Venezia un brand come il Louvre – prove di un futuro possibile

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Dal Ministero dello Sviluppo Economico, tra un bagno e l’altro nell’azzurro mare d’agosto, la rivelazione che rivoluzionerà il turismo in Italia: “Serve una politica industriale per il turismo culturale 4.0”. Una bomba. Finalmente, potremmo dire se solo fossimo già passati per le due precedenti applicazioni: turismo due e tre. Il decantato incremento dei flussi turistici in Italia non può certamente essere considerato un evoluzione di un nostro precedente sistema turistico. Esso si snoda ancora secondo vecchi schemi, e cerca di cavalcare alla meglio le condizioni al contorno. Il collegamento tra turismo e cultura è saldo in Italia più che in qualsasi paese del mondo, le entrate nel settore sono legate alle tasse di scopo, alle soste dei bus turistici e a poco altro, ma non si può contare più di tanto su queste risorse. Le sponsorizzazioni private e pubbliche come fonti economiche indispensabili per un rilancio di questi settori, fg non risolvono il problema economico di un enormità di beni da manutenere e gestire. La soluzione, tutti tranquilli, c’è: i beni culturali devono essere considerati e trattati come bene economico e quindi devono auto mantenersi, produrre ricchezza e lavoro. Perché ciò possa verificarsi è necessario però vincere una sorta di affezione ai ruoli, di preoccupazione che sembra affliggere tutti gli addetti ai lavori e che nelle economie d’oltralpe invece è stata abbondantemente superata da tempo. Il futuro dei nostri beni culturali e della porzione di turismo che da essi è sviluppato dipende proprio dalla capacità d’autogestione che ogni bene culturale deve essere messo in grado di sviluppare. Il Louvre a seguito della trasformazione in Établissement Public Autonome ha beneficiato di un notevole potere di autogestione, che gli ha permesso un libero sviluppo. Ha avviato un’attenta politica commerciale e finanziaria, culminata con la capitalizzazione del proprio business, sulla scia del modello gestionale di stampo americano. La nuova politica di gestione del progetto “Museo del ventunesimo secolo” ha così ottenuto importanti ricavi dal processo di brandizzazione avviato tramite la creazione di una succursale di Museo ad Abu Dhabi. L’attenta capitalizzazione della gestione dei fondi derivanti dalla concessione trentennale del brand “Louvre”, ha così provocato lo sviluppo esponenziale delle innovazioni apportate alla struttura e alle attività dalla stessa offerte. Come? Grazie al reinvestimento dei proventi dagli Emirati. Carino vero? Un Idea. Il futuro dei beni culturali non è solo la strombazzatissima digitalizzazione dei percorsi museali da mettere in rete, è principalmente la capacità del vecchio gestore, lo stato, di comprendere l’efficacia di una tale strategia alla luce dell’impossibilità di avviarla direttamente. Decentralizzare la gestione significa autonomia di budget che inevitabilmente porta a quella d’azione. La dirigenza responsabilizzata e sollecitata diventa il punto di forza della struttura e del suo sviluppo. La capacità dei direttori di attivare collaborazioni con soggetti terzi, di promuovere gemellaggi, di impiantare attività commerciali può rendere i musei italiani competitivi con i “cugini francesi” in particolare, e con le altre realtà internazionali in generale. La Biennale di Venezia è una Fondazione ed è la dimostrazione pratica di quanto sia vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Quello della laguna, nel caso. Alla denominazione privata corrispondono, infatti, i componenti che sono soggetti come il Sindaco di Venezia, il Presidente della Regione Veneto, il Presidente della Provincia di Venezia, cioè soggetti pubblici. C’è qualcosa che non quadra del tutto: i legami organici e i controlli sono quelli tipici dell’amministrazione centralizzata e burocratica, quindi i caratteri sono di un ente pubblico. C. V. D. : come volevasi dimostrare. Si conferma la diffidenza del legislatore nell’adozione di forme giuridiche aperte al privato. L’incerta definizione dell’assetto istituzionale dei musei nazionali è proprio l’origine di tutti i mali dei nostri musei. Nell’immaginario collettivo l’autonomia della struttura culturale corrisponde per lo più allo sgravio per l’apparato pubblico del peso di contributi alla cultura. Non sarebbe meglio se s’intendesse come un modo di aumentare l’efficacia delle istituzioni culturali? F come futuro. L’efficacia ed autonomia delle istituzioni culturali chiamano. Dobbiamo rispondere con adeguata forza.