Storia diplomatica: la città di Tangeri

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Tangeri, Posta all’intersezione delle rotte che uniscono nel senso dei meridiani l’Europa e l’Africa;  la città marocchina di Tangeri rappresenta un nodo cruciale sia dal punto di vista militare che da quello economico, ma anche diplomatico. Oltre a essere, assieme a Gibilterra, una postazione di controllo sullo stretto in cui il Mar Mediterraneo incontra l’Oceano Atlantico, Tangeri è uno dei principali punti di contatto tra Europa e Africa. Essa si trova quindi all’incrocio di due fondamentali direttrici del Mediterraneo. Consapevoli della posizione strategica della città, Spagna, Francia e Inghilterra instaurarono nel 1923 una amministrazione internazionale che governò Tangeri e il suo hinterland dal 1925 al 1940 e poi dal 1945 al 1956. Tale amministrazione fu uno dei più longevi tentativi di cooperazione multinazionale volta alla garanzia della sicurezza e della neutralità di un territorio geopoliticamente rilevante. Sin dal 1914 le potenze europee avevano cercato di internazionalizzare la costa africana dello Stretto di Gibilterra, mantenendo nell’area dominata da Tangeri lo status quo che aveva caratterizzato l’Impero marocchino prima della creazione del protettorato francese e spagnolo. Il presente lavoro si propone di esaminare l’amministrazione della giustizia a Tangeri, e in particolare il funzionamento del “Tribunale Misto”, tra il 1923 e il 1952, anno in cui vennero emanati gli atti che, riformando l’amministrazione internazionale, ne preannunciarono l’abolizione, avvenuta nel 1956 con l’indipendenza del Marocco. La struttura giuridica creata a Tangeri merita di essere studiata in quanto, al di là dei suoi innegabili difetti, costituì senza dubbio un ambizioso esperimento, unico nel suo genere nel campo del diritto e delle organizzazioni internazionali. Tale unicità fu dovuta in particolare all’applicazione a Tangeri dell’istituto delle capitolazioni, ossia di quella serie di privilegi concessi ai cittadini europei, sottratti alla giurisdizione dei tribunali locali e soggetti esclusivamente alla propria legge nazionale. Ai diplomatici stranieri accreditati veniva riconosciuta la competenza esclusiva in tutte le cause che interessavano i loro connazionali. Nel caso di controversie tra stranieri e cittadini locali era necessario investire della causa il tribunale del convenuto. La domanda giudiziale doveva essere inoltrata dall’attore mediante la propria autorità nazionale, ovvero l’autorità consolare per gli stranieri ed il giudice sciariatico (qaid) per i marocchini. Nelle cause tra stranieri appartenenti a più Stati stranieri, entrava invece in gioco un tribunale formato dai consoli accreditati a Tangeri. Unica eccezione a questo sistema era rappresentata dalle cause riguardanti gli immobili situati in territorio marocchino, gestite dai qaid che applicavano la legge islamica. Le capitolazioni offrivano agli stranieri anche esenzioni dalla tassazione locale, libertà ed immunità personali (inviolabilità delle persone e dei beni, libertà di culto e religione), e infine libertà di commercio, in base alla clausola della nazione più favorita. L’attività commerciale europea, sostenuta dal “regime della porta aperta”, aveva inoltre reso indispensabile l’ausilio di una grande quantità di impiegati marocchini (intermediari, messaggeri, segretari e interpreti), che erano nominati dalle legazioni straniere e godevano automaticamente degli stessi privilegi concessi ai cittadini della nazione protettrice (1), secondo il cosiddetto “sistema delle protezioni”. Fu difficile trovare un sistema giuridico e amministrativo che, oltre a internazionalizzare Tangeri, si potesse efficacemente applicare alla complessa e frammentata realtà della città. Il 25 giugno 1923 a Parigi, Inghilterra, Spagna e Francia iniziarono delle trattative al fine di creare un regime internazionale e amministrare