Ue, imprese: Italia 18esima nel Global Attractiveness Index 2020

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L’Italia è al 18esimo posto del del Global Attractiveness Index (GAI), il rapporto che mappa 144 economie del mondo e cerca di cogliere in che modo cambia la “geografia dell’attrattività” al variare della velocità di ogni Paese rispetto agli altri, prendendo a riferimento quattro macro-aree (apertura, innovazione, dotazione ed efficienza). L’Italia conquista il 18esimo posto, ma peggiora lo score: 60,36 quest’anno contro il 61,15 del GAI 2019. L’Indice beneficia dell’audit indipendente condotto dal Centre on Composite Indicators and Scoreboards del Joint Research Centre della Commissione Europea e del contributo di un Comitato Scientifico composto da Ferruccio de Bortoli (Presidente, Casa Editrice Longanesi e Associazione Vidas) ed Enrico Giovannini (Portavoce ASviS – Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Il rapporto GAI 2020 evidenzia che per l’Unione Europea si registra un processo di diminuzione dell’attrattività. Negli ultimi 5 anni il 75% dei Paesi europei è in riduzione o stabile nel ranking e negli ultimi 10 anni la percentuale europea di Investimenti Diretti Esteri sul totale globale è diminuita dal 43,7% al 30,7%. Come scrive l’economista Enrico Giovannini nel Rapporto “è segno che per l’Europa la sfida dell’attrattività è sempre più continentale e non potrà essere vinta né difendendo posizioni di rendita del passato, né guardando a posizioni nazionalistiche”. Per l’intera Ue, si pone quindi l’occasione di ricostruire il concetto di attrattività in logica sovra-nazionale. A tal fine – dopo i passi avanti fatti con l’approvazione del Piano Next Generation EU – viene vista come auspicabile la promozione di una maggiore armonizzazione fiscale e normativa, la creazione di un mercato unico dell’energia e di una maggiore integrazione bancaria, una centralizzazione del debito europeo e un’armonizzazione e mutualizzazione di risorse e strumenti per il welfare state a protezione dei cittadini. Per quanto riguarda l’Italia, si evidenziano delle criticità soprattutto nella macro-area efficienza. Il Total Tax Rate passa dal 53,1% al 59,1%, posizionando il Paese al 129esimop posto, in peggioramento. Confermato il “nodo” della Crescita produttività totale dei fattori: nel 2019 la variazione negativa è pari a 0,27, 65esimo posto nella classifica GAI 2020, in calo rispetto al 2019 (47esimo). Il Paese presenta inoltre significativi margini di miglioramento sia in termini di sostenibilità, sia riguardo la tutela dei propri cittadini più in difficoltà. Per non parlare dell’educazione, tema che ha una rilevanza strategica per il futuro del Paese: se si guarda ai risultati nelle aree del Pisa Test Score, l’Italia perde due posizioni e scivola al 28esimo posto. Secondo gli analisti per l’Italia è auspicabile la realizzazione di una riforma fiscale finalizzata a raggiungere una maggiore equità e semplificazione; un rilancio del Mezzogiorno; una strategia nazionale di lungo periodo per lo sviluppo di tecnologie verdi e la partecipazione attiva del Paese alla creazione di questa “Circular Europe” che tanti aspettano. Come affermato da Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, “l’attivazione della capacità trasformativa dell’Italia non è più rimandabile, in quanto con sempre maggiore difficoltà – nei prossimi anni – saremo in grado di vivere delle rendite del passato”. Riforme fondamentali, unite agli investimenti in formazione tecnica e alla promozione delle filiere virtuose dei territori, per rilanciare la competitività dell’Italia nel quadro internazionale e attrarre investimenti esteri di qualità. Come afferma Marco Hannappel, Amministratore Delegato di Philip Morris Italia, “la ripartenza si collocherà in un nuovo scenario, in cui le imprese vincoleranno sempre meno i propri successi a un’area geografica specifica o a un Paese in particolare. In tale prospettiva di reshoring, il compito dell’Italia sarà quello di cogliere tale opportunità per attrarre e promuovere investimenti di imprese italiane e straniere”. Non a caso, probabilmente, parte delle risorse del Piano Next Generation EU saranno indirizzate verso un piano di reshoring degli investimenti (anche al fine di rafforzare nel mercato interno le catene del valore fondamentali), ma anche al sostegno ai settori del Made in Italy.