La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato lo Stato italiano per la sua inazione di fronte allo scarico, al sotterramento e all’incenerimento di rifiuti, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, nella Terra dei Fuochi, nei pressi di Napoli. Sversamenti che hanno provocato nella popolazione un grave aumento dei casi di cancro nell’area interessata, roghi di rifiuti tossici e l’inquinamento delle acque sotterranee. La Cedu ha stabilito che l’Italia deve introdurre, entro due anni, una strategia correttiva. Il ricorso alla Corte è stato avanzato da 41 cittadini italiani residenti nelle province di Caserta o Napoli e cinque associazioni campane assistiti, tra gli altri, dall’avvocata Centonze del Foro di Nola, dall’avvocata Antonella Mascia del Foro di Verona, dall’avvocato Ambrogio Vallo del Foro di Napoli Nord e dall’avvacoto Armando Corsini del Foro di Napoli.
Sentenza di portata storica
“È una sentenza di portata storica”. Così l’avvocato Valentina Centonze che ha istruito il caso sul quale si è pronunciata la Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui “le autorità italiane non hanno adottato misure per proteggere gli abitanti della Terra dei Fuochi, in Campania”. La sentenza, spiega a LaPresse Centonze, “è storica non solo perché accerta la violazione del diritto alla vita, e quindi che ci sono state delle attività omissive da parte dello Stato italiano che non ha saputo fornire adeguate tutele ai cittadini, ma anche perché sono state date delle prescrizioni allo Stato italiano. La Corte è scesa nel merito e ha individuato le attività che lo Stato dovrà approntare per garantire la tutela dei cittadini”. Il ricorso è stato presentato da 66 cittadini della cosiddetta Terra dei fuochi, area a cavallo tra le province di Napoli e Caserta, e 5 associazioni attive sul territorio.