A cura di Antonio Arricale Ci sono titoli che hanno rivalutato il proprio valore azionario 10 volte, negli ultimi sei anni: da quando cioè i mercati toccarono il fondo, A cura di Antonio Arricale Ci sono titoli che hanno rivalutato il proprio valore azionario 10 volte, negli ultimi sei anni: da quando cioè i mercati toccarono il fondo, il 9 marzo 2009, data divenuta storica alla pari di quella del 24 ottobre del 1929, della Grande Depressione del secolo scorso, per intenderci. In questi anni di crisi, per noi che siamo al di qua dell’Oceano, sul mercato di Wall Street si sono registrati rally superiori anche al +1000%. E non finisce qui. Il Nasdaq è balzato +285%, lo S&P quasi +210% e il Dow Jones +172%. Cifre che fanno impallidire quanti parlano di questo ultimo lustro come degli anni più bui dai tempi della crisi finanziaria maggiore, quella appunto del 1929. Secondo alcuni analisti i mercati hanno vissuto questa straordinaria fase toro per diverse ragioni, ma la principiale è sicuramente la maxi iniezione di liquidità operata dalla Fed, di quasi $4 trilioni ($4.000 miliardi). Il risultato di questa politica monetaria è che ci sono 32 azioni quotate sullo S&P 500 e altre 13 sul Nasdaq che hanno visto il proprio valore azionario balzare di 10 volte tanto, del 1000%, come si diceva appunto sopra. La lista è stata compilata in base ai numeri forniti da Bespoke Investment Group e FactSet. Di questa speciale lista, però, non fa parte Apple dal momento che nell’arco temporale esaminato ha guadagnato appena il +952%. E non ci sono nemmeno titoli del Dow Jones, dal momento che nessuno di loro ha riportato un rialzo di almeno il 1.000%. Ad ogni modo, i trend più stellari del listino dei titoli industriali sono stati riportati da American Express (+657%), Disney +575% e United Health +544%. Ad ogni modo ecco la top ten delle società con la relativa performance: General Growth (10.116), Regneron (3,332), United Rentals (2.904), Wyndham Worldwide (2.817), Under Armour (2.329), L Brands (1.878), CBS (1.850), Seagate Technology (1.667), Gannet (1.679), Priceline (1.422). Borse asiatiche Mercati asiatici deboli questa mattina in scia al ribasso di ieri a Wall Street dove gli addetti ai lavori sono apparsi intimoriti dai rischi di un imminente rialzo dei tassi da parte della Fed. La borsa di Tokyo ha comunque rappresentato una eccezione facendo registrare con il Nikkei un rialzo dello 0,31%, agevolata dall’indebolimento dello yen nei confronti del dollaro. Hong Kong fa segnare un ribasso dello 0,6%, Shanghai si muove poco sotto la parità mentre Seoul ha chiuso in calo dello 0,2%. Per quanto riguarda i dati macro odierni da segnalare che in gennaio, gli ordinativi di macchinari core (escludendo cioè quelli per la generazione elettrica e quelli navali) sono calati in Giappone dell’1,7% dopo il progresso dell’8,3% registrato in dicembre (+1,3% in novembre). Il declino si è comunque rivelato inferiore al 4,0% atteso dagli economisti. Su base annua il dato segna un progresso dell’1,9% dopo il balzo dell’11,4% di dicembre (-14,6% in novembre) e contro il calo dell’1,0% del consensus. Secondo i dati dell’Ufficio nazionale di Statistica, in Cina nel periodo gennaio-febbraio le vendite di case solo calate del 16,7% su base annua a 498,3 miliardi di yuan. Nel solo mese di dicembre il dato si era attestato a 938,4 miliardi di yuan, mentre per l’intero 2014 la lettura era stata per un declino del 7,8% a 6.240 miliardi di yuan. L’avvio di nuove costruzioni in gennaio-febbraio ha segnato una flessione del 17,7% su base annua. Pechino accorpa i dati dei primi due mesi del 2015 a causa della distorsione dovuta alla celebrazione del Capodanno lunare, con il Paese che si è di fatto fermato dal 18 al 24 febbraio. Sempre nel periodo gennaio-febbraio gli investimenti in fixed-asset sono cresciuti del 13,9% contro attese degli analisti per un incremento del 15,0% e a fronte del 15,7% di dicembre. Pechino accorpa i dati dei primi due mesi del 2015 a causa della distorsione dovuta alla