Usa, ambasciatore Markell fa il punto sui rapporti con l’Italia

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In una Intervista pubblicata da Il Sole 24 Ore iil 31 ottobre 2023 l’Ambasciatore Usa in Italia Jan Markell ha sottolineato il delicato momento bellico tra Israele ed Hamas ed ha ribadito i punti dettagliati che giustificano il diritto di difendersi dal terrore ma anche io dovere di rispettare i civili .

«I legami economici tra Stati Uniti e Italia sono straordinariamente floridi. Il presidente Biden vuole che io trovi delle opportunità win win, che facciano crescere ancora di più questi legami in entrambi i Paesi». Jack Markell, 63 anni, è il nuovo ambasciatore americano in Italia. Ex governatore del Delaware, lo Stato dove ha casa il presidente americano, con il quale ha un rapporto personale di lunga data, da due mesi è arrivato a Roma e si racconta in questa intervista con Il Sole 24 Ore.

Ambasciatore Markell, l’Italia è un partner transatlantico forte degli Stati Uniti per le politiche di sicurezza, difesa e mantenimento della pace, la promozione della democrazia e della cooperazione internazionale. Nonostante le diverse provenienze politiche, l’intesa tra il presidente democratico Joe Biden e la premier italiana di centro destra Giorgia Meloni è più solida di quanto si potesse immaginare all’inizio del suo mandato. Quanto questa alleanza è importante in una fase geopolitica così complicata?

Quella con l’Italia è un’alleanza di straordinaria importanza per gli Stati Uniti. Il presidente Biden mi ha spiegato quanto sia importante quando mi ha chiamato per dirmi che voleva che io venissi qui come ambasciatore. I rapporti hanno fondamenta incredibilmente solide, basate sui nostri valori condivisi, attraverso legami economici, politici, culturali.

Negli Stati Uniti ci sono 18 milioni di americani di origine italiana. E ogni anno 6 milioni di americani vengono a visitare l’Italia. L’intesa tra il presidente Biden e il primo ministro Meloni è molto buona. Lei a luglio ha fatto un’ottima visita nello Studio Ovale, alla Casa Bianca. Visita che è stata ben accolta negli Stati Uniti. L’Italia poi è stata “solida come una roccia” nel sostenere l’Ucraina, cosa che crediamo sia davvero importante. Lavoriamo insieme anche su questioni che sono più grandi di qualsiasi Paese: l’Ucraina, il cambiamento climatico, l’economia. C’è una base molto solida e sono convinto – sono qui da appena due mesi – che i nostri legami in futuro potranno essere ancora più forti.

Che cosa preoccupa di più gli Stati Uniti nell’attuale crisi in Medio Oriente?

Il nostro punto di vista è, prima di tutto, che ogni Stato ha la necessità e l’imperativo di difendersi. Hamas è responsabile non solo dell’invasione, ma anche del terrorismo: 1.400 persone innocenti uccise e centinaia di persone prese in ostaggio.

È colpa di Hamas. Allo stesso tempo però il presidente Biden ha detto molto chiaramente che i civili di entrambe le parti devono essere protetti nella massima misura possibile. Lui crede che sia il popolo di Israele che quello palestinese dovrebbero vivere in pace e autogovernarsi. Una volta che questa crisi sarà finita, si è impegnato a raddoppiare i suoi sforzi riguardo alla soluzione dei due Stati. Hamas non difende i palestinesi. Non rappresenta tutti i palestinesi e riteniamo che sia molto importante distinguere questo fatto e ottenere che in entrambi fronti i civili siano rispettati. Meritano di vivere in autonomia con dignità, libertà e sicurezza.

