Sussurri e grida, luci e ombre, questa è l’Italia, che piaccia oppure no…

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in foto: Blanco si scatena sul palco di Sanremo

In Italia può succedere che una ricorrenza, civile o religiosa, con il tempo esaurisca la sua attrattiva e si sposti sempre più verso la zona sfumata del ricordo, talvolta spingendosi fino al bordo dell’orrido dell’oblio. Tali eventi sono utili per ribadire che l’eccezione, giusto quanto a suo tempo affermò il pensatore francese Blaise Pascal, molto spesso conferma la regola. Tali eccezioni sono tetragone a ogni forma di impedimento, e si ripresentano anno dopo anno, anche se il mondo dovesse essere, come lo è ora, a un passo dalla debacle. Nel Paese una manifestazione, più precisamente un contenitore di sketch per la maggior parte canori, è sul gradino centrale del podio dell’audience. Ricorre una volta l’anno dalla sua prima edizione, alla fine del decennio ’40, sempre in questo periodo. A seconda dello stato d’animo di chi esprime un commento, lo stesso va sul “è uno spettacolo nazional popolare”, affermato con tono di voce tra l’indifferente e il disgustato, o indulge talvolta sul “son soltanto canzonette”, come cantava Bennato diversi anni fa. All’ interno dell’edizione in corso, iniziata martedì sera, si è potuto assistere tanto all’eccellenza quanto alla sconsideratezza dell’italica progenie. Senza indugio di maniera o riserve ipocrite, non si può negare, da qualsiasi parte si articoli un commento, che la validità di buona parte degli italiani è fuori discussione, e tanto è quanto si vede e si sente. Per la serata iniziale di quella kermesse di cinque puntate, è intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e è stata la prima volta in assoluto per un italiano che rivesta quella carica, accompagnato dalla figlia. Si sono distinti entrambi per adeguatezza, eleganza e presa sul pubblico, quello stesso che ha voluto tributare ai due ospiti illustri un lungo applauso, rimanendo un bel p0′ di tempo in piedi. Altrettanta buona disposizione ha adottato il Primo Cittadino quando, usando il linguaggio del corpo, ha solo mosso le labbra per sintonizzarsi con il coro estemporaneo che si era formato nel teatro per cantare l’inno nazionale. Altrettanto ha fatto nel seguire con attenzione quasi stupita e con emozione palpabile il commento in chiave semiseria di alcuni articoli della Costituzione nonché la esegesi della stessa. Non espressi da un giurista, ma da un attore fiorentino con una vena comica sui generis di riconosciuta qualità, al punto che per essa ha meritato un Oscar. L’ atmosfera sarebbe stata da idillio, peraltro sincera e non ostentata, probabilmente alimentata dallo “stringiamoci a coorte” appena intonato, e tanto in sintonia con la bella combine di serio e faceto che prendeva forma sul palcoscenico di quel teatro. A un certo punto della serata l’ incantesimo è svanito. Uno dei concorrenti, come tanti altri giovani senza distinzione di genere, di censo o nazionalità, molto probabilmente di scarso livello culturale, si è prodotto in una performance distruttiva che non avrebbe trovato collocazione confacente nemmeno in una rissa tra bande di tifoserie di ultras rivali, perdipiù ubriachi. Quel giovane disagiato ha lasciato tutti a bocca aperta per il tipo di esternazione data del suo malessere psichico. Probabilmente era proprio ciò che lui voleva, non immaginando che già oggi il Grande Libro della Storia lo ha incasellato in una delle sue pagine che non leggerà mai nessuno. Avrà dato però il pretesto a chi c’è l’ha con gli italiani oltre che con l’ Italia, per sputare sentenze sgradevoli generalizzando senza criterio. Peccato, perché, come dicono a Napoli, in tal modo si corre il rischio che la minestra riesca male, solo perché si è sbagliato il dosaggio del sale. L’augurio è che, diluito lo sgradevole episodio sopra accennato per l’intera durata della manifestazione, non risulti sminuito il risultato finale. Deve consolare il detto che troneggia sotto lo stellone: “Comunque andrá, sarà un successo”. Per amor del vero, c’e un gran bisogno che tutto ciò si concretizzi..