Terremoto di Ischia, Ingv e Cnr formulano un modello di sorgente

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in foto una palazzina di Ischia parzialmente crollata per il sisma

di Paola Ciaramella

Uno studio condotto dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), in collaborazione con l’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio nazionale delle ricerche (Iamc-Cnr), ha permesso di formulare un modello di sorgente del terremoto di magnitudo 4 che, alle 20.57 del 21 agosto 2017, ha colpito l’isola di Ischia, nella parte alta del comune di Casamicciola Terme, a una profondità di circa 1.2 km. I risultati di “The 21 August 2017 Md 4.0 Casamicciola Earthquake: First Evidence of Coseismic Normal Surface Faulting at the Ischia Volcanic Island” – questo il titolo del lavoro – sono stati pubblicati di recente sulla rivista Seismological Research Letters. Negli ultimi tre secoli, Casamicciola Terme è stata colpita da numerosi terremoti vulcano-tettonici – nel 1762, 1796, 1828, 1881 e 1883 –, con area epicentrale simile a quella dello scorso anno. Dopo il terremoto del 1883 – il più distruttivo, con un’intensità pari all’XI grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, che causò la morte di 2343 persone e la perdita dell’80% del patrimonio edilizio –, con l’evento dell’agosto 2017 i dati della sismicità storica, le osservazioni macrosismiche e le informazioni strumentali sono stati integrati con la mappa dettagliata degli effetti geologici cosismici riscontrati. I rilievi degli effetti geologici al suolo provocati dal terremoto sono stati effettuati, a partire dal giorno successivo al sisma, dal gruppo Emergeo (Emergenza geologica) dell’Ingv, “nell’area epicentrale, ovvero nel settore settentrionale dell’isola di Ischia, dove si è concentrato il maggiore danneggiamento macrosismico”, spiega Giuliana Alessio, della Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano dell’Ingv. Sono state raccolte oltre 100 osservazioni “relative ai diversi effetti geologici cosismici, come fratture e rotture riconducibili alla propagazione in superficie della faglia in profondità, e frane nei depositi vulcanoclastici, nonché crolli di muretti a secco come effetti secondari dovuti allo scuotimento del terreno”. Elementi che hanno reso possibile la formulazione del modello di sorgente. “La geometria e la regolarità dell’andamento delle fratture – aggiunge Rosa Nappi, ricercatrice nello stesso istituto – ha consentito di affermare che la faglia responsabile del terremoto del 21 agosto, collocata ai piedi del versante settentrionale del Monte Epomeo, è orientata in direzione Est-Ovest, con lunghezza di circa 2 km, e potrebbe avere le stesse caratteristiche e localizzazione di quelle che hanno generato i terremoti catastrofici del 1881 e del 1883. I dati rilevati evidenziano che il blocco ribassato dalla faglia è proprio l’area a Nord del Monte Epomeo”. “Questa ricerca mette in evidenza non solo il lavoro del gruppo Emergeo ma anche l’importanza della collaborazione tra Eenti di ricerca – conclude Sabina Porfido, dell’Iamc-Cnr di Napoli –, favorendo la raccolta, l’analisi e l’interpretazione dei dati geologici cosismici, mai rilevati prima nelle aree vulcaniche campane”.