Trump in difficoltà

Nelle ultime settimane Donald Trump ha accumulato uno dopo l’altro troppi errori e troppe gaffe per lasciare il partito repubblicano indifferente: i leader del GOP (Grand Old Party)sono intervenuti e il miliardario senza freni è stato costretto, almeno in parte, a cambiare linea . Ma la “toppa” non sembra bastare: il suo temperamento continua a tradirlo. Così l’ostilità dei repubblicani verso il loro candidato alla Casa Bianca sta crescendo. Domenica scorsa, la grande rete televisiva ABC apriva il notiziario della sera con questo titolo: “Trump in pericolo?”. Sempre domenica, si poteva leggere sulla prima pagina del New York Times di tentativi affannosi di numerosi leader repubblicani per “scappare dall’ombra di Trump”. Da un vantaggio di quattro punti su Hillary Clinton alla fine della convenzione repubblicana (che si è chiusa a metà luglio) il consenso di Trump è calato velocemente. Il sorpasso in nemmeno una settimana. Poi giorno dopo giorno, la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti ha aumentato il suo margine positivo ed è ora in testa di una decina di punti. Trump, intanto, continua imperterrito a rivolgere alla sua rivale attacchi personali, senza un serio contenuto politico. E’ arrivato perfino a mettere in dubbio, usando termini pesantissimi, il suo stato di salute mentale. E se questo si sta dimostrando un errore politico, la gaffe più clamorosa, invece, l’ha fatta scagliandosi contro il padre di un soldato caduto in Iraq. Il signor Khizr Khan, musulmano, aveva parlato alla convenzione democratica, al suo fianco la moglie che non è intervenuta. Un discorso che ha commosso gran parte dell’America, ma non Trump: “Avete visto i musulmani, loro parlano e le donne devono stare zitte ed obbedire. Se diventerò presidente, nessun musulmano avrà più il visto per entrare nel nostro Paese”. Apriti cielo. Trump è riuscito a far indignare molti leader e sostenitori del suo partito, la comunità musulmana e soprattutto le Forze Armate, dagli alti comandi alle ultime leve. Il partito repubblicano ha sempre raccolto grandi consensi tra i militari. Poi il consenso dato a Putin e l’implicito elogio, quasi una sollecitazione, agli hacker che hanno violato gli account del partito democratico. Questo è troppo, è stata la reazione diffusa. Addirittura appellarsi all’ingerenza di un paese straniero per questioni di politica interna , no, proprio non va. E’ riuscito a far arrabbiare anche l’ex sindaco di New York , Rudy Giuliani, suo grande amico e sostenitore. E che lo scollamento tra Trump e il partito sia grave, è dimostrato dal fatto che in un primo tempo aveva detto no, poi gli è stato imposto di appoggiare la candidatura dello speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan, per il prossimo rinnovo del Congresso. Mancano meno di tre mesi al voto per la Casa Bianca. Tutto può accadere, anche che Trump – ipotesi difficile, ma non impossibile – sia costretto a rinunciare, oppure che in quest’ “ultimo miglio “ sia così abile da recuperare con il suo partito e con l’elettorato.