Un anno dall’inizio del conflitto in Ucraina. Per scaramanzia limitiamoci a questa constatazione

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Martedì è stato l’ultimo giorno di Carnevale. Come per tradizione dovunque o quasi nel mondo civile, si sono svolti eventi definiti in generale carnascialeschi. Consistono nel mascherarsi, fare bisboccia, cantare, suonare e compiere azioni alquanto dissennate, nonché assistere, dove esistono, alla sfilata dei carri allegorici. Tanto perché una sola volta nell’ anno si può andare fuori di testa, come dicevano nell’antica Roma. Quindi a Carnevale ogni scherzo vale è lo spirito pressoché unanime che si ha nel celebrare tale ricorrenza pagana. Quest’anno è stato sentito con particolare piacere il festeggiarlo liberamente, dopo che per due anni la pandemia aveva costretto una buona percentuale di italiani a fare qualcosa di molto limitato, giusto per non perdere definitivamente l’abitudine di festeggiarlo. Qualcosa di inconsueto sarà collegato per quest’anno a tale evento. Negli ultimi giorni dello stesso periodo hanno sfilato a turno sulle stesse passerelle internazionali diversi personaggi che, senza maschera, hanno recitato a soggetto la loro parte di responsabili del mondo o aspiranti tali. Non è stato facile per nessuno di loro neppure accennare sorrisi di circostanza, tanto spinoso è stato trattare l’argomento: il ristabilimento della pace. Per non perdere un’ occasione di visibilità, Putin ha tenuto il periodico discorso alla nazione, con la caratteristica che questa volta ha esagerato non poco, pronunciando assurdità che si commentano da sole. È sufficiente citarne una sola per dare la chiave di lettura di quanto è stato espresso nel monologo scomposto dell’invasato della steppa: l’America – quindi l’ Occidente in genere e la Nato con esso – avrebbe fomentato quanto sta accadendo in Ucraina. Questo concetto non è nuovo nel suo vademecum, in particolare quando deve recitare la parte del Padre della Patria. Solo che questa volta ha aggiunto al tutto qualcosa di immateriale per rendersi più credibile. Ha tentato, probabilmente riuscendo solo in parte nel suo intento, di toccare le corde del cuore dei russi. Lo ha fatto esasperando il suo vittimismo oltre ogni altro livello già raggiunto in precedenza. Parafrasando il titolo di un film di Pedro Almodovar degli anni ’80, si può trarre immediatamente o quasi la definizione appropriata per gli inquilini del Cremlino: uomini sull’ orlo di una crisi di nervi. Tanto vale anche per gli alti dirigenti cinesi. Prova ne é che anche questi si stanno dimostrando ora più che mai cerchiobottisti. Tale definizione è tratta dal politichese patrio e il suo impiego ha un suo perché specifico. Aspirando quel subcontinente al ruolo di potenza egemone nel mondo, cerca a ogni costo da un lato di non rinnegare lo spirito politico che la anima ormai da tempo. Dall’altro di non contrapporsi a chi attualmente svolge effettivamente quel ruolo: gli USA. Per quanto possa essere comprensibile tale atteggiamento, esso non sará mai giustificabile. La soppressione delle libertà individuali e lo scarso rispetto per gli umani sentimenti sono un segnale preciso di quanto sia utopico il tentativo di quei personaggi di conseguire un risultato del genere. Le osservazioni fin qui riportate non sono di competenza particolare né della casalinga di Voghera, né dell’ impiegato comunale di Paternò. Al contrario, gli stessi sono interessati a vicende molto più importanti per tutti nell’ immediato. Tra un mese sarà primavera, periodo da sempre collegato con il risveglio della natura, tanto per il mondo vegetale, quanto per quello animale. Della importanza dell’Ucraina per la coltivazione di quanto occorre al mondo, sia agli esseri umani che agli animali, per nutrirsi, oramai se ne ha piena coscienza universalmente. L’ anno scorso si è evitata per poco una tragedia per quelle popolazioni che usano come alimento principale il frumento e i suoi derivati. Per come stanno andando le vicende in quel paese prossimo a essere raso al suolo, che indicazioni si possono trarre per i raccolti dell’annata agraria in corso? Certo non rincuoranti, con l’aggiunta che al momento l’ ultima cosa di cui il mondo avverte la mancanza è una crisi alimentare. Si sa dai libri di storia che un popolo di qualsiasi genere, se privato del nutrimento, sprigiona una rabbia distruttiva peggiore di ogni guerra. Tanto perché sta combattendo per il motivo per lui più importante: continuare a vivere. E si sa che in situazioni del genere non si va molto per il sottile. La minaccia nucleare di Putin deve fare meno paura di quella che possano verificarsi eventi del genere.