Tangeri tramite una articolata amministrazione che garantisse la neutralità della città marocchina. I lavori si conclusero il 18 dicembre con l’accettazione e la firma da parte delle tre potenze della bozza definitiva degli accordi, composti da una Convenzione di 56 articoli (2) riguardanti il cosiddetto “Statuto di Tangeri”, un regolamento della gendarmeria e due dahir (decreto sultaniale), uno per l’organizzazione amministrativa e l’altro per l’esercizio della giurisdizione. Il testo fu poi trasmesso, per la sua approvazione definitiva, a tutti gli Stati aderenti all’Atto Generale di Algeciras, con l’eccezione di Germania e Austria (esautorate di ogni privilegio in Marocco dopo i trattati di pace del 1919) e Unione Sovietica (completamente disinteressata alla questione). La Convenzione dette vita ad una zona permanentemente neutralizzata (artt. 2-3), strutturata come una sorta di “Stato in miniatura” gestito, nella cornice di un “condominio internazionale”, da quattro organi principali: Amministratore, Comitato di Controllo, Assemblea Legislativa e Tribunale Misto. Il Sultano, al quale spettava la sovranità su Tangeri, era rappresentato dal Mendub (dalla radice del verbo arabo nadaba, delegare), il quale riassumeva in sé le figure del Naib e del Pasha, fungendo da collegamento fra l’amministrazione internazionale e quella dello Stato marocchino (art. 29). Il Mendub, nominato dal Sultano (3) e coadiuvato da due Khalifa, aveva ampi poteri per quanto riguardava la popolazione indigena, assicurando che l’ordine pubblico, le tasse e lo Statuto fossero da questa rispettate. L’amministrazione della popolazione locale e degli interessi dei musulmani continuavano ad essere esercitati dal personale marocchino nominato dal Sultano (ad esempio il qadi o l’amministratore dei beni hubus). Inoltre – e si tratta di un elemento importante – ebrei e musulmani, in campo giudiziario, avevano i propri tribunali, rispettivamente rabbinici e sciariatici. L’Amministratore, oltre a rappresentare la Zona Internazionale di fronte a terze parti, incarnava il potere esecutivo, eseguendo le decisioni dell’Assemblea Legislativa e rispondendo dei propri atti di fronte al Comitato di Controllo (4). Ai suoi ordini si trovavano due Amministratori aggiunti o Direttori, responsabili rispettivamente per l’igiene e la beneficenza e per le finanze, e due ingegneri, uno per le opere pubbliche e un altro per i lavori municipali. L’Assemblea Legislativa rappresentava il potere legislativo a Tangeri ed era presieduta dal Mendub, assistito da tre vice-presidenti (uno francese, uno inglese e uno spagnolo) e si componeva di 26 membri, non retribuiti, provenienti dalla comunità internazionale e marocchina. Questi funzionari duravano in carica quattro anni (non reiterabili) ed erano nominati dai rispettivi consolati di appartenenza. Più precisamente, quattro erano francesi, quattro spagnoli, tre britannici, due italiani, uno statunitense, uno belga, uno portoghese, e infine uno olandese. La popolazione locale invece era rappresentata da sei musulmani scelti dal Mendub e da tre israeliti, sempre scelti dal delegato del Sultano ma eletti da una lista di nove personaggi presentati dalla comunità israelita di Tangeri. Il Comitato di Controllo era composto dai consoli delle potenze firmatarie dell’Atto di Algeciras e aveva la funzione di sorvegliare che lo Statuto del regime internazionale fosse rispettato. La presidenza del Comitato ruotava annualmente tra i consoli. Secondo la Convenzione, il suo primo presidente sarebbe stato scelto a sorte, mentre i successivi avrebbero seguito l’ordine alfabetico delle potenze rappresentate. Il Comitato di Controllo non aveva potere di iniziativa legislativa, ma poteva imporre il suo veto ai progetti di legge dell’Assemblea Legislativa, la quale non aveva alcuna possibilità di appello se non quella di rivolgersi alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale dell’Aja.