Quale ruolo può avere l’Italia in questa crisi? Gli Stati Uniti hanno sei basi militari in Italia. La posizione dell’Italia al centro del Mediterraneo è tornata a essere strategica con il Medio Oriente in fiamme, la guerra in Ucraina, la lotta al terrorismo…

Il governo italiano ha sostenuto fermamente l’Ucraina, cosa che riteniamo davvero preziosa e molto apprezzata. Anche su Hamas il vostro governo è stato molto chiaro. Sulla responsabilità di Hamas, sul fatto che Israele ha il diritto di difendersi e anche sull’importanza di proteggere i civili. Aggiungo che, come sapete, ci sono 30mila militari americani, tra forze armate e contractor, nelle basi militari Usa in Italia. E noi siamo così grati per questi buoni rapporti che sono in tutto il Paese, dal Nord alla Sicilia.

Il presidente Biden chiaramente sostiene Israele contro Hamas. Ma i suoi sforzi diplomatici sono stati decisivi nel ritardare le operazioni di terra a Gaza e ora nell’apertura di corridoi umanitari.

Il presidente Biden è molto attivo su questo fronte. Come sapete, è andato in Israele ed è stato molto chiaro sul fatto che Israele non abbia solo il diritto, ma addirittura l’imperativo di difendersi dal terrorismo.

Ma ha anche detto qualcosa di piuttosto interessante quando ha ricordato a Israele e al mondo che dopo l’11 settembre gli Stati Uniti hanno fatto alcuni errori. Penso che sia il segno di una grande nazione essere capace di riconoscere gli errori commessi e imparare da quegli errori. È come se volesse invitare alla prudenza. Non di dire agli israeliani di fare una cosa o l’altra. Ma piuttosto di valutare attentamente le decisioni: è meglio pensarci in anticipo agli errori per evitare di commetterli. Penso che sia stato un messaggio molto importante. Non so quanti leader lo avrebbero fatto.

Ambasciatore lei ha un rapporto personale con il presidente Biden. Per anni è stato governatore del Delaware, lo Stato dove il presidente americano ha ancora la sua casa a Wilmington, e da dove per anni ogni giorno ha fatto il pendolare con il treno per Washington. Vi sentite ancora per telefono? Che cosa può dirci della vostra amicizia, prima ancora dei rispettivi ruoli istituzionali?

Ho parlato con lui l’ultima volta qualche mese fa. Ma abbiamo una relazione di lunga data. Il Delaware è un piccolo Stato, meno di un milione di abitanti. Biden è stato davvero un mentore per me e per tanti. E penso di aver imparato molto su come fare campagna elettorale, su come fare politica.

Ma da lui ho imparato anche qualcosa di molto più importante: di mettere sempre le persone che servi davanti a te stesso e ai tuoi interessi. È stato un modello. Non tanto per le parole ma nelle azioni. Le faccio un piccolo esempio: durante il periodo in cui era vicepresidente probabilmente sarà tornato a casa, nel Delaware, per 40 o 50 funerali. Ogni volta che tornava a casa per un funerale, il capo del cerimoniale gli chiedeva se poteva fargli saltare la fila. Lui ha sempre detto di no.

Preferiva aspettare in fila come tutti gli altri. Ed è proprio così come persona, anche da presidente. Un uomo che ricorda il suo percorso, dall’infanzia fino a oggi. Sa che cosa significa essere vulnerabili. È molto attento alla dignità del lavoro per le persone che hanno un lavoro perché sa quale differenza può fare nella vita di una famiglia. Ripeteva sempre che la conversazione più difficile che una famiglia possa avere è quando una madre o un padre devono tornare a casa e dire ai loro figli piccoli che hanno perso il lavoro. Lui capisce le sfide che le persone affrontano e ciò che cercano. Il mio rapporto con lui risale a molto tempo fa e penso che mi abbia reso un politico migliore. Mi ha reso un governatore migliore, ma penso anche che mi abbia reso una persona migliore.

Veniamo ai rapporti economici. Il Pil americano nel terzo trimestre è cresciuto del 4,9%, quasi tre punti più in tre mesi: il valore era 2,1% nel secondo trimestre. La Bidenomics va…

L’economia sta crescendo e allo stesso tempo l’inflazione diminuisce. Il merito va innanzitutto al popolo americano, la nostra forza lavoro è eccellente ma va anche alle politiche di questa amministrazione.

