Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 2 ottobre all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Quando Aldo Moro inventò le “convergenze parallele”, generale fu lo stupore. Non pochi politologi si chiesero: ma se si tratta di “parallele”, quando, dove e come potranno determinarsi “convergenze”? A quel tempo democristiani e socialisti riuscirono a dimostrare che il parallelismo consisteva nei comuni punti programmatici che consentivano ai due partiti di impegnarsi in una positiva azione di Governo. A distanza di molti decenni, abbiamo due Rapporti (presentati entrambi nell’anno in corso) sulla condizione dell’Europa, che sono nello stesso tempo “paralleli e convergenti”. Diverse le terapie proposte, ma convergente è il proposito -annunciato con forza e determinazione- di dare ai 27 Stati dell’Unione una nuova prospettiva di crescita e di protagonismo sullo scacchiere internazionale.
RAPPORTO DI ENRICO LETTA. Il pisano ex premier (a Palazzo Chigi dall’aprile 2013 al febbraio 2014) si spoglia dell’appartenenza politica (Pd) e assume, nel giugno scorso, la veste di esperto economico-finanziario. Primo atto il completamento del Mercato Unico Europeo per “attrarre nuove risorse e non disperdere quelle disponibili”. Nello stesso tempo, rilevante il finanziamento della doppia transizione verde e digital. Una nuova politica di coesione dovrà tempestivamente correggere gli squilibri territoriali determinati dalle direzioni che sono state intraprese: dal sud verso il nord e da est verso l’ovest dove “il costo della vita è impazzito”. In sostanza, un equilibrato sviluppo con una Europa “meno verticale e burocratica” nelle decisioni che andrà a prendere e rendere esecutive.
RAPPORTO DI MARIO DRAGHI. Romano di nascita, l’ex premier (a Palazzo Chigi da febbraio 2021 a ottobre 2022), gode di una “cittadinanza internazionale” conferitagli ad honorem per gli incarichi di Governatore della Banca d’Italia e presidente della Banca Centrale Europea. Di cultura e formazione liberal-democratica, si è accreditato come tecnocrate che congiunge profondità di studi economico-finanziari e lucida visione di programmazione politica. Il suo Rapporto di settembre è un allarme sul destino dell’Europa le cui famiglie “hanno pagato la perdita del tenore di vita”. Il calo produttivo ha reso più ampia la distanza con gli Stati Uniti quanto a tecnologie emergenti capaci di guidare la crescita futura. Occorrerebbero investimenti pari a 2 piani Marshall. L’Europa si proponga “attore indipendente” sulla scena mondiale rafforzando la propria sicurezza e riducendo le dipendenze.
OMBRE MINACCIOSE SU PALAZZO CHIGI.E’ qui che l’orizzonte politico si offusca nascondendo insidie che potrebbero, nel breve tempo, essere d’intralcio all’azione del Governo. Potrebbero ricadere pesantemente sulla premier le conseguenze delle non coincidenti visioni europeiste e atlantiche dei suoi due “soci”: Tajani perché, pur facendo parte dei popolari europei che contestano duramente l’aggressione di Putin, sulla questione Ucraina non si sbilancia troppo: nega l’uso delle armi, fornite all’aggredito, per colpire in territorio russo sedi e depositi dell’armamento che sta colpendo criminalmente ospedali, scuole, centri di aggregazione sociale. A Salvini, comunque, il primato della pericolosità, dei doppi giochi e dell’ipocrisia. Guarda da succube al sovranismo di Orban che, sotto la maschera della democrazia, ha creato di fatto la “democratura”: un regime politico antieuropeista e antiatlantico, autoritario e subalterno a Putin. Una situazione così quanto potrà reggere? Quanta la credibilità per Giorgia quando all’assemblea generale afferma che l’Onu non deve essere “il club dei documenti inutili” e che la collaborazione fra gli Stati “va perseguita in modo nuovo?”.
FINANZIARIA MOLTO STRETTA. Ogni legge di bilancio è un redde rationem. Quest’anno ancora di più perché le risorse sono inadeguate ai bisogni. Eppure la Meloni dice, apprezzabilmente, di non voler “lasciare indietro nessuno”. Singolare congiuntura. Veniamo informati che, dopo Stati Uniti e Germania, l’Italia è terza al mondo per riserva aurea: un tesoretto da 2.452 mila tonnellate d’oro. Come dire: 3 mila euro per abitante. Tuttavia vi fa riscontro un dato poco consolante: ogni bambino che nasce ha già sulla testa un debito di 45 mila euro.
CULLE VUOTE. E’ forse per questo debito che le donne italiane (ma non solo) non vogliono più fare figli? Che non siano invece proprio i bambini, avendo saputo anzitempo di questo debito che li attende (e per il quale l’Agenzia delle Entrate non esiterebbe a farsi subito avanti), non vogliono più nascere? Vittorio Feltri a papa Francesco: ”Se non ci sono più bambini nelle culle e nelle case, non è certamente colpa di cani e gatti che gli adulti sembrano preferire.Le cause sono altrove”.