Teatro, l’ironia di Checov in scena a San Domenico Maggiore

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Due serate dedicate ad Anton P. Cechov, con due adattementi da suoi due atti unici: Il Canto del Cigno e L’Orso, andranno in scena mercoledi 19 e giovedì 20 agosto nella cornice di San Domenico Maggiore nell’ambito della kermesse “Classico contemporaneo”. Nelle rivisitazioni di Ferdinando Smaldone e Antonio Vitale Il Canto del Cigno diventa il Canto dei Grilli mentre, nella lettura di Cinzia Annunziata e Nello Provenzano, L’Orso è Orsù. Il Canto dei Grilli è soprattutto un inno al teatro, quello fatto con il cuore e con ogni energia, quello che impegna ogni atto della vita di un uomo, fin quasi a confondersi, quasi, con la vita vera. Nella scrittura convergono, in un singolare e fortunato incontro, i ricordi e le esperienze di un giovane attore, F., vissute e raccontate attraverso l’ironia, la delusione e la crisi emotiva oltre che economica dei nostri tempi, e l’idea di un teatro che un drammaturgo come Anton Cechov consegna ad un secolo che non è più il suo, ma che gli appartiene, teatralmente, per certa paternità. Il punto di partenza è ovviamente il testo di Cechov, le dinamiche di rapporti che innesca, il suo indulgere senza paura al sentimento e all’umorismo facendolo incontrare, innestandolo quasi, su di una sensibilità contemporanea. Sullo sfondo il Teatro, con le sue mode, le sue inesattezze, le sue follie, il suo gergo, la sua “umanità”, che non cambia mai. Le trame semplici di Cechov risultano ad una lettura più approfondita, essere incredibilmente ricche di spunti, di colpi di scena, di situazioni, di trovate, di risvolti imprevedibili e di profondità inaudite. Con Orsù abbiamo si è colto nel gioco tra la vedova inconsolabile Popova e il ricco benestante Smirnoff, nel loro comico duello, l’essenza stessa del gioco teatrale. I personaggi si trasformano in continuazione davanti agli occhi dello spettatore e non si incontrano mai alla stessa altezza, la loro lotta non ha vincitori né vinti. Il vero protagonista è dunque il Teatro.