Veder fare, saper fare: la formula è sempre attuale, a tutte le latitudini e vale per ogni tipo di comportamento

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In foto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea

Domenica di lavoro per due prime donne, una, Giorgia Meloni, che svolge il suo ruolo a Roma, l’altra, Ursula von der Leyen, a Bruxelles.Il tavolo di lavoro a cui si sono sedute era occupato anche da altri politici locali oltre al Capo di Stato. Entrambe sono partite dai rispettivi luoghi di lavoro e si sono incontrate solo una volta giunte separatamente a Tunisi.A attenderle c’era il Presidente Saied, padrone di casa, insieme alla Primo Ministro, Signora Bouden Ramadan. Al gruppo si è aggiunto appena arrivato il Premier olandese Karl Rutte, ad abundantiam e non solo per fare “presenza”, così come direbbero a Napoli. Accolti di buon grado e con spirito propositivo dal Capo della ex colonia francese, hanno dato corso a una sessione di quella che, fatti i necessari adattamenti e i dovuti ridimensionamenti, potrebbe essere considerata molto simile a una missione di ricognizione, meglio di scouting, della EU. Così non è, per un presupposto imprescindibile: la visita è stata organizzata dalla Premier tricolore e la paranza di cui innanzi ha avuto certamente con lla conduzione della stessa uno scalmo saldo su cui far forza nel remare. Che fosse presente la Commissaria Von der Leyen era quanto meno opportuno per gli argomenti all’ordine del giorno e per poter dare una sgrossata a quanto ne sarebbe potuto venir fuori. Ciò che invece a un primo approccio sarebbe potuta sembrare estemporanea è stata la presenza del Premier olandese Mark Rutte. L’ arcano ha una sua spiegazione del tutto condivisibile. Se l’Italia chiama in ballo la EU e tale coinvolgimento è volto a accelerare l’intervento della stessa in operazioni finanziare di notevole consistenza verso la Tunisia -al momento prossima al default- e una forte motivazione per accettare che il controllo degli altri paesi comunitari su di esss sarà particolarmente accurato. Per completare tale fayr play, la scelta della funzione di advisor per quella operazione quadro è caduta sull’Olanda. Amsterdam da tempo è prodiga di un bel pò di riserve sull’operato degli inquilini della Casa Comune con vista sul Mediterraneo. Anche se non fa piacere riconoscerlo, chi presta di più il fanco alle riserve degli altri componenti di quella costruzione politica e economica, è proprio il Paese che, in tempi remoti e non sospetti, fu definito il giardino d’ Europa. L’Italia era chiamata così dai viaggiatori del nord Europa, generalmente teste coronate o borghesi agiati, che si spingevano fino alla Sicilia alla ricerca di un arricchimento culturale ritenuto pressoché indispensabile, almeno una volta, nella vita. Era il Grand Tour, di cui si sono conservati i reportage di diverse personalità di rilievo in molti campi. Quanto appena scritto apre una finestra, anzi una vetrata panoramica su ciò che è venuto fuori da quella tornata. Per essere sintetici, è bene procedere con il metodo “botta e risposta”. Come è usanza consolidata, quei trasvolatori europei, definibili mediterranei per distinguerli in maniera marcata dagli Atlantici che volarono in Sud America per esibirsi là nell’ ambito della componente spettacolare del Ventennio Fascista, non si sono presentati a mani vuote. La Commissaria EU ha spiegato alle autorità locali i tipi di aiuto e le modalità richieste al governo tunisino perchè possa ottenere parte delle stesse. Sono lontani almeno un secolo le pratiche di offrire corrispettivi agli indigeni da parte dei colonizzatori per la conclusione di qualsiasi tipo di affare, consistenti in biglie di vetro e altro ciarpame del genere. Nessuna promessa di far vedere la luna nel pozzo, come è definita in campagna una di quelle situazioni irrealizzabili, ma della serie “nessuno fa niente senza ricevere in cambiio nulla”. In effetti gli accordi della Premier italiana con il Presidente tunisino di qualche mese fa, in tutti gli altri paesi europei e della stessa EU, sono stati intesi come una fornitura prova di gas. Continuando su quella strada, tutti i soggetti innanzi citati saranno in grado di poter togliersi di dosso il giogo russo fino al passaggio su larga scala all’utilizzo di energia rinnovabile. Con malcelata meraviglia, quegli europei in trasferta si sono visti interloquire da Ras( o quasi) Sayed che ha stigmatizzato in maniera tutt’ altro che garbata che non esiste nemmeno l’ipotesi che il suo paese possa essere considerato come una grande griglia attraverso cui far passare solo quei profughi che abbiano titolo per attraversare il Mediterraneo.. Quel passaggio di Sayed non è stato inteso nemmeno in minima parte come un segnale di disponibilità di Sayed a sottoscrive un “Patto Mediterraneo”. Stando a quanto ripetono in coro con la Premier Meloni gli altri leader europei, esso consiste nella versione sovradimensionata con il pantografo dell’ italianissimo Piano Mattei. Quello stesso cosi definito per la sua campagna d’ Africa dalla Primo Ministo aspirante Scipione. Da ciò a definire un fiasco la trasferta a Tunisi di quegli europei ne corre. Solo che bisognerà che gli stessi prestino attenzione a quanto si dice ancora oggi in campagna, precisamente che le nespole maturano con il tempo e con la paglia. Peccato scarseggi il primo dei componenti e è tutt’altro semplice cercare di recuperare quello perso in disquisizioni molto simili a quelle sul sesso degli angeli.