Roma, 14 nov. (askanews) – Slitta (almeno) alla prossima settimana la decisione sulla nomina dei vicepresidenti della nuova Commissione europea. Compresa quella di Raffaele Fitto, che oggi ha avuto il “supporto” assai rilevante del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il capo dello Stato ha ricevuto al Quirinale il ministro a cui ha “formulato gli auguri per l’affidamento dell’incarico – così importante per l’Italia – assegnatogli dalla presidente Von der Leyen nell’ambito della Commissione dell’Unione europea”. Una sorta di “garanzia” – si potrebbe dire – sulla piena titolarità di Fitto a ricoprire quel ruolo.
Per il momento però la nomina di Fitto – e quella degli altri vice presidenti – resta congelata, perlomeno fino al 20, quando Teresa Ribera si presenterà al Parlamento spagnolo per riferire sui danni provocati dalla Dana in Spagna e sui presunti errori e ritardi nella gestione dell’emergenza. Non è escluso un ulteriore rinvio, alla settimana successiva, prima che si arrivi al voto di fiducia del nuovo Esecutivo comunitario, a Strasburgo mercoledì 27 novembre.
Per il capo delegazione di Forza Italia nel gruppo del Ppe al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello “c’è una ‘landing zone’, una zona di atterraggio: la settimana prossima si troverà un accordo, probabilmente”, ha detto ad alcuni giornalisti a margine della “mini plenaria” oggi a Bruxelles. “Si aspetta, il 20 novembre, che Teresa Ribera renda delle spiegazioni al Parlamento spagnolo, poi presumo che si possano approvare le nomine di tutti i vicepresidenti esecutivi” designati per la nuova Commissione. Teresa Ribera, socialista spagnola, è una dei sei vice presidenti esecutivi, con gli importanti portafogli della Transizione giusta e della Concorrenza. È lei, molto più degli altri due candidati bloccati, il vicepresidente esecutivo designato italiano, Raffaele Fitto e il commissario designato ungherese Oliver Varhelyi, il vero “casus belli” che ha bloccato il processo di approvazione delle audizioni. Come ministra per la Transizione verde del suo paese, è stata accusata in modo durissimo dal Partido Popular e dall’estrema destra in Spagna di avere delle responsabilità nella cattiva gestione dell’emergenza durante la catastrofica inondazione di Valencia, che ha causato oltre 200 morti. Il Ppe ha appoggiato le accuse del partito spagnolo, uno dei più potenti della sua famiglia, e l’audizione di Ribera si è trasformata in una trappola, un processo in cui ha dovuto difendersi dalle accuse che ha denunciato come manipolazioni e menzogne per nascondere la vera responsabilità, degli amministratori locali del Ppe, nel disastroso ritardo dell’intervento delle autorità a Valencia. “Immagino che il 27 novembre voteremo la Commissione, come ha detto Roberta Metsola”, la presidente del Parlamento europeo, ha osservato Martusciello. E ha spiegato: “La logica è dare via libera a tutti i vicepresidenti esecutivi, con l’idea di aspettare che Ribera parli al Parlamento spagnolo”. “Oggi Manfred Weber (il capogruppo del Ppe, ndr) ci ha detto in riunione di gruppo che c’era un accordo nel Consiglio europeo sulla vicepresidenza esecutiva di Fitto”, ha riferito il capo delegazione di Fi. E ha aggiunto: “La capogruppo dei Socialisti (la spagnola Iratxe García Pérez, ndr) ha detto che non era a conoscenza di questo accordo, ma ne prendeva atto. Mi pare, quindi, che si vada sostanzialmente verso uno scongelamento delle posizioni. L’hanno chiamata ‘landing zone’, è il nuovo termine che sta girando per trovare un accordo, per arrivare al voto del 27 in plenaria”.
La sensazione a questo punto, insomma, è che, una volta sbloccato dal Ppe il via libera per l’audizione di Ribera, i Socialisti e Democratici (S&D)) e i liberali di Renew rinunceranno a chiedere a von der Leyen di togliere a Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo, se la presidente della Commissione assicurerà che non intende cambiare la sua “maggioranza europeista” di riferimento, che l’ha sostenuta a luglio. Perché il maggior potere affidato all’italiano nel nuovo Esecutivo Ue non è legato a un ingresso nella maggioranza del suo gruppo di destra, l’Ecr, ma è piuttosto un gesto di riguardo per l’importanza del suo paese di provenienza.
Meno ottimista e più allarmato è apparso invece un altro europarlamentare di lungo corso, il coordinatore del gruppo Renew in commissione Ambiente Pascal Canfin, francese, che ha . parlato con alcuni giornalisti dopo la “mini plenaria” di Bruxelles, in cui stamattina una maggioranza formata da Ppe, Ecr e i due gruppi di estrema destra ha approvato degli emendamenti sostanziali in un atto legislativo, la proposta di ritardare di un anno l’attuazione del regolamento Ue contro la deforestazione importata (già approvato nel 2023). “È la prima volta – ha rilevato Canfin – che vediamo la maggioranza Ppe-ultradestra in un voto legislativo”. Sulla deforestazione “siamo riusciti a evitare lo scenario peggiore, ma questo significa comunque che non possiamo avere il Ppe come partner affidabile, nemmeno per quanto riguarda i testi legislativi”, e non solo nelle risoluzioni non vincolanti. “Il Ppe deve scegliere: non può governare con l’estrema destra che va contro i progetti europei, e poi con noi per sostenere la Commissione von der Leyen”, ha sottolineato Canfin. “Siamo vicini al momento della verità, quando dovranno scegliere. Non siamo ancora alla crisi politica, ma iniziamo a vederne i segnali” ed è il Ppe che “sta aprendo il vaso di Pandora”. “Non possiamo permetterci una crisi politica – ha avvertito Canfin -, e vogliamo evitarla. Sarebbe irresponsabile, con l’attuale situazione negli Stati Uniti, in Ucraina, in Cina, il divario di competitività” dell’Ue rispetto alle altre economie globali. “Speriamo ancora di riuscire a trovare una via d’uscita. Ma se la prossima settimana si vedrà che il Ppe non sostiene Ribera, quello sarebbe l’inizio della crisi”, con la rottura dell’accordo in seno alla maggioranza europeista formata da Ppe, S&D e Renew. “Non ci siamo ancora, ma il rischio è alto. Oggi la linea rossa non è stata oltrepassata, ma potrebbe essere stata solo posticipata””, ha concluso Canfin.
Intanto sulla nomina di Fitto Meloni, da Perugia, torna all’attacco del Pd. “Da giorni chiedo alla segretaria del Pd di dire quale sia la posizione ufficiale del Pd – accusa – e non riesco ad avere una risposta. Dice: ‘Non devo rispondere alla Meloni’. Non deve rispondere a me ma ai cittadini italiani, le persone serie fanno così. Rimango basita. Penso che ciascuno si debba assumere la responsabilità delle proprie scelte”. Pronta la replica Dem con il vicecapogruppo alla Camera Toni Ricciardi: “Con che coraggio Meloni mette in discussione la serietà del Pd sul voto a Fitto? La prima domanda dovrebbe farla al suo vice premier Salvini che non voterà la commissione e il commissario Fitto. Non prendiamo lezioni di serietà da chi si arrampica sugli specchi ogni giorno per nascondere le proprie divisioni. Quelle si che fanno male all’Italia”.