Tuccillo: Occorre rivedere il nuovo codice degli appalti

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Francesco Tuccillo è il presidente dell’Acen, l’Associazione Costruttori Edili di Napoli. Guida la rappresentanza imprenditoriale dalla fine del 2013. 

Lo abbiamo incontrato negli uffici di Palazzo Partanna per un approfondimento sul discusso codice degli appalti.

Presidente Tuccillo, di recente è stata messa a punto la riforma degli appalti pubblici. Ci spiega quali sono le principali novità?

Il nuovo codice degli appalti ha riformato le regole sotto molteplici aspetti, tant’è che ha rivisto sia le caratteristiche che devono possedere le imprese per l’accesso ad una gara pubblica che le modalità per l’individuazione della migliore offerta. Il codice è intervenuto, inoltre, sul livello di progettazione da porre a base di gara e sulle modalità di esecuzione del contratto. 

Quindi, un cambiamento radicale.

Si, un cambiamento profondo perché le novità incidono sui temi centrali dell’iter di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. 

Proviamo a entrare nel dettaglio. Quali sono, secondo lei, le novità più incidenti sul mercato delle opere pubbliche?

Per quel che riguarda le caratteristiche delle imprese, il nuovo codice limita, e non di poco,  il periodo utilizzabile per la dimostrazione della cifra d’affari in lavori necessaria per qualificarsi e dunque accedere alle gare. 

Prima cosa accadeva?

Il sistema tutto sommato è rimasto analogo ma è cambiato il periodo di riferimento. Oggi il periodo è più breve. 

Ha fatto riferimento anche ai criteri di individuazione della migliore offerta?

Sì. Con il nuovo codice il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che prevede la ponderazione oltre che dell’elemento economico anche di quello qualitativo, è diventato la regola. 

In termini più semplici?

La possibilità di ricorrere al criterio del prezzo più basso è stata fortemente limitata, perché utilizzabile solo per gli appalti di importo inferiore ad un milione di euro. 

Diceva anche che il nuovo codice è intervenuto sul livello di progettazione a base di gara. Questo cosa comporta?

La riforma impone che negli appalti ordinari la stazione appaltante sia munita – per poter attivare la procedura di affidamento – di un progetto esecutivo. E’ caduta la possibilità di porre a basa di gara un progetto preliminare o, in alternativa, un progetto definitivo.

Novità sono intervenute anche sulle modalità di esecuzione del contratto. Cosa significa?

Significa che il codice ha fortemente limitato il ricorso al sub-appalto, ponendo un limite quantitativo alla possibilità di sub-appaltare che va, tra l’altro, in contrasto con i principi comunitari. Sempre sul tema, poi, il codice impone l’indicazione in gara dei nominativi dei futuri ed eventuali appaltatori.

Un complesso impianto, mi pare. Come lo giudica?

Inutile nascondere critiche e perplessità, che ho già manifestato e che approfitto dell’intervista per ribadire, visto che hanno un impatto notevole su imprese e mercato delle costruzioni.

Ci faccia capire.

Quanto ai requisiti di accesso, il periodo di riferimento richiesto per l’Attestazione Soa scende da 10 a 5 anni e quello ai fini della partecipazione alle gare di importo superiore ai 20 milioni di euro scende invece dai 10 ai 3 anni. Le nuove indicazioni temporali pregiudicano fortemente le imprese che già si trovano a dover attutire i colpi di una dura crisi che ha comportato una forte contrazione del mercato negli ultimi anni. Le stesse imprese, dunque, che hanno lavorato poco, oggi in ragione di tale contrazione – senza alcuna responsabilità – vedono preclusa la possibilità di partecipare a future gare.

Una situazione paradossale, mi pare.

Aggiunga che riguardo ai criteri di aggiudicazione, la riforma attribuisce un eccessivo spazio agli elementi qualitativi, divenendo quasi “pregiudizievole”, poiché allunga i tempi della gara e incrementa la discrezionalità, in alcuni casi, in modo ingiustificato. Al contrario, il criterio del prezzo più basso, con esclusione automatica delle offerte anomale, ha il vantaggio di eliminare questi due inconvenienti.

Quindi contesta l’introduzione dell’offerta economicamente più vantaggiosa?

No. Condivido l’introduzione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma occorrerebbe prevedere delle modifiche. Mi riferisco ai bandi per gare di importo inferiore alla soglia comunitaria (5 milioni di euro). In questo caso andrebbe evitato il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa, perché ora anche le piccole imprese sono  costrette a sostenere costi per la presentazione di migliorie tecniche, non sempre giustificate rispetto alla natura del progetto. Sarebbe stato meglio escludere questo principio per le gare di minore entità, conservando per queste ultime l’esclusione automatica delle offerte anomale con l’applicazione del criterio “anti turbativa”. Credo che questo sia uno degli elementi più “deboli” della riforma.

Presidente, prima ha fatto riferimento anche alle novità relative al livello di progettazione a base di gara. Le sembra una novità utile al sistema delle opere pubbliche in Italia?

Un’altra, ragionata critica mossa al nuovo impianto normativo riguarda la necessità di presentare progetti esecutivi in anticipo da parte della Pubbliche amministrazioni, prima ancora di richiedere il finanziamento. E’ importante precisare che i costruttori non sono contrari ad andare in gara con progetti esecutivi, ma forse bisognava fare in modo che le Pubbliche amministrazioni fossero premunite dei progetti, che possano ritenersi di livello esecutivo. Purtroppo, invece, con l’entrata in vigore della riforma abbiamo registrato prima un importante blocco, poi significativi cali nella pubblicazione di gare di opere pubbliche.

Novità sono intervenute anche in materia di sub-appalto.

Il limite del 30% complessivo alla possibilità di affidare in sub-appalto pregiudica notevolmente l’autonomia imprenditoriale visto che ogni operatore economico dovrebbe poter organizzare, in base alle esigenze del cantiere, i singoli fattori della produzione. Tale possibilità viene a cadere a fronte di una previsione così drastica e rigida.

Allo stesso modo, la necessità di indicare in gara il nominativo di ben tre subappaltatori costituisce un elemento di rigidità e di rallentamento, sia per le imprese, che talvolta hanno difficoltà a individuare operatori economici idonei, che per le stesse stazioni appaltanti. Tale regola, dunque, può purtroppo tradursi in un’ulteriore complicazione senza che dia luogo ad un reale beneficio in termini di trasparenza nella gestione delle commesse.