Oltre ai drammi causati dai vari conflitti in corso su tutto il pianeta, nell’ultimo triennio altri scombussolamenti più che consistenti si sono evidenziati con prepotenza, ampliando a dismisura diversi e altrettanto gravi problemi già presenti sul campo prima che esplodesse la pandemia. Si tratta dell’evasione fiscale e, altrettanto vetusta, della speculazione finanziaria. Il primo dei due fenomeni si lega a doppio filo con il secondo, anche perché chi mette in atto i suoi propositi criminosi, fa uso dell’una in funzione dell’altra, essendo ben interscambiabili nei ruoli. Una premessa, ripetuta fino alla noia e non pertanto inopportuna, è che il problema della limitazione dell’uso del contante troverebbe la giustificazione, seppure non proprio diretta, nella lotta all’evasione fiscale. É noto che quella forma di finanziamento dello Stato che è la fiscalità può essere non corrisposta in molti altri modi, compreso l’uso predominante delle monete elettroniche, che permettono di saldare operazioni concluse non alla luce del sole, senza lasciare la possibilità di poter essere rintracciate. Esse sono come fantasime che possono, a semplice richiesta di chi vuol farne uso, comparire per poi, una volta completata la transazione, scomparire con altrettanta facilità. Particolare importante è quello già accennato, che il tutto non lascia traccia.
Si può così tranquillamente affermare che il delitto perfetto o quasi, al momento può essere commesso senza particolari difficoltà. Questo stato di cose continuerà indisturbato fin quando non sarà data ex lege una regolamentazione a quella aria fritta, comunque preziosa. Proprio per quella sua qualità, al momento l’uso di quello pseudo denaro sta aumentando sempre più velocemente, non essendo contrastato. Ritornando alla evasione fiscale, è necessario approfondire quanta differenza intercorra, in termini reali, con l’elusione. Ci si rende conto così che, oltre ogni tipo di comportamento illegale che sottrae risorse all’ erario, ne esistono altri borderline ma ricadenti ancora nell’ambito di quanto regolamentato dal Codice Civile al riguardo. Lasciano quelle norme dei vuoti per coloro che se ne fanno scudo per evitare, al limite della legalità, di corrispondere denaro sostanzialmente dovuto alle casse dello stato. Uno dei più adottati di tali espedienti è quello di farsi riconoscere la qualità e quindi il titolo di contribuente nei cosiddetti “paradisi fiscali”. Pur essendo tale tipo di comportamento arcinoto ai governi di tutti i paesi del mondo, ancora non è stato adottato un sistema efficace, condiviso dagli stessi paesi “ospitali”, che dia una stretta a questo modo di agire ormai profondamente radicato. Non bisogna pensare che aggirare il fisco come appena accennato sia alieno agli altri paesi della Eu e non solo a essi. Uno per tutti dei paesi europei che rientrano nel novero di quelli cosiddetti “tolleranti” è l’Olanda. Già nota, quella nazione, per essere da lungo tempo crocevia internazionale di scambi di ogni genere. Il comportamento dei vari governi che si sono succeduti nei secoli, arrivò a condizionare sensibilmente il pensiero di Adam Smith sul commercio inglese destinato all’esportazione.
Oggi, oltre al trattamento decisamente di favore fiscale agli operatori economici, riserva loro altrettanta tolleranza nel campo dell’attività finanziaria. È compresa in essa anche quella che si poggia sulla speculazione vera e propria, quella cioè completamente avulsa dall’economia reale. È quella stessa un’ attività speculativa che si alimenta di plusvalenze e null’altro, per lo più operando con i sistemi innanzi accennati. Di conseguenza anche essa viene assoggettata alla contribuzione in maniera sensibilmente ridotta. Quanto descritto dà un’ idea, seppure vaga, di quanto sia importante, insieme a altre questioni non ancora definite, che al più presto la Eu si doti di strumenti fiscali omogenei perché non si verifichino ancora situazioni del genere. Solo in seguito a tanto i paesi che la compongono potranno percuotere i contribuenti che la compongono con condizioni che alla fine diano luogo a prelievi di uguale portata in ognuno di essi. Che il fisco sia per ipotesi inviso ai contribuenti è storia vecchia, tant’è che nell’antica Roma l’attività dell’Erario era definita percussione. Un principio più moderno regolante l’attività del fisco, è quello basato sul fare in modo che avvenga la corresponsione alle casse dello stato di una parte del reddito introitato in un determinato periodo temporale, solitamente l’anno solare, in maniera equa e trasparente. In Italia tale principio è stabilito dalla Costituzione. L’apparato legislativo specifico, particolarmente a partire dall’inizio del secolo, non è stato interpretato ancora alla lettera, prestando così il fianco a interpretazioni meno cogenti del dettato che aveva in mente il legislatore. Al momento quindi ciò che reclama precedenza assoluta è che gli italiani producano di più: il resto verrà di conseguenza. Sarà molto difficile ma non pari alla eventualità che il gallo faccia l’uovo, come definiscono gli agricoltori un evento impossibile. È comunque fondamentale che il mondo ricominci a creare ricchezza e, con esso, anche l’ Italia. In mancanza, per non allontanarsi dal range di possibilità in cui agisce quel gallo, sarebbe opportuno che qualcuno si attivasse da subito non per moltiplicare pani, pesci e altro miracolosamente, ma per fare quanto potrebbe raggiungere la produzione quando si dovesse raggiungere la piena occupazione. L’obiettivo è di non facile raggiungimento, comunque non impossibile. È bene però rimboccarsi le maniche subito e cominciare a far da soli. Sembra che quell’episodio vicino all’acqua, vissuto dell’umanità nel tempo che fu, sia destinato a restare un evento unico, senza possibilità di replica.