Storia diplomatica: William Douglas Hamilton

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William Douglas Hamilton (Henley-on-Thames13 dicembre 1730 – Londra6 aprile1803) è stato un archeologodiplomaticoantiquario e vulcanologo britannico. Dal 1734, all’arrivo di Carlo di Borbone, il regno meridionale riacquistò la sua autonomia e Napoli riebbe il suo status di capitale, divenendo uno dei luoghi di interesse dei viaggiatori stranieri che intraprendevano il Grand Tour, specie dopo le scoperte dei resti delle antiche Ercolano e Pompei (Sirago, 2020a). Fin dall’inizio i ministri che attorniavano il giovane re riorganizzarono gli apparati del commercio, un settore esercitato per tutta l’epoca vicereale in gran parte dagli stranieri. Fu anche ricostruita la flotta, necessaria per la difesa del regno e per quella delle navi mercantili e delle coste, assalite dai corsari barbareschi. Simile attenzione fu data alla ricostruzione della marina mercantile, per la quale furono accordati agli armatori premi di costruzione, specie per le grosse navi, pinchi e tartane, costruiti soprattutto nei cantieri sorrentini, a Piano e Meta, dove vi era una antica tradizione nautica. In quel periodo iniziarono i viaggi nel Mar del Nord, nel Baltico, nel Mar Nero e nelle Americhe. Per incrementare il commercio furono stipulati trattati con gli Ottomani e con i paesi del Nord Europa, Olanda, Danimarca, Svezia, Russia, da dove arrivavano pesce salato e materiali per la flotta. Inoltre, fu incrementato il commercio con la Francia e l’Inghilterra (Sirago, 2004: 33ss.). Una delle voci più importanti era quella del commercio con la Gran Bretagna. Perciò nel 1753 Londra nominò come inviato straordinario sir James Gray, un fine diplomatico, appassionato cultore e mercante di arte antica. Per espletare il suo compito e raccogliere al più presto notizie su Napoli e il suo regno e sul commercio tra Napoli e l’Inghilterra interpellò George Hart e Harry Porter, i principali mercanti inglesi, che lo stesso anno stilarono una relazione: le navi inglesi caricavano molte merci, come l’olio a Gallipoli, i passi (uva passa) a Diamante e il sale in Sicilia, specie nel porto di Messina, dove venivano nominati dei “viceconsoli” (Lo Sardo, 1991: 183ss.).  Durante la “guerra dei sette anni” (1757-1763) alcuni mercanti napoletani tra cui Lucio La Marra e il suo socio Gaspare Marchetti, approfittando della crisi degli inglesi, si introdussero con le loro navi nel commercio creando una sede a Londra: in tal modo riuscirono ad arrivare nelle Americhe (Martinica francese) (Sirago, 2004: 33ss.). Quando Carlo divenne re di Spagna, nel 1759, lasciò a Napoli il giovane re Ferdinando sotto la tutela di un consiglio di reggenza presieduto dal ministro Tanucci. Il ministro continuò a gestire il regno inviando a Carlo ogni settimana una lettera per relazionare sul suo operato (Sirago, 2015). Dopo la fine della “guerra dei sette anni”, sancita dal trattato di pace firmato a Parigi nel 1763, venne attestata la supremazia marittima e coloniale dell’Inghilterra, interessata in buona parte ai traffici nel Mediterraneo e nel Levante. L’Italia, ponte naturale per il Levante, era uno dei punti nodali per il commercio inglese, specie nel porto di Livorno. Ma anche il giovane regno borbonico era un punto nodale per gli inglesi, che esportavano numerose materie prime e stoffe di qualità ordinaria utilizzate per le uniformi dei soldati, le livree dei servitori e gli abiti per il popolo: da qui l’interesse della monarchia inglese (Giura, 1997) e la notevole attività diplomatica, studiata attentamente da Gigliola Pagano de Divitiis, che ne ha pubblicato la documentazione (1997).