Taiwan, ovvero la questione cinese

in foto Xi Jinping

Sarà per non essere da meno di Putin che sta tentando di invadere l’Ucraina, sarà perché a XI Jinping è capitato di dare una lettura poco attenta del pensiero di Giambattista Vico, fatto sta che l’ Oriente sta attraversando uno di quei periodi che il filosofo napoletano avrebbe definito “ricorsi della storia”. AltrI mattoncinI sul castello Lego, in aggiunta a quanti già messi insieme nell’introduzione, sono quelli che rappresentano ciò che accade ormai da anni anche altrove, in maniera particolarmente violenta in Iran e Afghanistan. Senza considerare i vari conflitti, anche tribali, in atto in Africa come i bollenti spiriti che infuocano l’ America Latina. Bisogna ammettere, seppure con animo turbato, che il trait d’union tra queste realtà, che si può rilevare già a prima vista, è la mancata conoscenza della portata del concetto di democrazia e di ciò che da essa scaturisce a cascata. Chiunque abbia dedicato un minimo di attenzione, anche fuori dalla scuola, alla Magistra Vitae, alla maestra di vita, così come era definita la storia nella Roma antica, si sarà reso conto che, in buona sostanza, lo scopo vero di ogni guerra, seppur camuffato da motivazioni diverse, è stato e ancora è la conquista di persone e cose.Tale stato dei fatti sta procedendo così fin dall’ alba del mondo. Più volte si é letto di guerre di religione o sante che definir le si voglia, di civilizzazione- si legga coloniali -ma, alla fine, il primo motore immobile di ogni manifestazione violenta è stato e continua e essere il controvalore economico in morti e distruzione, prima triste e impagabile conseguenza di quel genere di eventi. Ritornando ai conflitti citati in apertura, uno, quello russo in Ucraina, è ormai giunto a un alto livello di violenza e, per ora, non se ne intravede la fine. L’ altro, prossimo venturo se non sará bloccato in tempo, è quello cinese verso Taiwan, senza dimenticare quanto quel subcontinente sta facendo ormai da tempo a Hong Kong. È ancora in fieri e l’augurio é che possa essere interrotto intervenendo in tempo utile. Entrambi, se ben considerati, smentiscono da essi stessi le motivazioni ufficiali che vengono addotte come cause scatenanti dei rispettivi contendere. Esse sarebbero, in entrambi i casi, il “naturale” ritorno nei naturali -si aggiunga presunti e pretesi- confini geopolitici delle realtà territoriali prese d’assedio. All’atto pratico Putin cerca di mettere pesantemente entrambi le mani sul frumento e l’olio di semi che vengono prodotti nella sconfinata campagna Ucraina. Per non farsi mancare nulla, Vladimir il terribile (niente a che vedere con Ivan: altra stoffa, seppure peggiore), ha puntato gli occhi su Odessa e il suo porto. Dove altro potrebbe trovare uno sbocco strategico sul Mar Nero, punto di riferimento del traffico commerciale da e per l’ Oriente e per il Far East? Xi, epigono particolarmente mal riuscito- è quanto dire!- di Mao, in altre parole la brutta copia della brutta copia dell’autore del Libretto Rosso, sta dando la caccia alla gallina dalla componentistica elettronica. È quel pennuto immaginario l’ isola dirimpettaia, molto più appetita di quello dalle uova d’oro. Ciò che più offende l’intelligenza occidentale è che in maniera semplicistica quanto furbesca, la battuta innanzi accennata è tenuta colpevolmente fuori dalle comunicazioni ufficiali. Se per quanto accadeva in Tirolo era possibile sorridere quando, fino agli anni ’70, i pur pericolosi autonomisti bombaroli salutavano alzando la mano destra tesa al grido “ein Tirol!”, non si può certamente comportarsi nello stesso modo per quanto sta facendo il mastodonte giallo. Precisamente nei confronti di realtà autonome, le isole del suo mare, da tempo capaci di reggersi ormai da sole sulle proprie gambe. È augurabile a tal punto che chi ancora dovesse avere dubbi che l’Occidente abbia il dovere, opportunamente e con spirito pacifico, di inserirsi nelle vicende appena accennate, venga folgorato sulle vie di Mosca e Pechino e cambi idea. Sempre che lo faccia per tempo, a stretto giro, in quanto i raccolti in Ucraina e la produzione di semiconduttori a Taiwan rischiano di non arrivare sul mercato perché divorati, in un modo o in un altro, dal fuoco della guerra. Forza e coraggio, finché sarà possibile metterli in campo.