La prevenzione dei tumori, sulla quale oggi si punta con grande impegno insieme a una ricerca intensiva su come fronteggiare e sconfiggere il male di tutti i secoli, si intreccia con gli stili di vita e di alimentazione dei singoli, senza trascurare, anzi ponendoli in primo piano, i fattori genetici. Si tratta di un percorso scientifico multidisciplinare di indagine ad alto livello che ha prodotto importanti risultati nella conoscenza per la prevenzione e la cura dei tumori, per molti dei quali si è giunti, grazie anche al miglioramento delle strategie terapeutiche a una significativa riduzione della mortalità, fino al traguardo di guarigioni fino a pochi anni fa addirittura impensabili. “Sapere su genetica, stili di vita e prevenzione dei tumori” sarà il tema al centro del quarto incontro pubblico di “Donne che Sanno”, il ciclo di sei eventi su salute, prevenzione e stili di vita promosso da “Fondo Mario e Paola Condorelli” e da L’Altra Napoli e che si terrà il 19 marzo alle ore 16 presso la Società Napoletana Storia Patria (Maschio Angioino, via Vittorio Emanuele III – 3 piano; ingresso gratuito). Fra i protagonisti dell’appuntamento napoletano il professor Elio Riboli, uno degli epidemiologi più importanti al mondo sul tema delle malattie tumorali, direttore della Scuola di Sanità Pubblica e docente di Epidemiologa del Cancro presso l’Imperial College di Londra nonché Coordinatore del Corso di Perfezionamento in Epidemiologia per la Ricerca Clinica Università Humanitas di Milano. Riboli a metà degli anni Ottanta ha intrapreso presso IARC (International Agency for Research on Cancer dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), un nuovo percorso di ricerca dedicandosi al ruolo dell’alimentazione, della nutrizione e degli ormoni endogeni nell’eziologia dei tumori. Grazie a queste attività ha realizzato ampi studi basati sulla popolazione con il supporto delle biobanche, per analizzare e comprendere al meglio il rapporto tra fattori comportamentali, metabolici e genetici e l’insorgenza dei tumori e di altre malattie croniche diffuse. Nel 1990 il suo impegno si è ulteriormente concretizzato con l’avvio del principale studio internazionale su questi temi, l’European Prospective Investigation Into Cancer and Nutrition (EPIC), finanziato dal programma comunitario “Europe against Cancer”. Grazie a questi straordinari studi il Prof. Riboli racconterà secondo evidenza scientifica il legame tra alimentazione, attività fisica e obesità nell’epidemiologia e prevenzione del cancro. Inoltre, aiuterà a conoscere il ruolo dei fattori di rischio della sindrome metabolica e degli ormoni sessuali endogeni dai quali deriva lo sviluppo del cancro al seno, al colon-retto, all’endometrio e al rene. Queste tematiche saranno affrontate con due esperti della città di Napoli che con lui hanno collaborato: il prof Salvatore Panico, referente del Progetto DIANA-5, che studiano con basi scientifiche la possibilità di una relazione tra il nostro modo di vivere e di cibarci ed il rischio di tumore e con Francesco Perrone che coordina presso l’Istituto Nazionale dei Tumori l’attività di progettazione, conduzione, analisi e pubblicazione di sperimentazioni cliniche prospettiche, monocentriche o, per lo più, multicentriche e che riguardano principalmente i tumori della mammella, del polmone, epatocarcinoma, i tumori della sfera genitali femminile e altri tumori dell’apparato digerente. Ma il nostro Servizio sanitario nazionale fa abbastanza per diffondere la consapevolezza della correlazione fra alimentazione, stili di vita e tumori, anche in vista della riduzione dei costi del sistema stesso? “Il Ministero della Salute – spiega Perrone, dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli – promuove innumerevoli iniziative per la prevenzione, inclusi gli stili di vita, come fumo di sigaretta, abuso di alcol, obesità che possono essere causa o concausa di malattie croniche, tra cui i tumori. Diverso è chiedersi se il molto che viene fatto è abbastanza o, ancor meglio, se funziona. Per diffondere “consapevolezza nei cittadini” non bastano solide basi scientifiche. È necessario che tutti gli attori del sistema e soprattutto i mass-media e i canali di comunicazione di massa veicolino messaggi utili e positivi e non, come spesso accade – vedi il caso della disinformazione sui vaccini – confondenti e fuorvianti. Per ogni messaggio sbagliato occorrono centinaia di messaggi corretti e non è detto che riescano a risolvere il danno fatto da quello sbagliato”. Il progetto “Donne che Sanno” prevede un appuntamento al mese (il ciclo di incontri si chiude il 4 giugno), con eventi che coinvolgeranno il territorio e le collettività, per favorire adeguate scelte di benessere.