“Ti ho seguito…ora ti inseguo”, una preghiera laica di Mauro Giancaspro

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di Fiorella Franchini

Esce postumo, per le edizioni D’Amato, “Ti ho seguito…ora ti inseguo” di Mauro Giancaspro, uno degli ultimi intellettuali DOC del panorama culturale partenopeo, scomparso lo scorso aprile. Come sempre, i suoi libri ci disorientano perché nell’apparente leggerezza dei temi e della scrittura, l’erudizione e la riflessione che contraddistinguono i suoi pamphlet e i racconti, ci lasciano un barlume in più di consapevolezza. Stavolta Mauro Giancaspro ha scelto un argomento sul quale si dibatte da duemila anni e che ha impegnato storici e scienziati, credenti e scettici. L’autore scrive a Gesù di Nazareth, alla ricerca della sua umanità più che della sua sacralità. Non un percorso di fede piuttosto la riscoperta, passo dopo passo del significato del suo insegnamento. Il viaggio parte dai ricordi di bambino e rintraccia suggestioni e accadimenti che di volta in volta l’hanno avvicinato o allontanato da un personaggio che ha forgiato la Storia dell’Occidente, ed è un continuo andirivieni di rimandi, di annotazioni, meditazioni. Dal maestro Remo che raccontava gli episodi della vita del Cristo come se fossero le avventure di un supereroe, ai libri incontrati per caso, un volumetto con i quattro Vangeli del 1919 e quelle “letture famigerate” che aumentavano interesse e sorpresa. Un avvicinamento lento dove il percorso vale più del traguardo perché intorno c’è il senso, a volte furtivo, spesso amaro, talvolta confortante, del cammino dell’esistenza. Lo sguardo intimo di Giancaspro ascolta il suono delle campane, scruta il significato doloroso della croce, indaga sulle rappresentazioni sacre della crocifissione ed è una scoperta personalissima e acuta: “L’abbiamo tutti abbracciata la nostra croce, chi più chi meno, più nolenti che volenti, anche senza seguire te” – riflette Giancaspro, strumento terribile di cattiveria e crudeltà umana diventata simbolo di speranza nelle vecchie e nuove persecuzioni. La sua insaziabile curiosità scopre una scultura lignea conservata nel Castello di Xavier in Navarra ed un Cristo morto che sorride, poco dopo, un volto santo appena accennato dentro un cartone unto di un clochard. La missiva non contiene risposte e, con intelligenza non ne chiede. Tuttavia, ovunque Mauro Giancaspro guardi, quest’amico d’infanzia sembra lasciare una traccia nella sua coscienza di uomo e si conferma una persona cara, al di là della fede che deve ancora venire o, forse, ha solo un’altra parvenza. Una preghiera laica che Mauro avrebbe recitato con la sua bonaria ironia  trascinando il lettore dentro un desiderio accattivante di guardare oltre gli stereotipi, per  ritrovare una spiritualità autentica, l’unico messaggio che può davvero dirsi divino, “amatevi l’un l’altro”.

«Una lettura del Vangelo, quella di Giancaspro, fatta da fine bibliotecario, apprezzandone scorrevolezza del testo e attualità della scrittura, ma soprattutto cercando l’uomo Gesù, quell’Uomo straordinario, che sia o non sia il figlio di Dio, capace di essere avanti su tutti gli argomenti e su tutte le idee. Non un percorso di fede, questo scritto, piuttosto la ricerca di un senso dell’esistenza a cui Gesù potrebbe, forse, dare risposta, ma anche non darla, mostrandoci però una maniera di stare al mondo che si avvicina alla felicità». (Maddalena Venuso)

«Mauro Giancaspro, sapete, aveva una scrittura sorridente. Aveva un modo di danzare leggero tra i concetti che era unico. Maneggiava filosofia e religione, etica ed estetica con gli strumenti dei maggiori esperti del ramo e con la consapevolezza del punto di vista di chiunque avesse letto, la capacità straordinaria di chi sapeva che nulla ha senso se non è totalmente divulgabile. Una vita a fare da tramite tra i libri, e i tesori senza fine che in essi erano custoditi, e la folla inconsapevole che ne aveva bisogno e non lo sapeva». (Maurizio de Giovanni)