Viaggio tra i luoghi di Napoli: Monte Echia e dintorni. Dal Pallonetto al convento di San Carlo alle Mortelle

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In foto via del Calascione a Monte di di Dio

di Maria Carla Tartarone

Quando si potrà uscire e tornare a vedere i nostri luoghi potremo andare anche a visitare alcune antiche stradine dimenticate, come via Pallonetto, preferita dal re Ferdinando IV che amava intrattenersi con i suoi abitanti, partecipando anche alla festa della ’nzegna (cfr. R. De Fusco “Napoli Noblissima” e Gerardo Marotta in “Il Teatrino del Pallonetto”). Dal Palazzo Reale, su per la Strada Gennaro Serra, poco più in alto a sinistra nella traversa Vico del Grottone è l’entrata all’acquedotto secentesco, a luoghi sotterranei ricchi di storia tra cui la Galleria Borbonica che sbocca quasi a Piazza Vittoria, sistemata da Enrico Alvino nel 1853 per incarico di Ferdinando II di Borbone. Continuando a percorrere invece la strada Gennaro Serra, all’angolo con la Chiesa Santa Maria degli Angeli, svoltando a sinistra si giunge alla via Monte di Dio dai diversi palazzi settecenteschi, tra cui il noto Palazzo degli Studi Filosofici Serra di Cassano, con due entrate (una anche dalla parallela più bassa Via Egiziaca) e due vasti androni. Alcuni  palazzi nel retro hanno rilevanti giardini pensili non visibili dalla strada. Arrivando fino in cima si possono imboccare sulla sinistra stradine intricate che nascondono curiosità storiche molto interessanti: a mezza strada della via Monte di Dio (così detta da una Chiesa e Convento dei Domenicani fondati sulla cima del monte nel 1588 e demoliti alla fine del ’700), può imboccarsi sulla sinistra in  lieve discesa la strada del Supportico Astuti, dove dopo pochi passi, alla sua destra comincia la Via Pallonetto che scende a Via Santa Lucia. Più in basso la strada del Pallonetto si muta in scalinata e nel percorso, sulla sinistra, si scorgono i tetti e i campanili della Chiesa Santa Maria della Catena che sorge sulla parte bassa di Via Santa Lucia. Terminata la strada del Pallonetto nella scalinata,  a pochi metri la strada di Santa Lucia si congiunge alla strada Chiatamone, dall’antico nome del monte Platamòn (rupe scavata), che termina là dove  scende il monte promontorio oggi Echia, un tempo degradante alla spiaggia  di fronte all’isola di Megaride su cui poi sorse il Castello dell’Ovo. Per via del Pallonetto si scende  a Santa Lucia. Siamo sul pendio del monte Echia che in cima ha chiese e palazzi storici di cui si dirà. Da  questa strada in discesa, si dipartono diverse stradine, vico Storto, vico Solitaria… tutte terminanti in scalinate che arrivano più in basso,  sfocianti alcune nella stessa via Pallonetto. Altre stradine, terminanti sempre con scalinate, scendono di fronte alla Chiesa di Santa Lucia o più giù nei pressi della Chiesa di Santa Maria della Catena sotto l’alto promontorio, ma dalla strada quasi non si scorgono.  Quanto alla via Santa Lucia, fu data da ristrutturare nel suo impianto urbanistico, col nome di via Gusmana, dal cognome del viceré Olivares, per suo incarico, a Domenico Fontana che progettò il Palazzo Reale nel 1606 e si occupò dei luoghi circostanti: dovette anche sistemare l’alto costone di tufo che arrivava al mare di fronte al Castello dell’Ovo creando la via Chiatamone ultimo tratto delle strade provenienti da piazza Vittoria. In cima alla via Monte di Dio si incontra  un secentesco Portale, ingresso alla caserma Nino Bixio, da dove si possono raggiungere, attraverso un viale interno, il Palazzo Carafa di Santa Severina con l’Archivio Militare e la Chiesa dell’Immacolatella abbandonata e non visitabile. Questi luoghi sono raggiungibili anche da via Chiatamone salendo, ma prima, a mezza strada sulla rampa, incontriamo Villa Ebe che può raggiungersi anche da una scalinata da via Pallonetto. La villa che si innalza con la sua torre dall’architettura gotica sul  versante verso il mare, fu progettata e vissuta da Lamont Young, il famoso architetto figlio di inglesi, nato in Italia che costruì il Castello Aselmeyer su via Vittorio Emanuele ed elaborò molti progetti, alcuni ispirati alle architetture inglesi, anche per la Metropolitana di Napoli, disegnati con moderna procedura (tutti conservati nell’Archivio Guerra, cfr. Giancarlo Alisio 1978). In cima al monte abbiamo detto sorgono La Caserma Nino Bixio, l’Archivio Militare sito nell’antico Palazzo Carafa di Santa Severina e la  Chiesa dell’Immacolatella che affacciano davanti ad uno spiazzo con poco verde. Sullo stesso ripiano si notano anche alcuni resti informi, detti “la delizia”, appartenenti alla villa di Lucullo, il famoso “Castrum Lucullianum” del I secolo a.C. che si espandeva fino all’isola di Megaride, là dove fu ospite Virgilio e fu prigioniero Romolo Augustolo prima che vi sorgesse il molto più tardo Castel dell’Ovo. Nel luogo della parte alta del Castrum Lucullianum ebbe molto più tardi sede, nel 1442, il Fortelicio di Pizzofalcone fatto costruire da Alfonso V d’Aragona, la collina montuosa su cui Carlo I d’Angiò andava a caccia di uccelli, i falconi. E allora cominciò a infittirsi il primitivo borgo del Pallonetto. Questi  luoghi affacciano sul panorama ad oriente, sul Maschio Angioino. A destra salendo sempre via Monte di Dio altre strade portano ad ovest, come la via Calascione che conduce con una scalinata alla via Cappella Vecchia nei pressi di piazza Dei Martiri e poi a piazza Vittoria. Gli altri siti sulla cima più moderni: la ottocentesca Scuola Militare della Nunziatella, la moderna Università Partenope che si raggiungono dall’ultima traversa a destra di Monte di Dio, via Generale Luigi Parisi, ed anche gran parte dell’ ampia Caserma Nino Bixio, affacciano sulla zona occidentale della città, su Piazza Vittoria nei cui pressi giunge anche la Galleria Borbonica voluta da Re Ferdinando II. Tornando alla antica strada del Pallonetto, tra le varie stradine, in cui vi sono anche numerose piccole cappelle votive, sulla destra vi è anche  una rampa che sale sul monte raggiungendo i siti, di cui abbiamo parlato. Questa strada è certamente la più antica via del quartiere anche detto Pizzofalcone, lungo la quale si ergono palazzi in rovina dai portali secenteschi e settecenteschi ancora ammirabili, oggi quasi sconosciuta e molto trascurata.
Sul versante opposto a Via Monte di Dio, al termine di via Gennaro Serra, sulla destra  si incontra la Chiesa secentesca di Santa Maria degli Angeli che, insieme al Convento dei Padri Teatini, fu costruita nel 1578  a seguito di una donazione di Costanza del Carretto d’Oria, progettata dall’architetto Francesco Grimaldi anch’egli padre teatino e terminata nel 1610. La chiesa dalla straordinaria architettura barocca è stata studiata e descritta da vari studiosi contemporanei che hanno messo in evidenza i restauri avvenuti dopo la seconda guerra mondiale quando fu distrutta in particolare la quarta Cappella della navata di destra ( cfr. anche l’accurata descrizione di Don Umberto Schioppa del 1988). Nella Chiesa si conservano affreschi  anche più tardi di Giovanni Battista Beinaschi, di Massimo Stanzione, di Luca Giordano, di Paolo De Matteis e diversi dipinti di Azzolino. In quel periodo venne sistemato il territorio con un riempimento alla base che coprì anche l’antica necropoli conservata nella vallata. Dinanzi alla Chiesa fino a pochi anni fa si stendeva un piacevole giardino oggi sostituito dal cantiere dei lavori per l’imminente Stazione della Metropolitana proveniente dalla vicina Piazza Municipio. Sulla strada in salita, via Nicotera, da cui si scorge sulla cima del Vomero il Castel  Sant’Elmo e la Certosa di San Martino. Nel Seicento il territorio, affidato ai padri teatini si ampliò verso l’erta della collina ricca di alberi, di verde e soprattutto di mortelle con la costruzione di altre Chiese e Conventi tra cui il Convento detto di San Carlo alle mortelle, iniziato nel 1616 su progetto del padre barnabita Antonio Mazenta, sito che divenne nel Settecento la “Scuola degli Arazzi” voluta da Carlo III, che dopo l’iniziativa di San Leucio volle portare a Napoli le attività, provenienti dall’Oriente, allora di successo in Europa. Più a nord  venne eretto nel 1582 l’Eremo voluto da Suor Orsola Benincasa con la Chiesa dell’Immacolata Concezione sorta poco prima, nel 1580, luoghi rimaneggiati nel Settecento. Si ritenne allora necessario risistemare il versante di via Chiaia, che dal Palazzo Reale avrebbe condotto a Piazza Vittoria. Venne dunque costruito il Ponte opera voluta dal Viceré Emanuele Guzman Conte di Monterey, regnante Filippo IV, come ricorda una lapide sotto l’arcata sinistra del ponte su via Chiaia. La realizzazione del ponte fu attuata attorno al 1636, mentre gli opportuni aggiornamenti furono realizzati con Ferdinando II di Borbone come ricorda un’altra lapide sotto il ponte.  Oggi un ascensore consente di superare rapidamente il dislivello tra la via Chiaia che conduce verso piazza Vittoria, al mare e la strada sul ponte che guarda alla cima della Collina del Vomero dove si può giungere anche attraverso scalinate e vie impervie, oltre che dalle piacevoli e panoramiche strade che avvolgono la collina del Vomero.