Un “Ponte” per l’Europa o per le elezioni europee?

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in foto il vicepremier, Matteo Salvini (Imagoeconomica)

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 1° agosto all’interno della rubrica Spigolature

I due “cavalli” (figurativamente intendendo Salvini e Calderoli) che sembravano lanciati in una corsa senza freni -uno per legare più strettamente Sicilia e Calabria e l’altro per separare ancora più vistosamente il nord e il sud dell’Italia- si vedono ora costretti a rallentare la loro “alta e personalissima velocità” che avevano imboccato perché, ad analisi e conti fatti con più rigore, si scopre che opere, o riforme di grande impatto economico e rilievo sociale, non possono essere spinte in avanti a colpi di demagogia e improvvisazione di ragionamenti. Le brusche “frenate” appaiono come doverosi richiami alla non aggirabile realtà. Così per i due irriducibili e non ragionanti leghisti: uno vice premier e ministro per Infrastrutture e Trasporti, l’altro responsabile di Autonomie e Affari regionali.

IN CAMPO L’ANTICORRUZIONE. Per il Ponte, da molti anni soltanto immaginato, i costi sono già arrivati a 4,5 milioni. Quanto basta (anche se nel Documento di Economia e Finanza non sono previste altre somme destinabili), perché non si faccia sentire l’Anac. Il presidente Giuseppe Busia, giurista sassarese, si richiama al Codice degli appalti e alle soglie (“sotto i 150 mila euro va benissimo mio cugino”), mentre sostiene che “come si sta facendo è un favore ai privati” in quanto “tutti i rischi sono caricati sul pubblico”. Inoltre “non è detto che la cosa migliore sia sempre quella di scegliere discrezionalmente la prima impresa che ci passa davanti”. Salvini, infuriato, ne chiede le dimissioni proprio quando gli stessi esperti del suo Ministero esprimono dubbi a cominciare dal progetto a campata unica.

RICHIAMO ALL’ANTIMAFIA. I “pilastri” della Direzione nazionale investigativa (Dia) presieduta da Chiara Colosimo, vengono invocati da don Luigi Ciotti, presidente di Libera, che vede incombente il rischio inquietante della “correlazione tra il Ponte e la criminalità organizzata”. Senza appello l’affermazione che “non verranno unite solo due coste, ma certamente due cosche”. Tutto un intreccio di affari, interessi e infiltrazioni malavitose. Per questo sarebbe bene che gli investimenti di denaro “servissero per far ritornare migliaia di giovani nella loro terra, per combattere la povertà assoluta e l’abbandono scolastico”.

REAZIONE SCOMPOSTA. E’ quella di Salvini: ”Se don Ciotti espatria, fa un favore a tutti” perché “il Ponte è la più grande operazione antimafia dal dopoguerra a oggi”. A chi critica, il vice premier leghista non la fa buona a nessuno. Capitò anche a Vittorio Sgarbi che ebbe modo di fare questo racconto: ”Quando espressi riserve e perplessità di tipo ambientale a Berlusconi, lui mi ascoltò in silenzio.  Quando invece ne parlai a Salvini aggiungendo che il Ponte è un miraggio e che saremo ‘distesi’ prima noi che lui, Salvini subito mi rispose “fatti i cazzi tuoi”.

L’INCUBO STRASBURGO. Tra pochi mesi si rinnoverà il Parlamento europeo. Salvini si gioca il Ponte che, non solo emblematicamente, “dovrà unire Palermo e Berlino”. Ma i leghisti dove troveranno casa? Compatibile la loro alleanza con la francese Marine Le Pen, mentre Forza Italia di Tajani si colloca nel Partito popolare cui guarda con interesse anche Giorgia Meloni ora leader dei Conservatori europei? In vista di un asse Giorgia-Von der Lejen, Salvini praticherà il doppio binario di stare al governo in Italia e all’opposizione in Europa?

VA MALE ANCHE PER CALDEROLI. La sua Autonomia differenziata si scontra col muro dei no. Chiaramente negativo il Report dell’Ufficio parlamentare di Bilancio. Dopo tante audizioni di esperti e istituzioni, unanime la richiesta di “riporre nel cassetto” il progetto: Sud e Centro avrebbero meno fondi, non garantiti i servizi primari come sanità, istruzione, trasporti. Per la Commissione Affari costituzionali del Senato parla il presidente Alberto Balboni: serve un decreto legislativo e non un dpcm. In ognuna delle 23 materie si nascondono tante funzioni; occorrono due fondi sociali: uno verticale a carico dello Stato e uno orizzontale per la parità regionale. Colpo decisivo con l’emendamento di cui si discuterà nei prossimi giorni, presentato dalla maggioranza e fatto proprio dal Governo: alla premier Giorgia Meloni il potere di veto sulle materie trasferibili e il limite da porre alle richieste dei governatori.