Il dato è tanto più significativo se si considera la frenata della crescita in Europa e in Cina…

Questa crescita non va solo a beneficio del popolo americano, ma crediamo sia a beneficio di tutti i nostri alleati. Nello specifico, i legami economici tra Stati Uniti e Italia sono straordinariamente floridi. Centinaia di migliaia di posti di lavoro sono stati creati in entrambi i Paesi come risultato degli investimenti diretti esteri, come risultato delle esportazioni che vanno in una direzione o nell’altra, e l’ho già constatato: sono passati solo due mesi da quando sono arrivato e lo sto vedendo in prima persona, non solo a livello retorico, ma quando incontro gli imprenditori e le imprese. Stanno investendo in entrambe le direzioni.

Prendiamo l’industria farmaceutica. La settimana scorsa sono stato a Sesto Fiorentino perché l’azienda americana Eli Lilly ha presentato un piano di espansione con centinaia di milioni di dollari di investimenti che creeranno altri 100 ottimi posti di lavoro, lì in Toscana. Un altro esempio è nell’industria energetica con l’Enel che investe un miliardo di dollari in Oklahoma per produrre pannelli solari . Qui, a Milano, ho incontrato tanti imprenditori che hanno investito in tutti i settori, dalla manifattura avanzata a un’azienda che produce poggiatesta per auto e airbag. Ci sono così tanti esempi di creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti e contemporaneamente di aziende statunitensi che creano posti di lavoro in Italia. E così la crescita della nostra economia va a vantaggio di entrambe le parti. Ovviamente il mio lavoro è cercare di continuare così. E il presidente Biden vuole che io trovi delle opportunità win win che portino sviluppo in entrambi i Paesi.

Dopo la frenata negli anni della pandemia, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno registrato una forte crescita: dai 42 miliardi $ del 2020 si è passati ai 65 miliardi del 2022. Il trend è in costante aumento anche nel 2023. Quali settori hanno ancora margini di crescita?

Gli americani adorano comprare italiano. Voi avete delle aziende fantastiche in tanti settori. Il design italiano, e non solo la moda, il settore automobilistico, l’aerospaziale sono tra i migliori al mondo.

E allora si parte da questo sentimento di affetto, francamente, del popolo americano verso l’Italia. Se si unisce il fatto che la nostra economia sta andando bene, l’Italia ha ottimi prodotti e abbiamo una lunga storia insieme, è una buona combinazione. E quindi va bene per l’export italiano. Ma è interessante anche perché alcune aziende italiane dicono di voler essere ancora più vicine, intendo ad esempio alcune delle aziende che riforniscono la nostra industria automobilistica. È logico che vogliano essere più vicine a Detroit. Insomma è come se tutto si alimentasse da sé, è un circolo virtuoso ed è un buon modo per crescere.

Anche le importazioni italiane dagli Stati Uniti negli ultimi anni hanno avuto un forte balzo in avanti. Dai 14 miliardi $ del 2020 si è passati ai 24 miliardi 2022 (+57,6%). Le principali voci di import sono i prodotti agricoli, il Gas liquefatto (GNL) i cui flussi sono molto aumentati dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e lo stop delle forniture russe, il food & beverage e l’abbigliamento. Anche qui, dal suo punto di vista, quali sono i comparti che potrebbero avere più spazio in Italia?

Lei ha menzionato il settore dell’energia che crediamo sia molto importante. L’Italia ha compiuto notevoli progressi nel ridurre la sua dipendenza dal gas naturale russo dal 40% al 5% dal febbraio 2022.

Un risultato straordinario. L’Italia lo ha fatto assicurandosi l’approvvigionamento da molti luoghi diversi, inclusi gli Stati Uniti, attraverso il nostro GNL. Quindi questa è un’area di opportunità. Penso che il turismo continui ad essere un settore promettente. I prodotti farmaceutici continuano ad essere molto importanti. Penso che ci siano molti settori con potenzialità e il bello è che spetta al mercato decidere, ma questo è un mercato molto attraente per le aziende statunitensi.

