Artista sensibile, delicato, talento di formazione, si afferma come disegnatore e scultore e, pur mancando di doti coloristiche, in pittura sa di valersi di un gioco di contrasti per Artista sensibile, delicato, talento di formazione, si afferma come disegnatore e scultore e, pur mancando di doti coloristiche, in pittura sa di valersi di un gioco di contrasti per conferire tono al risultato. Per queste ragioni di fondo propriamente critiche, nonché per ragioni più squisitamente rappresentative, ci accingiamo ad annoverarci tra coloro i quali ritengono Antonio Del Donno, alla soglia delle ottantasette primavere, un artista da tenere in considerazione per un discorso di investimento immediato e futuro. Questo parrebbe il migliore incipit possibile per presentare l’ennesima mostra personale del pittore beneventano, stavolta impegnato a promuovere le proprie idee in Romania, presso il Museo d’Arte Moderna Centrual Artistic Baia Mare, occasione importante per l’espatrio del lavoro di Antonio Del Donno verso la cultura orientale d’Europa. Quasi a volare sul giro del mondo in ottantasette anni, parafrasando a modo nostro Jules Verne, Antonio Del Donno vanta un’esposizione permanente in quarantacinque città sparse nel mondo, dando respiro alla prolificità dell’artista fondata sulla triplice convivenza di sorpresa, emozione e geometria descrittiva appannaggio di un sano alternarsi tra bidimensionalità e tridimensionalità, rispettivamente in termini di idee e progetti. Oltre alla pittura, protagonista assoluta della mostra rumena di queste settimane, Antonio Del Donno si è interessato fecondamente anche ad una scultura intima, alla ricerca della divinità così lontana dalle umane e mondane pennellate, a suo dire mera degenerazione dell’arte. Qui si rincorrono per decenni l’ideale celestiale ed il nero bitume od il catrame. Un alternarsi tra il bene ed il male, sempre sulla soglia della fine del mondo, significato sapientemente con una condanna grafica del mondo di Antonio Del Donno attraverso tinte sporche, trattetti malefici al pari degli angeli appestatori dell’Apocalisse. Del resto l’artista ha saputo salire sul più alto piedistallo dell’indifferenza al lucro ed alla pubblicità, spesso ancora oggi deridendola o schivarla puntualmente. Partendo da questo punto di vista si spiegano i vari Vangeli, i Contenitori di luce, le Parole di fuoco o ancora le Tagliole di un artista mai sintetizzabile o riconducibile a quella o l’altra scuola di pensiero. La sua forza, poi riconosciuta in tutto il mondo nelle collezioni pubbliche o private, insiste proprio nella ricerca intima della verità, sin dai primi anni al fianco dell’amico Mimmo Palladino o nelle scorribande artistiche della Galleria napoletana di Lucio Amelio, fino alle personalissime partecipazioni alle biennali, Triennali e Quadriennali più importanti al mondo, senza dimenticare la passata esclusività conseguita nella prestigiosa location dell’Auditorium Parco della Musica di Roma od i Musei Vaticani. L’età di Antonio Del Donno parrebbe quella della distensione ed invece, oltremodo investito di intimo orgoglio e consapevolezza, allo stesso tempo scevro ed impermeabile alle positivissime sollecitazioni della critica internazionale, il pittore lavora proprio a consolidare i buoni propositi osservati in quel di Santa Croce del Sannio, nella provincia beneventana, dove è stato costituito il Polo Museale di e per Antonio Del Donno, quasi a voler mettere nero su bianco all’infinito viaggio per il mondo di un artista dalla veneranda esperienza artistica ed anagrafica. In tempi non sospetti, e certamente non a caso, le attendibili pagine di Flash Art hanno individuato in Antonio Del Donno uno tra i cento pittori su cui investire. Scripta manent.