Mortificare il Mezzogiorno, svilirlo a mera appendice del governo nazionale, privando il Sud di una sua storica eccellenza, quel Formez che fu fabbrica prolifica di dirigenti Mortificare il Mezzogiorno, svilirlo a mera appendice del governo nazionale, privando il Sud di una sua storica eccellenza, quel Formez che fu fabbrica prolifica di dirigenti di altissima qualità, meridionali istruiti come soldati per il futuro del Meridione. Non ha dubbi il sociologo Domenico De Masi, la decisione di chiudere definitivamente la sede napoletana del Centro di studi e formazione per l’ammodernamento delle pubbliche amministrazioni è “un atto criminale che snatura un’istituzione nata per e nel Sud e che, un tempo, denotava la forte propensione dell’esecutivo romano a valorizzare il nostro territorio. Parlo di un periodo fertile in cui si credeva davvero che il Mezzogiorno potesse recuperare il divario con il Nord in un pugno di anni”. De Masi, cosa è cambiato? In passato si dava per scontata la tesi di Guido Dorso, uno dei più grandi meridionalisti mai esistiti, che sosteneva che al Sud bastassero cento uomini di “ferro” per riscattarsi. E il Formez emerse proprio da questa ondata politica e culturale che portò anche alla Riforma Agraria e alla creazione della Cassa del Mezzogiorno. Il Formez aveva il suo nucleo principale a Napoli e aprì con enormi speranze e una durissima selezione dei talenti da reclutare. Una esperienza che alle spalle aveva meridionalisti come Francesco Compagna o Giuseppe Galasso. Insomma, si pensava che il nostro principale deficit fosse la qualità dei manager. È ancora così? Oggi è addirittura peggio. Siamo governati da incapaci e chiudere il Formez è l’ennesimo affronto al Mezzogiorno. Il Formez sparisce come le leggi pro Sud e come è scomparsa la Cassa. C’è un chiaro disegno politico dietro tutto questo: castigare il Meridione, ridurne il potere. È una decostruzione che va avanti da trent’anni. Un piccone tra i tanti? La Lega Nord che ha diffuso uno sottocultura secondo cui da Roma in giù è tutto un proliferare di ladri e incapaci. In occasione della presentazione del manifesto delle tre “E” nell’ambito del convegno “Mezzogiorno Futuro Prossimo”, organizzato dal Denaro, il suo intervento in merito fu quasi profetico. Sì, ripercorsi la storia del Formez animata dall’urgenza di addestrare meridionali in grado di gestire la cosa pubblica. Urgenza avvertita dai governi democristiani degli anni Sessanta e Settanta. Nel 1961 l’istituzione fu affidata al valido Gianni Martinoli, cognato di Adriano Olivetti, che costituiva un aggancio diretto con il meglio dell’imprenditoria italiana. Il Formez si sviluppò fino a creare quattro prestigiose scuole di management nel Sud. E ora chiude Napoli ed è ridotto a un carozzone. È una larva inefficiente con dirigenti senza meriti e superpagati che accentrano tutto a Roma. Eppure era un istituto straordinario. Negli anni d’oro occupava un intero palazzo allaMostra d’Oltremare che pullulava di menti giovani. Il neocapitalismo emerso con l’era Craxi ha distrutto totalmente quel sogno di rinascita del pubblico. Le ragioni che portarono al Formez sono ancora attuali? Direi che sono ancora più valide, abbiamo un bisogno disperato di guide competenti. È bene che si dica: chi è a favore della chiusura della sede del Formez di Pozzuoli compie un atto di incultura totale e non comprende che il problema del Sud è l’assenza di una classe dirigente locale. È come se avessero abolito il “nostro” articolo 18, l’articolo 18 del Meridione.