autunno per concedersi una botta di mondanità, il locale rappresentante della Coldiretti. Questi ha espresso seria preoccupazione sul buon esito della raccolta del grano seminato dai contadini ucraini malgrado fossero in corso i combattimenti. In effetti non si può negare che i tre interventi appena accennati grondino pragmaticità da tutti i pori. Quindi che alla fine, debba essere ritenuto degno di fede il postulato che ribadisce che sia la guerra che la pace poggiano i loro presupposti sul denaro e per il denaro, in qualsiasi forma sia reperibile sul mercato. C’è un particolare molto importante nell’ ambito di quanto è successo mercoledì a Roma, al Quirinale. Si è svolta una sessione di lavoro su iniziativa della Premier Meloni sulla ricostruzione dell’Ucraina che prima o poi dovrà essere effettuata. Ebbene, i rappresentanti delle aziende convenute hanno dimostrato interesse particolare a partecipare all’operazione qualificabile senza dubbio ciclopica. C’è di più: dalla EU è giunta notizia che il processo di integrazione nella Casa Comune di quel paese ormai in buona parte distrutto sta proseguendo a tappe forzate, guerra o non guerra. A questo punto non c’è altro da fare per il resto del mondo, se non cercare di evitare ogni passo falso che possa compromettere questa altra via. Essa corre parallela a quella dissestata della seta e è quella della negoziazione, più di taglio diplomatico che politico, su iniziativa cinese. In campagna sono tenute in grande considerazione, tra le altre, due espressioni. La prima è che nessuno fa qualcosa senza ricompensa.
La seconda, quasi un corollario della prima, è che chi lavora si aspetta di essere premiato. Pensata anche da coloro che dovrebbero essere i primi sostenitori di quelle due affermazioni, i vertici del Partito Comunista Cinese e quindi da XI e da quanti lo contornato, potrebbe venir fuori un fine se non lieto, quanto meno non cruento fino in fondo. L’ essere stati parte diligente nell’allontanare dal concretizzarsi l’ ipotesi ancora oggi tutt’altro che remota del ricorso di Putin all’ utilizzo del nucleare, porterebbe certamente a Pechino un notevole innalzamento di qualità della opinione che il resto del mondo ha nei confronti della Cina. Il gestore del bar del dopolavoro assicura che Monsignore, tolta la seduta con gli altri tre notabili di cui innanzi, credendo di non essere udito, abbia pronunciato tra sé e sé, con tono preoccupato, che vedeva molto difficile l’accettazione da parte del Presidente degli Usa Biden di essere lasciato da parte nella vicenda. Non così la Russia, che potrebbe trovare in tal modo l’assistenza a una via d’ uscita meno disonorevole per le conseguenze del gesto esecrando di mettere a ferro e fuoco l’ Ucraina. Nè è trascurabile ai fini di chiarire quali siano gli interessi cinesi nella vicenda che il mercato ucraino per quella superpotenza sia di primaria importanza. La conclusione che si può trarre da quanto fin qui scritto, è che al momento lo scambio di idee tra Xi e Zelensky, una conversazione telefonica durata un’ ora, ricordi molto da vicino quella tra i due avventori in un’ osteria che, lontano dal tavolo il proprietaroi, stavano facendo il conto senza di lui. Peraltro quell’oste non aveva fama di essere persona perbene e tantomeno onesta, avendolo visto più di un cliente aggiungere l’ acqua al vino. Non solo per quanto appena scritto, ma anche per la sua sgradevolezza fisica quel personaggio che in altri tempi sarebbe stato qualificato ‘della malora’ ricordava molto da vicino Putin. “Quando si dice il caso”, avrebbe detto Totò e certamente non si sarebbe sbagliato.