Ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.
di Azzurra Immediato e Marco Tagliafierro
Tangibile ed Intangibile sono gli ambiti entro cui pare muoversi la ricerca e l’itinerario estetico di Massimo De Carlo, un gallerista che non ha certo bisogno di presentazioni e che, da infaticabile pensatore, accanto alle gallerie che abbracciano Milano, Londra ed Hong Kong ha scelto di oltrepassare lo spazio fisico per entrare nel virtuale, non già e non solo come accaduto a molti in questi ultimi mesi, per questioni di ‘necessità’, spesso improvvisata, ma per una precipua scelta concettuale, con il progetto VSpace. Trattasi di Virtual Space, luogo\non-luogo che affida alla speculazione ontologica virtuale – dunque intangibile, profondamente legata alla concezione di invisibilità di frontiera percebile solo attraverso i sensi, pertanto soggettivamente ed universalmente comprensibile – la capacità di proporsi come nuovo modus operandi per gli artisti ma anche per i fruitori. La realtà del virtuale ideata da Massimo De Carlo per VSpace non è, però, in contraddizione con la storia delle sue gallerie, che, d’altronde, continua a stupire. È forse il concetto di ‘esperienza’ ad accomunare le sperimentazioni che De Carlo porta avanti da anni con i suoi artisti, nel solco di una lucida consapevolezza che, forse, in questi mesi, ha creato strane illusioni. È per questo motivo che, in uno dei nostri consueti scambi di riflessione, abbiamo deciso di passare la parola proprio a Massimo De Carlo, nell’intervista che siamo lieti di condividere con i lettori de L’Occhio di Leone e che si affianca alla mostra virtuale RISORGIMENTO – MILAN VIRTUAL ART SUMMER, sulla piattaforma VSpace in programmazione sino al prossimo agosto, un progetto corale che coinvolge più gallerie, Fanta-MLN, ICA Milano, Francesca Minini, Galleria Federica Schiavo e la Galleria Federico Vavassori; qui abbiamo il piacere di mostrare alcune immagini della Installation view ‘A False Belief In The Stars’ di Noah Barker, progetto presentato da Fanta-MLN per ‘Risorgimento’ in Massimo De Carlo/VSpace dal 9 al 26 giugno 2020.
Marco Tagliafierro: Alle tue quattro sedi fisiche, hai affiancato da pochi giorni un’architettura espositiva virtuale per progetti espositivi studiati appositamente, si chiama VSpace. Può intendersi a tutti gli effetti come una quinta galleria nella vostra costellazione? Mi ricordo che già nel 1997 la Galleria Massimo De Carlo mostrava ai collezionisti alcune selezioni di opere per visite private. È quella l’origine di VSpace. Gli occhiali Oculus quesst già esprimono una notevole conquista ai fini di una visione immersiva? Quanto si può migliorare in tempi recenti?
Massimo De Carlo: Ho sempre considerato una mia priorità professionale riuscire a offrire agli artisti che rappresento opportunità sempre nuove di sperimentare e di sfidarsi. Per questa ragione già da molti anni ho deciso di abbandonare gli spazi whitecube per offrire loro degli scenari più ricchi di significati e di stratificazioni – anche visive. L’esempio della nostra nuova sede di viale Lombardia di Piero Portaluppi è significativo. Il VSpace si inserisce pienamente in questa logica, cambia soltanto il mezzo, ma il punto è lo stesso: superare i conformismi del sistema dell’arte per avventurarsi in territori nuovi che possano stimolare il lavoro degli artisti. La tecnologia che abbiamo utilizzato per realizzare questo progetto, la più avanzata disponibile in questo momento, consente attraverso gli Oculus l’esperienza più simile possibile a quella di una visita dal vero. Nessuna tecnologia potrà mai sostituire lo sguardo dal vivo, l’adrenalina di una fiera, l’odore di uno spazio espositivo e della strada che devi fare per arrivarci, ma forse ci affacciamo a un futuro in cui reale e virtuale possono dialogare in maniera più soddisfacente per il visitatore. Forse la pandemia – insieme al disastro economico – ci lascerà questa eredità interessante con cui dovremo fare i conti.
Azzurra Immediato: “La storia della mia galleria riflette uno spirito innovativo nella scelta di spazi originali, inediti e carichi di storia in tutto il mondo. Con il nostro nuovo Virtual Space entriamo in un futuro in cui gli artisti avranno la possibilità di interagire con l’architettura con una libertà senza precedenti, mentre i collezionisti, i critici, i curatori e il pubblico avranno l’opportunità di sperimentare l’arte da casa come mai prima d’ora”. Nel comunicato stampa di lancio di Virtual Space, queste parole fungevano da invito ma anche da descriptio per un nuovo modo di fruire l’arte. In cosa, oggi, lo spazio virtuale può rispondere a mutate esigenze del settore, alla luce di quanto sta accadendo e nel futuro post Covid-19?
