Tempi duri per i debitori?

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Il nuovo decreto banche[1] recentemente approvato dal governo, si caratterizza per due innovazioni dal nome esoterico, il “Pegno mobiliare non possessorio” e il “Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”.  Facile che questa terminologia risuoni alle orecchie dei non addetti come il latinorum dell’azzeccagarbugli di manzoniana memoria, pertanto proviamo a tradurre i due concetti in parole povere, ma soprattutto a inquadrare queste misure nella strategia complessiva del governo nei confronti di quella che, forse, è la criticità principale del nostro sistema bancario: l’ingente mole di crediti problematici, oggi pari a quasi il 50% del totale delle banche dell’Eurozona[2].

La prima misura prevede che le imprese possano costituire un pegno su beni strumentali per la loro attività, senza la necessità di consegnare detti beni al creditore e potendo pertanto continuare ad utilizzarli. La novità è costituita pertanto dalla possibilità di mantenere il possesso delle cose (per questo il pegno è detto non possessorio) date in garanzia alla banca per ottenere un finanziamento.

La seconda, limitata alle imprese, prevede che in caso di inadempienza la proprietà del bene immobile dato a garanzia possa essere trasferita al creditore, con l’espressa esclusione delle abitazioni principale dell’imprenditore, del suo coniuge e di parenti e affini entro il terzo grado. Sul testo in bozza di questo provvedimento, c’era stata più di una discussione sia perché il favore apparentemente accordato ai sempre perfidi e avidi creditori, aveva colpito l’immaginario collettivo, sia perché questo tipo di accordo era espressamente vietato da 2 articoli (artt. 1963 e 2744) del codice civile. La ratio dei divieti risiedeva nella volontà di evitare che che qualcuno possa “approfittare” della debolezza negoziale di un debitore per sottrargli le proprietà. La versione finale del decreto ovvia a questo problema oltre che con le già menzionate limitazioni (solo imprese ed escluse abitazioni principali) prevedendo espressamente il pagamento da parte del creditore della eventuale differenza tra il valore dell’immobile e il credito.

Come interpretare questi astrusi tecnicismi e, soprattutto perché il governo ha ritenuto necessario intervenire nella materia? Il punto di partenza deve essere necessariamente la costatazione del fatto che nel sistema economico italiano l’attività di recupero crediti per via giudiziale è lenta, costosa e particolarmente inefficiente. Questo si può misurare ad esempio osservando la durata media di un esecuzione che, su dati 2013 del ministero di giustizia[3], può variare dal minimo di 2 anni di Trento e Genova ai quasi 8 di Cagliari e Potenza. Oppure guardando alla classifica Ease of doing business della banca mondiale che colloca l’Italia al 111° posto nel 2016 (in salita dal 124° posto del 2015) su 189 paesi nella possibilità di far valere i contratti in giudizio con una durata quasi doppia rispetto alla media dei paesi OECD ad alto reddito.

Perché dovrebbe interessarci se è lento e costoso recuperare i crediti? Perché in primo luogo questo influisce sulla erogazione di finanziamenti e quindi sulla “benzina” che fa girare l’economia: le banche, per tener conto dei problemi nel recupero in caso di inadempienza tipicamente richiedono tassi più elevati, maggiori garanzie e in generale tendono ad concedere meno finanziamenti. In secondo luogo, anche a causa della severa recessione iniziata nel 2008, il sistema bancario italiano ha accumulato una quantità molto elevata di crediti problematici: le prospettive lente e scarse di recupero su questi crediti costituiscono una vera e propria spada di Damocle sui bilanci dei nostri istituti, in molti casi già molto fragili (senza tenere conto di casi limite come ad es la banca popolare di Vicenza che ha di recente richiesto un intervento straordinario onde evitare la risoluzione).

Per questo il governo ha deciso di intervenire, da un lato con “interventi diretti” come la Gacs (Garanzia sulle attività cartolarizzate) e il Fondo Atlante, di cui eventualmente parleremo in futuro, dall’altro con variazioni legislative tese ad attenuare in parte le pesanti disfunzionalità del sistema giuridico italiano. Quanto di questo progetto sortirà effetti concreti avremo modo di sperimentarlo nei prossimi mesi.

@massimofamularo

[1]DECRETO-LEGGE 3 maggio 2016, n. 59 “Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonche’ a favore degli investitori in banche in liquidazione.(GU n.102 del 3-5-2016)

[2] Rapporto tra il Monte NPLs delle Banche Italiane e dell’Eurozona come riportato nel Factset Research Systems, menzionato in  Presentazione Fondo Atlante, Quaestio Capital Management SGR S.p.A.29 Aprile 2016, pag 21

[3] Presentazione Fondo Atlante, Quaestio Capital Management SGR S.p.A. 29 Aprile 2016, pag 30