Trasformazioni e aumento dei prezzi: le Pmi italiane sono messe a dura prova

121

di Ugo Calvaruso

Durante gli ultimi anni la pandemia ha innescato diversi processi di trasformazione, che in alcuni periodi hanno dato vita ad andamenti della domanda e dei settori produttivi inusuali, caratterizzati da oscillazioni insolite e spesso imprevedibili.
Bisogni, stili di vita, modi di lavorare, e non solo, hanno subito molti cambiamenti radicali, i quali si stanno affermando. Alcuni settori hanno risentito di più queste trasformazioni o questi andamenti (come quello turistico o quello della mobilità), altri invece hanno avuto molte opportunità per ampliare i loro mercati (quali l’informatica e l’e-commerce). In ogni caso, le piccole e medie imprese (pmi) sono gli attori economici che, più di tutti, stanno continuando a subire non solo i cambiamenti della domanda e le evoluzioni dei settori, ma anche le pressioni date dalle competitività globale, sempre più complessa, dall’incertezza e dall’aumento dei prezzi. Nonostante la ripresa sia descritta, in molti casi, come “dietro l’angolo”.
Durante i mesi di lockdown del 2020 c’è stato un crollo vertiginoso del commercio mondiale, in particolar modo dei settori industriali, anche se già all’inizio del 2021 è iniziato un netto recupero. In questa prima fase, la produzione manifatturiera e le imprese integrate nelle catene globali del valore hanno avuto una forte ripresa.
Questa ripresa improvvisa della domanda e del commercio mondiale, però, ha colto di sorpresa molte filiere, causando da un lato una saturazione della loro capacità produttiva (a causa della crescita improvvisa) che sta generando un aumento dei prezzi; e, dall’altro lato, molte imprese, soprattutto quelle più piccole, non riescono a stare dietro ai diversi cambiamenti in atto, in quanto hanno l’esigenza di investire una certa somma di capitale per poter rimanere competitive sul mercato.
Innanzitutto, l’improvvisa ripresa della domanda sta generando rallentamenti per le fasi a monte delle catene del valore globali, ossia le imprese che estrapolano e lavorano le materie prime (come nel caso del petrolio e del gas). Segnali di eccesso di domanda sono emersi anche nel caso di diversi semilavorati, come i semiconduttori, che sta generando ritardi nella produzione, soprattutto in differenti settori quali quello dell’automotive.
L’aumento dei prezzi delle materie prime, come quello del gas, e dei semilavorati, quali i semiconduttori, sta determinando un aumento generale dei prezzi. Ad esempio, l’aumento del prezzo del gas determina anche l’aumento del prezzo dell’energia elettrica. I costi per le imprese si fanno perciò sempre più alti e le piccole imprese risentono particolarmente di questa situazione. Anche perché le pmi hanno la necessità di investire in tecnologie, cambiamenti organizzativi e nuovi modelli di business per riuscire a rimanere sul mercato. Inoltre, i pochi investimenti pubblici e gli elevati carichi fiscali, che hanno caratterizzato l’Italia negli ultimi decenni, hanno generato una situazione complessa, in particolar modo per le nostre micro-imprese o piccole imprese, dando vita a una condizione di ritardo rispetto ai nostri principali competitor.
Questo ritardo non può essere semplicisticamente interpretato sul piano tecnologico. Perché, quando si parla di digitalizzazione bisogna comprendere l’importanza di investire non solo sulle tecnologie, le quali sono un fattore abilitante, ma anche e soprattutto sulla progettazione di cambiamenti organizzativi e sulla capacità di ridisegnare nuovi modelli di business. Questo implica anche formare e assumere nuove professionalità e, forse, anche creare ecosistemi produttivi e di servizi all’interno del nostro Paese.