Terzo settore, reinserimento detenuti: bando da 3 milioni per le regioni del Sud

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Il lavoro come strumento fondamentale di reinserimento sociale di persone detenute. Parte da questa convinzione la terza edizione del bando ‘Evado a lavorare’, promosso dalla Fondazione Con il Sud. L’iniziativa mette a disposizione complessivamente 3 milioni di euro e si rivolge alle organizzazioni di terzo settore di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il lavoro non soltanto restituisce dignità al tempo trascorso in carcere per scontare la propria pena, ma è l’elemento principale che riduce drasticamente le percentuali di recidive che si verificano in quasi il 70% dei casi tra chi non lavora e solo nel 2% tra chi ha vissuto un’esperienza lavorativa, che nello stesso tempo beneficia anche di ricadute positive sull’autostima e sul benessere. Ciò acquista ancora più importanza se si considerano gli allarmanti dati sul fenomeno dell’autolesionismo e dei suicidi in carcere: da inizio 2024 i casi di suicidio sono già 30, il 13% dei quali ha riguardato la fascia di età tra i 16 e i 25 anni. Attualmente, come spiega il Cnel, i detenuti e le detenute che lavorano con un contratto collettivo nazionale sono solamente il 34% (18.654) della popolazione carceraria, di cui 16.181 alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e 2.473 (4% della popolazione carceraria) per imprese o cooperative esterne. Per citare la situazione di due istituti penitenziari del Sud Italia, secondo il XVIII rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione a Poggioreale lavorano solo 280 detenuti sui 2.190 presenti, meno del 13%; ad Agrigento solo 46 su 311 (15%). Considerazioni analoghe possono essere fatte per la formazione. Sempre secondo dati Antigone, i corsi attivati all’interno degli istituti carcerari sono stati 148, meno di un corso per istituto, di cui solo 100 portati a termine. Se nel 1996 si riusciva a coinvolgere l’8,34% dei detenuti presenti, già dal 2016, nonostante la disponibilità di risorse pubbliche per la formazione dei detenuti, viene raggiunto solo il 3%, con una riduzione significativa dell’offerta di formazione professionale nel corso degli ultimi 25 anni.

“I dati, se fosse necessario, ci dimostrano chiaramente quanto il lavoro sia uno strumento imprescindibile per dare una seconda opportunità a persone che hanno scontato o stanno scontando la propria pena”, ha dichiarato Stefano Consiglio, presidente della Fondazione Con Il Sud. “Non solo, l’impegno lavorativo permette di valorizzare o incrementare le proprie competenze, alimentando l’autostima delle persone detenute. Gli obiettivi raggiunti dai 20 progetti che abbiamo finanziato con le 2 edizioni precedenti di questo bando ci confermano questa realtà e rendono ancora più consapevole e convinto il nostro impegno in questa direzione. Un lavoro che, oltre ad essere coerente con la nostra missione, può generare anche un beneficio economico per l’intero Paese: come rilevato dalla Bocconi, infatti, la recidiva di una persona detenuta ‘costa’ alla comunità 154 euro al giorno”.

Il bando si rivolge a partenariati composti da almeno 2 organizzazioni di terzo settore oltre a ogni struttura penitenziaria competente in base alla tipologia di intervento proposta e alla situazione delle persone coinvolte. Potranno prendere parte alla partnership anche istituzioni locali, scuole, associazioni di categoria, centri per l’impiego e soprattutto imprese appartenenti al tessuto imprenditoriale locale e nazionale.

Saranno sostenute iniziative capaci di favorire concreti processi di reinserimento sociale e lavorativo per persone in esecuzione penale, favorendone la progressiva autonomia e, con l’intento di dare piena attuazione alla funzione rieducativa della pena e ridurre i tassi di recidiva nel lungo periodo, promuovendo allo stesso tempo percorsi di responsabilizzazione della comunità, reti di sostegno accoglienti e inclusive e iniziative di riparazione. Tutte le iniziative finanziate dovranno includere la componente occupazionale quale strumento di riscatto e inclusione sociale dei detenuti anche attraverso l’attivazione o il potenziamento di servizi volti a garantire un’adeguata connessione dentro-fuori il carcere. I progetti dovranno mettere al centro le persone in esecuzione penale e porre attenzione anche a tutte le altre dimensioni rilevanti della loro vita (es. abitativa, sanitaria, legale, …) promuovendo l’acquisizione di competenze e il rafforzamento delle relazioni affettive, funzionali a garantire l’efficacia dei percorsi di reinserimento. L’iniziativa si articola in due fasi: la prima finalizzata alla selezione delle proposte con maggiore potenziale impatto sul territorio di intervento e la seconda di progettazione esecutiva, volta ad arricchire la proposta, anche mediante la modifica del partenariato e di aspetti critici rilevati nella valutazione iniziale.