Massimo De Carlo: Il sistema dell’arte è complesso e competitivo, ha abbracciato alcune delle modalità di operare di altre industrie e in tempi recenti si è largamente eventificato, cioè è divenuto dipendente dai grandi eventi pubblici, dalle fiere, spesso anche al traino di manifestazioni di altri comparti. Chiaramente in un momento come quello che stiamo vivendo, con il mondo in lockdown o con possibilità molto ridotte di incontrarsi in larghi gruppi, internet è diventato uno strumento straordinario per promuovere il lavoro degli artisti. Qualcuno forse ha anche esagerato trasformando gli artisti in giullari di Instagram. L’esigenza di essere presenti e comunicare è molto forte in questo momento, così come sono le esigenze del collezionismo fortunatamente bulimico e sempre alla ricerca di novità. Sono convinto che molte delle sperimentazioni che abbiamo portato avanti in questo periodo rimarranno nel prossimo futuro, ma soprattutto potrebbe essere importante che rimanga proprio quello spirito di sperimentazione che sta animando questi tempi inquieti.
Marco Tagliafierro: Sono molto impressionato dalla tua lungimiranza. Sempre in ogni contesto. Ritengo che il coinvolgimento di una selezione di galleria italiane in VSpace sia il presupposto per un nuovo e lucido tentativo di fare squadra a Milano? Corretto?
Massimo De Carlo: Il Virtual Space mi è sembrata un’occasione perfetta per coinvolgere alcuni colleghi più giovani – o che fanno un lavoro diverso dal mio – e sperimentare la nostra nuova piattaforma. Sono curioso di vedere all’opera dieci mani diverse dalle nostre e insieme naturalmente sono orgoglioso di poter fornire loro una piattaforma di contenuto e comunicazione che magari li aiuterà a coinvolgere un nuovo pubblico a livello globale. Di sicuro il sistema dell’arte di Milano beneficerebbe di una squadra unita e concreta, e questo è certamente un primo tentativo, con i numeri di una formazione di calcetto, per cominciare.
Azzurra Immediato: Virtual Space si contrappone alle quattro gallerie d’arte, assolutamente reali, di Milano, Londra ed Hong Kong, assicurando, però, che l’esperienza sarà altrettanto o forse più coinvolgente. L’universo immaginato per gli artisti coinvolti e per il pubblico, si interseca con il concetto di sperimentazione ma anche con quello di identità digitale, in un momento storico in cui il virtuale è odiato ed amato alla stessa maniera perché non compreso del tutto. Con esperienza di gallerista che vive il proprio tempo mediante lo sguardo privilegiato dell’arte, come VSpace potrà generare una nuova risposta ad interrogativi di questo nostro mondo?
Massimo De Carlo: Il digitale è un mezzo e come tale va utilizzato. Il VSpace riesce a condividere contenuti in un momento in cui non è possibile farlo fisicamente. Non genera risposte, le risposte le genera l’arte che possiamo ospitare in maniera nuova e inconsueta. Sono l’arte e gli artisti a fornirci punti di vista nuovi reagendo a uno spazio che non esiste eppure è fortemente presente.
“Le risposte le genera l’arte” è il quid che ben chiude questo dialogo, ossia la certezza che è dall’Arte che si definiscono i processi di un mondo e di un contemporaneo obnubilato da sé stesso, dalla saturazioni di errori che, al contrario, l’arte, attraverso la sua natura profetica aveva già intravvisto, intrapreso e delineato. Ringraziando Massimo De Carlo per la sua presenza, in verità, Tangibile ed Intangibile sono i termini che continuano a fluttuare nella nostra indagine, proprio nell’alveo di quella volontà di reazione a quello che, come asserito da De Carlo setsso è “uno spazio che non esiste eppure è fortemente presente.” I più accorti, come i più sensibili, si accorgeranno che nelle parole del gallerista milanese si racchiude una sorta di oracolo, una sincronizzazione in grado di definire una identità culturale dalla magnifica coralità, la scrittura di una nuova grammatica rappresentativa, da intendersi ‘artificiale’ nel senso di ‘artificio’ e, dunque, come straordinaria filiazione del mondo delle idee intangibile ma che, nella verità dei sensi, offre una tangibile derivazione del fare oggettuale. La domanda più profonda è questa: “viviamo in un mondo naturale o artificiale?” Se la risposta non è qui possibile, ne esiste una seconda che può fungere da varco e tramite per ripensarne il valore: il naturale e l’artificiale, nell’arte, si incontrano, confondono e sopravvivono. È dunque all’arte che l’uomo deve guardare.