Solo se si crea ricchezza e, in parte, la si ridistribuisce, l’Italia ha chances di risalire la china

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in foto un particolare della mostra per i 110 anni di Olivetti (Imagoeconomica)

Se Adriano Olivetti, là dove si trova, ha appreso la notizia, può consolarsi al pensiero di non essere scomparso del tutto. Uomo di cultura quale era, avrà pensato subito al “non omnis moriar…” del poeta latino Orazio, valido ancora oggi. Anche la cultura popolare ha sempre sostenuto che un Uomo e una Donna possono essere definiti tali con l’iniziale maiuscola se hanno agito bene per la comunità, facendo sopravvivere nel tempo il loro ricordo. Dopo molti  anni dal periodo in cui governò la sua azienda di Ivrea con filiali in altre zone del Paese, viene riconosciuto valido, purtroppo in maniera non  omogenea, il suo principio di dare il giusto valore all’altro fattore della produzione, il capitale umano. Esso affianca pariteticamente in quel processo il capitale sic et simpliciter, talvolta superandolo per importanza.

Coloro che sono più avanti negli anni, ricorderanno che l’Ingegner Olivetti fu tra i primi se non il primo a pensare che la fabbrica dovesse essere a misura di chi vi lavorava. Non solo nel senso ergonomico dell’espressione, ma anche che le famiglie degli operai potessero ricevere dalla sua attività vantaggi di ogni tipo. Era il welfare americano, già adottato fin dagli anni ’50 dalle grandi aziende di quel paese, che veniva riproposto in Italia negli anni ’60, prima della comparsa sulla scena delle lotte operaie. Per le idee appena ricordate, l’ingegnere di Ivrea fu definito da più parti visionario. Per completezza di informazione, fu trovato morto nello scompartimento di un treno e la causa del suo decesso non è stata mai chiarita. Chiusa la parentesi nostalgica, è bene andare subito a quanto la ha generata.

Ieri il CEO dell’ ENI, Claudio Descalzi, ha comunicato che l’ente che governa distribuirà, a valere sui profitti del 2023, un bonus di 3.000 euro al lordo delle imposte e 200 euro per l’acquisto di carburante di ogni genere, ai 20.000  dipendenti che operano in Italia. Entrambi le elargizioni sono una tantum per l’anno in corso, mentre l’incremento del 45% del contributo per il vitto resterà in vigore anche dopo. Il totale che l’ENI mette a disposizione dei suoi collaboratori, esclusi i dirigenti, è pari a 85 milioni di euro. Particolare non trascurabile è che la corresponsione di quei benefici avverrà a novembre prossimo. Ciò corrobora il contenuto del comunicato aziendale che spiega che tale decisione è stata presa dal vertice dell’azienda per aiutare il capitale umano nell’attuale frangente particolarmente negativo, senza attendere l’approvazione ufficiale del bilancio. Un’altra puntualizzazione di quel comunicato induce a pensare positivamente. È quella che definisce “elemento di primaria importanza” la forza lavoro dell’azienda. Chi sarà particolarmente soddisfatto dell’intera operazione e in particolare per quell’ ultima affermazione, sarà, anche egli da fuori campo, Enrico Mattei, fondatore e presidente fino alla sua scomparsa dell’Ente Nazionale Idrocarburi. La sua creatura ha tenuto fede ancora una volta all’impegno e all’attenzione rivolta al sociale di chi la mise in funzione con operazioni talvolta al limite se non oltre del consueto operare di un funzionario dello Stato.

A tal proposito, in una biografia del personaggio, è narrato un episodio che da solo dà un’idea di come Mattei considerasse i dipendenti dell’Ente da lui presieduto. In una sera di pioggia, mentre era al volante della sua auto, si fermò a fare rifornimento a un distributore dell’AGIP, così si chiamava allora la rete di distributori e motel che sarebbero stati in seguito ridenominati ENI. Il giovane benzinaio, che prontamente si era incaricato di rifornire la sua auto, non lo riconobbe. Mattei notò che, pur stando sotto la pioggia, quel suo dipendente  sorrideva. Il Presidente gli chiese perché fosse così allegro e il giovane rispose che il suo stato d’animo era determinato dall’aver trovato lavoro. Erano i primi anni ’60 e il Paese era nel pieno del Miracolo Economico. Una triste analogia: come Olivetti, anche Mattei morì in un incidente aereo avvolto dal mistero. Solo dopo alcuni anni, la Giustizia arrivò alla conclusione che si era trattato di un attentato. La lunga storia appena abbozzata non è fine a se stessa, ma vuole essere  una descrizione dettagliata per l’approfondimento di un argomento dai molteplici aspetti, alcuni di essi già trattati: il ruolo dell’ impresa, pubblica o privata che sia, nell’ambiente in cui opera e, con esso, l’importanza che attribuisce al capitale umano.

Infine il trattamento e la destinazione dei  cosiddetti extraprofitti. La definizione degli stessi è tutt’altro che esaustiva e il loro utilizzo nel sociale ancora non è stato considerato con l’attenzione che merita. La formula adottata sua sponte dall’ENI potrebbe essere una falsa riga, sempre che la ritenesse interessante, per il governo per come disciplinare quella materia. Già ieri mattina al Bar Centrale del villaggio, un gruppo di ferrovieri in procinto di salire in carrozza per andare al lavoro, in attesa del caffè ipotizzava incentivi governativi di ogni genere. Essi sarebbero dovuti essere in grado di suscitare stimoli per le aziende in condizioni analoghe a quelle dell’ENI a comportarsi in maniera simile. Tra le varie ipotesi, quella proposta da un giovane capotreno, laureato in scienze economiche e commerciali, ha riscosso un gran numero di consensi. Volendo riportare il suo pensiero, pur se nell’occasione di chiacchiere da bar a ruota libera quali erano quelle pronunciate, il dottor Capotreno sosteneva che la ricetta non era né complicata né di difficile applicazione. Sarebbe bastato che il Governo avesse previsto una defiscalizzazione, parziale o, meglio, totale se possibile, sugli importi che le aziende intendevano destinare alla gratificazione extra dei collaboratori e il gioco sarebbe stato fatto. A parte lo scetticismo di quasi tutti i presenti, altre reazioni negative non sono venute fuori. Chissà che il giovane virgulto delle FS, almeno in parte, non abbia intuito il vero nodo che l’Esecutivo dovrebbe al più presto sciogliere. Certo è che subito dopo che quei signori che fanno andare i treni sono usciti da quel luogo di relax e riflessione estemporanea, è iniziata una discussione vivace che è stata interrotta solo dall’avvicinarsi dell’orario di lavoro. Non è da escludere che, alla prossima occasione, essa ricomincerà, arricchita dagli approfondimenti che, nel frattempo, ognuno di quegli estemporanei politologi e sociologi, in un termine che li sintetizza, tuttologi avrà avuto modo di fare.