A cura di Maria Elena Viscardi Lontano dal folklore neoborbonico ricostruisce storicamente le ragioni della subalternità del Sud, dai Normanni sino a oggi. Si tratta de “Il Tempo e la storia. Il A cura di Maria Elena Viscardi Lontano dal folklore neoborbonico ricostruisce storicamente le ragioni della subalternità del Sud, dai Normanni sino a oggi. Si tratta de “Il Tempo e la storia. Il Sud e l’identità perduta” di Antimo Manzo e Italo Talia, presentato lunedì 20 aprile presso l’Associazione “Amici di Piazza G.B.Vico”. Nel corso del Seicento, secondo Rosario Villari, si consolidò il divario tra Mezzogiorno e Europa moderna per l’incapacità di aprirsi ad un’economia capitalistica o pre-capitalistica. La gremita Napoli, già allora paradiso dei diavoli, fu poi così descritta da Giustino Fortunato: “Questa era Napoli nel 1860, non centro di produzione, ma ricettacolo di sollecitatori e giostra di parassiti, meta di postulanti, di azzeccagarbugli, di avventurieri”. Cambiamenti importanti si sono registrati dopo la fine della seconda guerra mondiale, sebbene dopo 150 anni di Unità la diffidenza di partenza del Nord sia divenuta separazione de facto. Nota dolente del Meridione: la carenza di capitale sociale, che determina ancora oggi scarsa fiducia tra cittadini e istituzioni, scarso rispetto delle norme e delle regole. Al dibattito sulle sorti del Mezzogiorno d’Italia hanno partecipato: Antonio Bassolino, Michele Viscardi, Gerardo Ragone, Antonio Simeone. Bassolino, in particolare, rivalutato l’intervento della Cassa per il Mezzogiorno, allontanandosi dalle posizioni del vecchio Pci “perché, al di là delle devianze, si trattò del nobile tentativo d’importare nel nostro paese le esperienze anglosassoni”.