Un aiuto sicuro della “comunicazione” alla riduzione dei suicidi giovanili e non solo quelli

Secondo la rubrica dell’ASviS -Notizie intitolata “I suicidi in Europa tendono a diminuire, ma sulla prevenzione c’è ancora molto da fare” – redattrice, Giuliana Coccia Senior Statistician – ASVIS – del Comitato di redazione di Statistica applicata, di cui è Direttore il prof. Luigi Fabbris – fino al 2016 è stata dirigente di ricerca presso l’Istat, dove ha innovato metodologicamente le principali indagini campionarie socioeconomiche –

L’Agenda 2030, richiede una riduzione di un terzo entro la fine del decennio, ma non tutti i Paesi agiscono per prevenire gli atti suicidari. Italia sotto la media europea, una volta tanto, in posizione meno grave, rispetto agli altri Paesi  (qui) (anche se con un grave problema, carcerario, su cui si  tornerà)   , 

Di seguito, alcune “spigolature”. 

“L’Organizzazione mondiale della sanità stima annualmente più di 700mila suicidi in tutto il mondo. Gli studi dimostrano che l’impiccagione, l’avvelenamento, la precipitazione da luoghi elevati, l’uso di armi da fuoco, l’annegamento e l’overdose di droga sono tra i metodi più comuni per mettere fine alla propria vita.”

“Nel mondo ogni 40 secondi una persona si toglie la vita”

“I quozienti tra numero di morti per cause di suicidio e popolazione,  nel mondo, presentano una grande variabilità come risultato di più fattori correlati con un fenomeno decisamente complesso e multideterminato: differenze nel benessere mentale e nel trattamento, discriminazioni, stress personale e finanziario, ecc. Inoltre, in molti Paesi i decessi dovuti ad autolesionismo sono fortemente sottostimati a causa dello stigma sociale e di preoccupazioni culturali e legali; questi decessi sono spesso classificati erroneamente come decessi dovuti a “eventi con intenti indeterminati”, incidenti o cause sconosciute” 

“L’Italia con un tasso standardizzato di 5,6 per 100mila abitanti, quasi la metà rispetto alla media dei Paesi Ue, si colloca tra i Paesi a più basso rischio di suicidio, ma, ciò nonostante, il suicidio continua anche nel nostro Paese a causare una grande perdita di vite umane. Nel corso del 2020, nel nostro Paese, si sono verificati 3.748 suicidi (79% maschi, 21% femmine), con una riduzione complessiva, rispetto al numero medio osservato nel periodo 2015 -19, di -2,8% per i maschi e di – 7,7% per le femmine. Il fenomeno riguarda per oltre il 93% i cittadini italiani”

La mortalità per suicido nel nostro Paese, in linea con quanto osservato nel resto del mondo, è nettamente diminuita nell’ultimo trentennio.

“Tra i giovani di 15-29 anni il suicidio rappresenta una delle più frequenti cause di morte. La scuola, il posto in cui i giovani trascorrono moltissimo tempo, non si preoccupa abbastanza del benessere mentale degli studenti. Negli ultimi dieci anni l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha osservato una crescita «esponenziale» degli accessi al pronto soccorso per comportamenti suicidari da parte di giovanissimi. I numeri sono esplosi nei due anni di pandemia, con un aumento del 75 per cento rispetto al biennio precedente”

 L’Istat dal 2017 ha interrotto la produzione dei dati dei tentativi di suicidio, che utilizzavano i casi accertati  trasmessi all’Autorità giudiziaria.

“L’Istituto Superiore di Sanità, insieme all’ISTAT, al Ministero della Salute e al Dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale della “Sapienza”, per colmare questo vuoto stanno implementando un Osservatorio epidemiologico sui suicidi e tentativi di suicidio (Oestes),  – anche se non ancora attivocon l’obiettivo di fornire stime aggiornate ed esaustive sui tentativi di suicidio nel nostro Paese mediante l’integrazione dei diversi flussi informativi esistenti (accessi al pronto soccorso, schede di dimissione ospedaliera e dati di mortalità)”.  

Si può prevenire il suicidio, se si riesce a intervenire sulla sofferenza psicologica e a restituire fiducia agli individui in crisi l’incertezza e la perdita di speranza per il futuro. Le politiche di prevenzione del suicidio non possono essere limitate al solo ambito sanitario, ma devono tener conto anche dei potenziali fattori di rischio a livello di contesto sociale, economico e relazionale del soggetto”.

“I media possono avere un ruolo decisivo nella prevenzione: è quanto contenuto nelle linee guida  “Preventing suicide: a resource for media professionals (qui pubblicate il 12 settembre dall’Oms in collaborazione con l’Associazione internazionale per la prevenzione del suicidio (Iasp), che  aggiorna un più nutrito e diffuso depliant operativo di 35 pagine “Preventing suicide: a resource for media professionals Update 2023” (qui)

“Esistono evidenze che i resoconti dei media sul suicidio possono migliorare o indebolire gli sforzi di prevenzione del suicidio. Le notizie dovrebbero essere oggettive, i giornalisti dovrebbero limitarsi ai fatti, evitando di rafforzare i falsi miti e spostando l’attenzione su temi come la prevenzione e la ricerca di aiuto”…… Widely disseminated stories of death by suicide are often followed by more suicides in the population, while stories of overcoming a suicidal crisis can lead to fewer suicides. Media professionals are encouraged to focus on presenting stories of people who overcome difficulties following a suicidal crisis while also following the Dos and Don’ts in this resource when reporting on suicide.