Yerma è la seconda delle tre grandi tragedie di Federico Garcìa Lorca, rappresentata la prima volta il 29 dicembre 1934; fa parte di una trilogia tragica assieme a Nozze di sangue e La casa di Bernarda Alba. Da giovedì a domenica sarà in scena al teatro Tram con la produzione della Post Teatro, nata nel 2017 dall’unione di diversi attori e operatori del teatro che per anni hanno lavorato individualmente per poi dar voce ad un lavoro “unito”.
Yerma è il dramma di una donna sterile che ha sposato Juan, un agricoltore. I due non riescono ad avere figli e Yerma sprofonda nella disperazione; condizionata dalle voci che incarnano il popolo, è mossa dall’irrefrenabile desiderio di avere un figlio.
Il tempo che trascorre inesorabile e le voci del popolo, che con insistenza si insinuano nella mente della donna, la spingono a compiere un folle gesto.
Il linguaggio di Lorca in Yerma è potente, popolare e poetico. La lingua napoletana è calda, viscerale e poetica esattamente come le opere di Lorca; alla luce di questa comunanza è nata l’idea di rivisitare Yerma con un ampio ricorso a suoni, parole e modi di dire che rievocano la napoletanità.
Temi di forte attualità che sembrano vicini alle tradizioni del popolo partenopeo: nel testo rivisitato si è cercato di ricreare lo stesso scenario, ma senza soffermarsi sulla metrica e la rima perfetta; dando invece priorità al suono della frase finita per restituire allo spettatore un effetto cupo e profondo.
La rivisitazione focalizza l’attenzione sul dramma della coppia. Scende e indaga i loro stati d’animo, la follia di Yerma, la superficialità di Giovanni, la leggerezza e l’amore di uno nei confronti dell’altro. Il concetto del desiderio caro a Lorca viene trasposto da Yerma al popolo: è lui a volerla madre.
Ad accompagnare i due protagonisti sulla scena tre voci, che rappresentano la proiezione del popolo; delle presenze capaci di influenzare Yerma fino a spingerla a sporcarsi le mani di sangue.
Lo scopo delle tre voci è di dominare Yerma e la scena.