La settimana appena iniziata si propone come uno dei tanti colli di bottiglia che l’umanità ha già dovuto attraversare nel corso dei secoli. Lunedì 9, sulla piazza Rossa di Mosca, sfila la tradizionale parata militare per ricordare la vittoria dell’esercito russo su quello tedesco nazista, ponendo cosi fine alla guerra. Quest’anno più che mai il ministero della difesa di quel paese intende fare sfoggio della potenza e della modernità della macchina bellica di cui dispone. Altrettanto importante si prevede che sia il contenuto del discorso del presidente Putin, da seguire con attenzione, per poter tentare di carpire dichiarazioni autentiche sul prosieguo della guerra. A distanza di poche ore, precisamente martedì mattina, inizierà la visita del Premier Draghi a Washington. Sarà a colloquio con Biden e i due dovranno trovare tra l’altro una vera e propria intesa duratura nel tempo, non un accordo spot, per la fornitura di gas liquefatto all’ Italia. Il Premier italiano farà così da apripista ai rappresentanti degli altri paesi della EU che è prevedibile lo seguiranno. Si formalizzerà di conseguenza lo svincolo che nella sostanza è già in atto, quello dalla dipendenza dei paesi del Vecchio Continente dalla Russia, sia per la fornitura di gas che di petrolio. Quindi l’intesa Italia USA sarà propedeutica alla frattura definitiva tra i due blocchi geopolitici al di qua dell’oceano per gravi e insanabili diversità di vedute. Tale accordo dovrebbe concretarsi entro quest’anno. Ciò significa, riferendosi specificamente all’Italia, che prenderà corpo un new deal della politica energetica diametralmente opposto all’attuale. Esso accompagnerà il Paese senza particolari disagi all’ appuntamento con la fase di inizio dell’utilizzo a titolo principale di energia ottenuta da fonti energetiche rinnovabili. La sostituzione dell’uso dei due tipi di energia avverrà gradatamente. Ciò permetterà l’aggiustamento in corso d’opera delle disfunzioni che quasi certamente si presenteranno nella prima fase del cambiamento. Dovrebbero così essere eliminati i vari “oneri impropri” e i diversi condizionamenti che di solito si verificano quando un cliente è legato in maniera molto stretta a uno o a alcuni fornitori. Per quanto concerne l’ invio di gas all’ Italia come al resto d’ Europa, si formalizzeranno così le premesse per lo svincolo che nella sostanza è già in atto, quello dalla dipendenza dei paesi del Vecchio Continente dalla Russia. Sarà propedeutica al divorzio per gravi diversità di carattere che sarà ratificato entro il prossimo anno. Perché divorzio. Anche se non è piacevole ammetterlo, la clasi che si è già creata tra occidente e oriente, già ora delle dimensioni di un baratro, continuerà a allargarsi. Se, come sembra di capire, le dimensioni del conflitto sono destinate a crescere, lo strumento meno cruento e più efficace per contrastare questa prospettiva è chiudere i rubinetti di quella conduttura che ogni giorno porta a Gazprom un fiume di denaro. Con esso il Cremlino paga i conti che presenta tutti i giorni la macchina bellica. Sarà molto dura per Putin e Lavrov chiedere finanziamenti sui mercati internazionali, quando la capacità di onorare i rimborsi alle scadenze pattuite sarà stata fortemente ridimensionata.Il tempo, in tale vicenda, gioca un ruolo molto importante. Va senza dire, quindi, che il fervore con cui i paesi del Vecchio Continente si stanno muovendo sia da apprezzare senza alcun dubbio. Come si ridurrà l’import dalla Santa Madre – tanto per ridere -da parte degli inquilini della Casa Comune, così è destinato a diminuire l’export europeo verso quel paese. Non sarà una perdita di poco conto, in quanto quel tipo di vendita riguarda il Made in Italy di alta gamma che rappresenta il sogno proibito di ogni russo arrivato. Altri mercati stanno aprendosi sempre più a oriente e quindi l’imprenditoria privata che riesce a superare tanti ostacoli dai quali va esclusa la guerra, cercherà altrove nuovi sbocchi commerciali. A monte di tutti i problemi, anche se ancora non si è evidenziato in tutta la sua negatività, sono i genitori della diabolica creatura che presto darà filo da torcere al mondo intero. È una specie di animale mitologico, metá PIL che va diminuendo sempre più e metà inflazione galoppante. A amalgamare il tutto soccorre il debito che fa anche da catalizzatore. Bretton Woods è lontana e non sembra che all’orizzonte si riesca a scorgere un Keynes di questi tempi. Dando per buono tutto ciò che gli studiosi degli argomenti economici e sociali hanno affinato negli ultimi anni, si riuscirebbe a tenere almeno parzialmente sotto controllo la pesante crisi che sta stringendo il pianeta come un serpente boa. Sono le guerre, non solo quella in Ucraina, ma le tante quasi invisibili, disseminate in ordine sparso in diversi continenti, che stanno compiendo stermini inaccettabili, specialmente in un evo che si suole definire moderno. Accanto agli eccidi viene compiuta la distruzione sistematica del patrimonio, sia pubblico che privato, sia civile che militare. Per non dire che talvolta sotto le bombe o le cannonate finiscono edifici di culto e loro frequentatori. Questo tipo di distruzione va considerato come un doppio danno, di cui metà è rappresentato dal valore del bene andato distrutto, l’altra metà da quanto occorre per ricostruirne uno che lo sostituisca. Perché la marcia del progresso riprenda partendo con il piede giusto, è indispensabile che i tamburi di guerra cessino di rullare una volta e per sempre. “Magari fosse vero” era un brano di una canzone di tanti anni fa, cavallo di battaglia di Patty Pravo. Mai perdere le speranze, comunque. Tanto non costa niente.