Un’università più forte con l’incontro dei saperi

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Mai più aree rigidamente chiuse, dice Gaetano Manfredi nuovo Rettore della Federico II 2.706 votanti a giugno e l’insediamento (primo novembre), ci sono 5 mesi che rappresentano Mai più aree rigidamente chiuse, dice Gaetano Manfredi nuovo Rettore della Federico II 2.706 votanti a giugno e l’insediamento (primo novembre), ci sono 5 mesi che rappresentano già, per Gaetano Manfredi, un non facile terreno di confronto. Il primo con la Regione. La drammatica vicenda del tifoso Ciro Esposito fa nascere una proposta: per il presidente Stefano Caldoro, il Policlinico deve sorgere a Scampia al posto delle Vele. Un progetto frutto della imponente commozione collettiva? Il neo rettore non si lascia prendere in contropiede.”La proposta è suggestiva”, dice. “Tuttavia, non potendo esistere due Policlinici, uno che c’è e uno da realizzare, bisogna tener conto del piano sanitario regionale precisando bene la vocazione di un Policlinico universitario”. Il presidente Caldoro afferma che i finanziamenti ci sono. “Bene. Motivo in più per valutare attentamente quanto la didattica e l’assistenza non si possano separare e quanto l’assistenza richieda oggi una più alta specializzazione”. Sembra che la procedura debba essere attivata dalla Federico II. “Non si può prescindere, allora, da un tavolo tecnico che valuti attentamente lo studio di fattibilità”. A Scampia, quartiere di frontiera per la quantità di problemi che l’assediano, si sta ultimando la struttura per la laurea triennale in Scienze infermieristiche. Cambia il nome, ma sono i paramedici di una volta? ”Questo è un titolo nuovo – risponde – che comprende tutte le Scienze sanitarie: radiologi, dietisti, audiologi. È un investimento importante. A Scampia molte attività ambulatoriali avranno una ricaduta positiva su tutto il tessuto sociale”. Posto su un piano di collaborazione il rapporto con la Regione, di diversa tonalità si presenta quello con il Governo che resta interlocutore primario. Con un modo da manager tra realismo e concretezza, il neo rettore afferma: “Veniamo da un periodo di tagli lineari e di limitati investimenti compiuti senza tener conto che, nel Sud, è molto più difficile fare università. occorre una inversione di tendenza: debbono cambiare i criteri e le regole, finora penalizzanti, per assegnare le risorse. Si deve ridiscutere il ruolo dei grandi atenei. Prendiamo il nostro: con centomila fra docenti, studenti e personale organizzativo, possiamo considerarci una città nella città”. Per le università meridionali sono giorni di tegole in testa. Particolarmente dolorose quelle che colpiscono le campane. Per Il Sole-24ore, la Federico II è 56esima su 61,un po’ meglio la Salerno-Fisciano e l’Orientale (23esima e 36esima), in coda alla classifica la Sun (58esima) e la Parthenope (61esima). Aspetti esaminati: ricerca e didattica. Allora, Gaetano Manfredi – rettore di fatto ma non ancora di diritto – avrà tra poco una bella gatta da pelare? A parte l’opinabilità delle classificazioni stilate, c’è da considerare a quale tempo si riferiscono i dati. Nel caso della Federico II sono di oggi o di alcuni anni fa? I problemi non mancano e Manfredi non è certo persona che voglia rimuoverli. “Sì, certo.Però una precisazione va fatta. In tutte le classifiche internazionali, la nostra università è fra le prime dieci in Italia. Sempre si sono valutate l’eccellenza scientifica dei ricercatori e la reputazione acquisita dai nostri laureati. Si paga per colpe che non sono nostre”. Il tono è fermo e un certo orgoglio non manca. E quali sono queste colpe? “Tutto ciò che ci sta intorno. Gli indicatori sono tutti esterni all’ateneo. Prendiamo le borse di studio: ne diamo di meno perché i finanziamenti, entità e tempi, non dipendono da noi. L’occupazione dei laureati: intorno a noi la disoccupazione giovanile arriva al sessanta per cento. Rapporti con le aziende tramite gli stage: gli studenti sono ottanta mila e le aziende in piena crisi”. Il divario nord sud non potrà che crescere? “Abbiamo livelli di competitività molto diversi. Il nostro tessuto imprenditoriale è debole e la criminalità più invasiva. Gli istituti di credito sono arroccati su se stessi, mentre le fondazioni bancarie al nord sono molto più aperte. Scarsi gli investimenti nell’attività educativa con tanti ragazzi che non studiano e non lavorano”. Nuovo rettore, nuova storia per la Federico II tra continuità e svolta. Le prime novità riguardano proprio la figura di Manfredi: uno dei più giovani rettori federiciani, il primo pro-rettore che va alle elezioni come unico candidato,il primo che viene da Ingegneria. Che cosa è accaduto? Più che parlare dei meriti propri, Manfredi preferisce una rapida analisi del contesto. “Prima l’Ingegneria era vista come una parte troppo tecnologica, un mondo chiuso in sé. Via via le preclusioni culturali sono venute meno e i saperi si sono incontrati. Come dire: non più aree rigidamente separate, ma oggettiva necessità della ricerca interdisciplinare. Superate quindi contrapposizioni anacronistiche, i colleghi hanno visto nella mia candidatura la premessa di una incoraggiante unità, una maggiore forza dell’ateneo di fronte ai soggetti istituzionali”. Un ingegnere che amava gli studi classici al punto che avrebbe voluto iscriversi a Lettere e Filosofia. Nato in una famiglia nolana da molte generazioni, frequenta nella città di Giordano Bruno il liceo Carducci (“ha prodotto bene, da Aldo Masullo a Roberto Napoletano direttore del Sole-24 ore”). Tra le materie lo attraggono il latino e il greco. Ma il padre è ingegnere e il professore di matematica lo convince a iscriversi al Politecnico (“è stato una grande scuola di studio e di vita”). Preside e docenti sono di valore: da Renato Fiorenza,a nalisi matematica, a Gino Adriani, scienza delle costruzioni, a Carlo Viggiani, geotecnica. Scelta l’ingegneria civile e le costruzioni, consolida la sua formazione nel Dipartimento di ingegneria e architettura, allievo di Elio Giangreco e di Carlo Greco (“poi mi solo laureato con Edoardo Cosenza”, precisa). Ordinario dal 2000, è pro-rettore da 4 anni con Massimo Marrelli di cui adesso è il successore. Il campo di studio e d’azione è, per Manfredi, molto vasto. A lui che presiede la Rete dei laboratori sismici, la domanda: ma Napoli – fra terremoti, Vesuvio e Solfatara – è una città sicura? Pur compreso di non creare allarmismi, risponde: “La sicurezza assoluta non esiste. Napoli ha un moderato rischio sismico e un elevato rischio vulcanico”. Possibile una prevenzione? “Ne possiamo distinguere due: una materiale costruendo e pianificando bene, preparando vie di fuga, evitando densità abitative fuori misura; l’altra immateriale che consiste nell’educare e preparare i cittadini che possono diventare il primo presidio di Protezione civile”. Quella Protezione civile che nasce col terremoto dell’80 e che ha visto in Campania, come commissario straordinario, l’onorevole Giuseppe Zamberletti. Nove libri e oltre 200 pubblicazioni scientifiche. Qual è l’idea guida? Gaetano Manfredi riassume così: “Ho sempre cercato di percorrere strade innovative valorizzando materiali nuovi e compositi,in uno stretto rapporto fra sicurezza collettiva e allarme precoce, cioè lanciato in tempo utile”. Come dire: attenzione alle tegole prima che ci caschino in testa.