Unioncamere: Nuove imprese, sempre più donne e giovani puntano sulla cultura

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in foto Andrea Prete, presidente di Unioncamere (Imagoeconomica)

Più donne e giovani puntano sulla cultura per fare business, che in Italia cresce grazie soprattutto all’architettura e design (mentre l’editoria e la stampa perdono colpi). Come mostra una analisi di Unioncamere e Centro studi Tagliacarne sul totale delle imprese culturali esistenti in Italia (oltre 275mila), una su quattro (il 24,5%) è una impresa femminile, una su 10 (10,2%) è guidata da giovani di meno di 35 anni di età.In entrambi i casi il ‘peso’ percentuale di donne e giovani è maggiore rispetto al totale delle aziende italiane, in cui le imprese femminili sono il 22,2% e quelle giovanili l’8,7%. Hanno invece un’incidenza minore, ma comunque non trascurabile, le imprese condotte da stranieri, che costituiscono il 5,6% del totale delle imprese culturali e creative (a fronte del 10,8% complessivo).

Prete: Quanto incidono le piattaforme digitali
Buono il ritmo di crescita delle imprese culturali nel 2022: +1,85% rispetto al 2021. Buono soprattutto quello delle imprese giovanili: +2,84% con quasi 600 imprese in più. Cresce anche la partecipazione degli stranieri (+2,04) mentre inferiore alla media è l’aumento delle imprese femminili (+1,19%). “Forse per l’alto livello di scolarizzazione (la domanda di laureati nelle imprese culturali e creative nel 2022 è pari al 40,6%, a fronte del 15,1% del totale economia) o per l’utilizzo di piattaforme digitali (da quelle musicali a quelle televisive e dell’editoria) l’industria della cultura mostra di essere attrattiva per i giovani e per le donne d’impresa e dà spazio a giovani occupati di 25-44 anni in modo più accentuato rispetto al resto dell’economia – sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete -. Facciamo in modo che questo universo, che ha una ricaduta importante sull’economia del Paese, continui a crescere e a rafforzarsi”.

Cresce l’interesse per l’architettura e il design
Considerando il totale delle 275mila aziende del settore culturale censite a fine 2022, le imprese di architettura e design e le attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico hanno consolidato la dinamica di crescita facendo registrare gli incrementi più significativi (rispettivamente +5,8% e +4,3% rispetto al 2021); crescono anche i comparti videogiochi e software (+2,5%) e comunicazione (+2,0%). Minore è la crescita delle performing arts e arti visive (+0,6%), mentre rimane stabile la numerosità delle imprese che operano nel sotto-settore dell’audiovisivo e musica. L’unico comparto ad aver perso smalto è quello dell’editoria che registra un -2,7% nel 2022 rispetto al 2021 (-7,6% rispetto al 2019). Tra le imprese culturali, comunque, la parte da leone è giocata dall’architettura e dal design (87.836 integrando anche i liberi professionisti, il 31,9% del totale) e dall’editoria e stampa (62.786, il 22,8%). Anche il segmento della comunicazione racchiude un numero non trascurabile di imprese (42.611, il 15,5%). Il comparto videogiochi e software, invece, conta circa 34mila imprese (il 12,4% del totale), poco più delle performing art e arti visive (circa 31 mila, l’11,2%). Seguono le 15.853 attività dell’audiovisivo e musica (il 5,8%) e, molto ben distanziate, le circa 1.200 imprese che si occupano della gestione del patrimonio storico-artistico, pari allo 0,4% delle imprese culturali italiane.

Imprese culturali, bene Campania e Mezzogiorno in generale
La maggior parte delle imprese culturali e creative ha sede del Nord-Ovest (il 31,5%) e nel Mezzogiorno (il 25,5%); meno numerose sono, invece, le imprese con sede nelle regioni del Centro (il 23,2%) e in quelle del Nord-Est (il 19,8%). Di fatto, oltre un terzo delle imprese culturali e creative si trova all’interno della Lombardia (dove è localizzato il 21,3% delle imprese totali) e del Lazio (il 12,4% del totale). Questa concentrazione è chiaramente legata alla presenza di grandi agglomerati urbani come Milano e Roma, con le loro numerose attività legate ai servizi avanzati, al patrimonio storico e artistico, agli spettacoli culturali, al turismo. Discorso analogo vale anche per regioni come il Veneto (che segue in terza posizione con l’8,4% delle imprese totali), la Campania (l’8,0%), l’Emilia-Romagna (il 7,6%) e il Piemonte (7,5%) che “sfruttano” il richiamo della cultura e dell’arte esercitato da città come Venezia, Napoli, Bologna e Torino.È quindi vero che le grandi città fungono da attrattori per le imprese culturali e creative? All’interno dei comuni con più di 500mila abitanti si registrano 7,2 imprese culturali ogni 100 imprese registrate; tale incidenza risulta essere pari a 7,3 nei comuni con un numero di abitanti compreso tra i 250-499 mila e a 5,6 all’interno dei comuni con un numero di abitanti compresi tra 100-299 mila. Ma quando le città di medie dimensioni diventano il centro delle produzioni del Made in Italy, la concentrazione di attività culturali e creative diventa consistente. L’incidenza delle attività culturali nelle città con un numero di abitanti compreso tra 20-59.999 abitanti è del 4,3%, nei comuni con un numero di abitanti compreso tra 60-99.999 è del 4,8%. L’incidenza delle imprese culturali diminuisce gradualmente al ridursi della dimensione dei comuni e raggiunge un peso pari all’1,9% nel caso dei comuni con meno di mille abitanti (dove predominano le attività di architettura e design e quelle legate alla gestione del patrimonio storico artistico) e 2,7% nel caso dei comuni con un numero di abitanti compreso tra i mille e 5mila. Ad ogni dimensione la propria caratterizzazione. I comuni con meno di mille abitanti, ad esempio, mostrano una forte concentrazione di professioni legate all’architettura, con una percentuale del 29,1%, che supera di 5 punti percentuali l’incidenza media nazionale. I comuni con un numero di abitanti tra 1.000-4.999 primeggiano invece nei comparti dell’editoria e stampa, con il 25,5% delle imprese del settore (a fronte di un dato medio del 22,8%), e nelle performing arts e arti visive, con il 12,2% (11,2% la media nazionale). Più diffuse nei grandi centri sono, invece, le attività di comunicazione (19,7% vs il 15,5% medio nazionale), videogiochi e software (14,4% vs 12,4% medio nazionale) e audiovisivo e musica (8,7 vs 5,8% medio nazionale).