celebrazione del Capodanno lunare, con il Paese che si è di fatto fermato dal 18 al 24 febbraio. La produzione industriale cinese, infine, secondo i dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica, è cresciuta su base annua meno delle attese nel periodo gennaio-febbraio segnando un progresso del 6,8% contro il 7,7% del consensus e l’incremento del 7,9% registrato in dicembre. Pechino accorpa i dati dei primi due m esi del 2015 a causa della distorsione dovuta alla celebrazione del Capodanno lunare, con il Paese che si è di fatto fermato dal 18 al 24 febbraio. Borsa Usa A New York i principali indici hanno chiuso la seduta in netto ribasso. Il Dow Jones ha perso l’1,85%, l’S&P 500 l’1,7% e il Nasdaq Composite l’1,67%. Il fattore che ha scatenato le vendite sull’azionario Usa è stato il super dollaro. Le quotazioni del biglietto verde hanno toccato il massimo degli ultimi 12 anni contro l’Euro. Penalizzati i titoli dei grossi esportatori come Coca-Cola (-1,62%) e Mc Donald’s (-1,43%). Male anche il comparto minerario e il settore petrolifero. La forza del dollaro è ascrivibile al programma di acquisto di titoli di Stato messo in atto dalla Bce e dalle preoccupazioni di un possibile incremento dei tassi di interesse da parte della Fed. Proprio su questo punto si è schierato il governatore della Fed di Dallas, Rich ard Fisher, che spinge per un incremento del costo del denaro “tempestivo e graduale”. Europa Le principali Borse europee hanno aperto la seduta in rialzo. Il Dax30 di Francoforte guadagna lo 0,7%, il Cac40 di Parigi l’1,1%, il Ftse100 di Londra lo 0,4% e l’Ibex35 di Madrid lo 0,5%. Tra i singoli titoli Munich Re -0,2%. Il riassicuratore tedesco ha annunciato l’intenzione di acquistare azioni proprie per oltre un miliardo di euro e di aumentare il dividendo a 7,75 euro per azione. Italia Il Ftse Mib segna +1%, il Ftse Italia All-Share +0,95%, il Ftse Italia Mid Cap +0,44%, il Ftse Italia Star +0,67%. Piazza Affari ieri ha chiuso in ribasso in scia all’andamento di Wall Street e alla tensione tra Bruxelles e Atene. Negli Stati Uniti gli investitori si interrogano sulle prossime mosse di politica monetaria della Fed, in particolare sul rialzo dei tassi che potrebbe avvenire già nella prima parte dell’anno complice la forza degli ultimi dati sul mercato del lavoro. Il costante rafforzamento del dollaro alimenta inoltre i timori per le esportazioni delle società a stelle e strisce. Sulla questione Grecia l’Eurogruppo ha esortato il governo ellenico a fare di più nel campo delle riforme e farlo in breve tempo, perché non c’è più tempo da perdere. I negoziati riprenderanno oggi sul pacchetto di riforme da implementare per ottenere i nuovi finanziamenti. In questo quadro a Piazza Affari l’indice Ftse Mib ha perso lo 0,96% a 22.345 punti. Male i titoli maggiormente legati alle sorti del petrolio, con il Wti che a New York viaggia sotto la soglia psicologica dei 50 dollari al barile: Eni ha perso il 2,53% a 16,16 euro, Saipem l’1,85% a 9,50 euro e Tenaris il 3,80% a 12,88 euro. Tra le banche le vendite hanno prevalso su Montepaschi (-2,75% a 0,583 euro), Ubi Banca (-1,93% a 7,09 euro), Unicredit (-1,14% a 6,065 euro) e Intesa SanPaolo (-0,40% a 2,974 euro). Positive invece Bpm (+0,34% a 0,883 euro) e Bper (+1,10% a 7,755 euro). Brillante Finmeccanica (+2,63% a 11,29 euro) all’indomani dell’audizione al Senato dell’Ad Mauro Moretti secondo cui il 2014 potrebbe chiudersi con un risultato netto superiore di 700 milioni di euro rispetto all’esercizio precedente. Pirelli (+2,73% a 13,90 euro) ha aggiornato i massimi dal giugno del 2001. Il titolo del gruppo degli pneumatici ha toccato un massimo intraday a 13,95 euro. I dati macro attesi oggi Mercoledì 11 marzo 2015 00:50 GIA Ordinativi di macchinari gen; 06:30 CINA Produzione industriale feb; 06:30 CINA Vendite al dettaglio feb; 07:30 FRA Occupati non agricoli (finale) T4; 08:45 FRA Bilancia commerciale gen; 10:30 GB Produzione Industriale/manifatturiera gen; 15:30 USA Scorte settimanali petrolio e derivati.