Tuttavia il saldo della bilancia commerciale con gli Stati Uniti è di gran lunga a favore dell’Italia. Il made in Italy continua a piacere agli americani…

Questo è grandioso. Sono sicuro che il ministro Urso ne sia molto felice. Noi pensiamo che questa sia una situazione win win, una situazione vantaggiosa per tutti: da un lato gli americani possono acquistare i prodotti italiani che amano tanto; e dall’altro le imprese americane riescono allo stesso modo ad esportare in Italia. Un rapporto su due fronti che interessa tre direttrici diverse: esportazioni; investimenti diretti esteri; turismo. Noi vogliamo vederli crescere tutti e tre, in entrambi i Paesi.

Grazie al dollaro forte e alla voglia di tanti americani di tornare a viaggiare dopo la pandemia negli ultimi anni si registra un boom di turisti americani verso l’Italia…

È facile capire il perché. L’Italia è un Paese bellissimo. Non sono minimamente sorpreso che gli americani vogliano visitare l’Italia. Posso dirvi che siamo molto impegnati nei nostri uffici consolari a sostenere gli americani che sono qui e i sei milioni che vengono a visitare l’Italia ogni anno. Avete tante cose che attirano i turisti. N

egli Stati Uniti, se andiamo a Boston e vediamo qualcosa che ha 200 anni pensiamo che sia molto vecchio. E poi arriviamo qui e troviamo un Paese con una storia millenaria. L’ambasciata americana a Roma si trova su un terreno che era di proprietà di Giulio Cesare. In Italia puoi combinare una storia molto ricca con le bellezze naturali, persone davvero cordiali e il cibo – noi amiamo il cibo italiano – e tutti gli altri legami culturali. Avete tutti gli ingredienti che creano una buona ricetta per avere tanto turismo.

Un’ultima domanda geopolitica. America e Cina si fronteggiano sullo scenario globale dopo la fine della globalizzazione. Dal 2013 Usa ed Europa hanno lanciato l’idea di creare una nuova partnership strategica per avvantaggiare l’industria su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ma in questi dieci anni la Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) tra Stati Uniti ed Europa non è mai stata realizzata.

I negoziati si sono rivelati più difficili del previsto. La scorsa settimana il vertice tra Ue e Usa alla Casa Bianca è stato un mezzo flop: nessuna decisione è stata presa per eliminare i dazi sull’acciaio e l’alluminio decisi da Trump. Lo stallo c’è anche sugli incentivi alle auto elettriche dell’Inflation Reduction Act. Europa e Stati Uniti, pur con tanti punti di contatto, vanno avanti da sole. Mentre sarebbe utile facessero fronte comune per riscrivere le regole commerciali e della governance economica globali. Qual è la sua opinione in proposito.

Io penso prima di tutto che la conversazione tra Europa e Stati Uniti continua. È vero: per esempio sull’acciaio l’accordo non è stato raggiunto, ma si continua a discutere e questo è quello che fanno gli alleati e i partner.

Si continua a cercare punti di accordo, e se non li trovi continui a lavorare. Sull’Inflation Reduction Act, abbiamo sentito molto dagli europei e da altri sull’importanza, date le dimensioni della nostra economia, di fare di tutto per mitigare le emissioni inquinanti da fonti fossili. L’IRA è di gran lunga il più grande investimento che qualsiasi Paese abbia mai fatto per ridurre le emissioni. E pensiamo che porterà benefici in tutto il mondo perché una delle cose che farà, con tutto il denaro che le aziende americane stanno investendo, sarà quella di ridurre i costi per il settore nel suo complesso. Quindi pensiamo che sarà vantaggioso per tutti. Ma abbiamo anche detto che siamo pronti ad accogliere con favore provvedimenti legislativi simili dell’Europa per incentivare le sue imprese.