Territorio, la denuncia di Legambiente: 100mila cittadini in zone a rischio

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Solo a Napoli oltre 100.000 cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. In Campania sono 504 (oltre il 91% del totale) le Amministrazioni comunali in cui sono presenti aree a pericolosità da frana e aree a pericolosità idraulica per una superficie complessiva di 3338,2 chilometri quadrati corrispondente al 24,4% dell’intera regione. Numeri e dati aggiornati sul rischio idrogeologico in Campania sono stati presentati da Legambiente nel dossier Ecosistema Rischio 2016, l’indagine sulle attività nelle Amministrazioni comunali ”per la mitigazione del rischio idrogeologico”, realizzata sulla base delle risposte fornite dalle Amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrate aree a rischio idrogeologico (i dati si riferiscono quindi ai 61 comuni della Campania che hanno risposto al questionario pari al 14% circa dei comuni a rischio della regione). 
L’84% del campione dei comuni intervistati, sottolinea una nota, ”ha nel proprio territorio abitazioni in aree a rischio idrogeologico e il 44% presenta interi quartieri in tali aree”. Inoltre, per il 30% delle amministrazioni intervistate sono presenti in zone esposte a rischio di frana o alluvione strutture sensibili come scuole o ospedali e per il 30% sono state costruite in zone a rischio strutture ricettive turistiche o commerciali. L’urbanizzazione delle aree a rischio non è solo un fenomeno del passato: secondo l’indagine di Legambiente nel 8% dei Comuni intervistati sono stati realizzati edifici in aree a rischio anche nell’ultimo decennio. ”Solo il 2% delle Amministrazioni ha intrapreso interventi di delocalizzazione di edifici abitativi e l’3% di fabbricati industriali. In ritardo anche le attività finalizzate all’informazione dei cittadini sul rischio e i comportamenti da adottare in caso di emergenza: il 62% dei Comuni ha un piano di emergenza che prende in considerazione il rischio idrogeologico ma solo il 44% lo ha aggiornato e solo il 31% dei Comuni intervistati ha svolto attività di informazione e di esercitazione rivolte ai cittadini”. 
Nella nostra regione, così come in gran parte d’Italia, la responsabilità dei disagi, dei danni, della melma e del fango che mettono a repentaglio vite umane e mettono a rischio case e strade, va ricercato soprattutto in anni di malgoverno, nell’assenza di controlli, nella mancanza di una politica di prevenzione e monitoraggio del territorio, nella devastazione e cementificazione di vastissime aree – dice Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania – La gestione accurata e sistematica del territorio e la formazione e informazione ai cittadini sui comportamenti da tenere in caso di frane e alluvioni, devono essere una priorità politica. Piuttosto che rassegnarsi alle tragedie annunciate – prosegue Chiavazzo – serve dunque muoversi su due fronti. Il primo, di tipo immateriale con efficacia immediata, a costi sostenibili e attuabile in tutte le aree a rischio, in grado di far salve le vite umane, consistente nella messa a regime di sistemi di previsione, allerta e allontanamento, attraverso presidi territoriali, piani di prevenzione, informazione/addestramento delle comunità coinvolte. Il secondo, di tipo strutturale con efficacia nel medio-lungo termine, con costi da programmare nel tempo, a valle di una seria pianificazione, prevedendo prioritariamente la delocalizzazione delle strutture a rischio”. 
Nell’indagine di Legambiente si legge che il 54% dei comuni intervistati ha dichiarato di svolgere regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d’acqua e delle opere di difesa idraulica; nel 61% dei comuni campione sono state realizzate opere di mitigazione del rischio. Nel 30% dei Comuni che hanno partecipato all’indagine sono presenti e attivi sistemi di monitoraggio finalizzati all’allerta in caso di pericolo. Il 56% dei Comuni riferisce di aver recepito il sistema di allertamento regionale. Soltanto il 31% ha affermato di aver organizzato iniziative dedicate all’informazione dei cittadini, e solo il 15% di aver realizzato esercitazioni per testare l’efficienza del sistema locale di protezione civile.