Turismo, il boom di Pasqua è un buon segno in vista dell’estate. Ma non è tutto oro quello che luccica

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Il presupposto del ragionamento che segue è che le vacanze pasquali siano ancora un test attendibile di come andrà la seguente stagione estiva: ormai identificata con il periodo delle ferie come gli italiani le intendono da quando esse sono diventate quasi una ricorrenza. Come tale non può essere ignorata e altrettanto la stessa deve essere celebrata a ogni costo. Appunto da quest’ultima considerazione prende spunto il pensiero appresso riportato. Ritenendo sincere le risposte date agli intervistatori da quanti operano nel settore turistico, in Italia sarebbe arrivata una seconda età dell’oro, quella del turismo in generale. Le varie dichiarazioni di albergatori, ristoratori e di chiunque si occupi del relax e del divertimento altrui, lasciano intravedere fin d’ora il tutto esaurito per la stagione estiva. Si aggiunga a ciò che gli incrementi di presenze riscontrati nelle località interessate sono stati tutti a doppia cifra confrontati con la situazione ante Covid. Indubbiamente è un segnale di grande conforto per l’economia del Paese, pur spingendo a fare qualche riflessione. Allo scopo basterà scrivere i numeri a penna e fare qualche calcolo con l’aiuto di un semplice quanto intramontabile pallottoliere. Il livello dell’inflazione nel Paese, ormai percepito anche a pelle da un bel pezzo della sua popolazione, ha raggiunto percentuali superiori al 10%. Attualmente è in leggera flessione e il segnale è da intendere certamente in senso positivo. Ora l’importante è che quella tendenza sia confermata e si proceda spediti verso il traguardo di un livello compatibile con la crescita attesa del Pil. L’esame di tale evoluzione deve essere rimandata a un’altra occasione, perché in questa sede il quesito a cui rispondere da per scontati due presupposti: l’alto tasso di inflazione e l’aumento, anche esso a doppia cifra, del valore del carrello della spesa. Di per sé quanto appena riportato invia un segnale inequivocabile: la capacitá di spesa degli italiani nell’ultimo triennio si è contratta in maniera sostanziosa, in alcuni casi estremi si è addirittura dimezzata. Stando così le cose, riesce difficile comprendere come è possibile un dilatarsi della spesa per esigenze non primarie, quali sono le ferie e altre a esse assimilabili. Sono diverse le spiegazioni che si possono dare al fenomeno, tutte con differenti gradi di possibilità di essere le scatenanti del paradosso appena descritto, nessuna in grado di dare in merito una risposta certa. È necessario estrapolare solo formalmente il malaffare, pur essendo una fonte di arricchimento certamente non trascurabile: esso non ha una forma analoga operante nell’ambito della legalità, quindi ogni supposizione è destinata a essere impossibile da porre a confronto. Una prima ipotesi può essere collegata al lavoro in nero, anche sotto forma di secondo lavoro, e ai compensi occulti che ne derivano: sulla loro entità si possono fare solo congetture a spanne. Una seconda può essere collegata all’erosione del risparmio già accumulato, pur in presenza di una propensione a quel comportamento, di cui gli italiani sono campioni indiscussi. Fin qui sono stati esposti comportamenti che, seppure in diversa misura, sono compatibili con quelli che l’umanità adotta un po’ dappertutto nel mondo. Esiste, tra le tante variazioni sul tema anche un’altra fonte a cui attingere denaro cash: il credito al consumo. Esso si affacciò sul finire degli anni ’50 negli USA per finanziare chi avesse un reddito documentabile, finalizzato all’acquisto dell’automobile o degli elettrodomestici che in quel periodo, oltre Atlantico, stavano vivendo gli anni del loro boom. Quella forma di credito, più cara di quella ordinaria, rifletteva la vecchia affermazione, creata dalla gente di campagna: “si può prestare il pane solo a chi ha la farina “. Volendo con ciò dire che il credito accordato a un soggetto non produttivo debba esser garantito per buona parte da qualcosa in grado di coprire il suo ammontare. Doveva essere cioè in buona parte convertibile a stretto giro in denaro contante. I banchieri che operano soprattutto al di là dell’Atlantico predicano ancora bene ma di recente hanno razzolato male: per verificare tutto ciò, basta ritornare con la memoria alla crisi dei subprime. Giunta qualche decennio dopo anche in Italia, quella fonte di finanziamento è cresciuta a dismisura e ha allargato il proprio campo di attività molto oltre le auto e gli elettrodomestici. Da tempo anche le vacanze sono finanziabili, a tassi che non si discostano molto da quelli usurai. Se, come sembra, questo comportamento sta prendendo piede sempre più anche nel Paese, i salti di gioia degli operatori turistici sono a rischio di essere ridotti a saltelli tipici di chi ha preso una distorsione. Per ora sarà meglio fermarsi: il mondo, cattolico e non, è ancora in vacanza. Non sarebbe cosa né buona né utile che il riposo e lo svago dei gitanti, turbati dalle considerazioni appena espresse. andassero loro di traverso.