Cosa possono apprendere dalle esperienze del Rinascimento i nuovi imprenditori alla guida di infrastrutture dell’economia della conoscenza?
Non nel nostro Bazar, ma realizzato a Londra, il “Campus” – lo spazio che Google ha messo a disposizione dei “Googlers” intenzionati a creare imprese – ci riporta al cuore rinascimentale di Firenze il cui battito segnava il tempo della vita attiva, dall’arte e dalla scienza all’imprenditorialità. Era quello il tempo delle botteghe rinascimentali, comunità di creatività e innovazione dove s’intrecciavano sogni, passioni e progetti di persone interdipendenti. Nella bottega convivevano apprendisti, maestranze salariate, ingegneri, artisti in erba e artisti ospiti – un’orchestra il cui direttore era l’artista di fama che aveva il nome di maestro. Da lui dipendeva la “qualità stilistica” del complesso dei partecipanti. Tra le più note botteghe rinascimentali, c’era quella del fiorentino Andrea del Verrocchio (1435-1488) – scultore, pittore e orafo. È nella sua bottega che si formarono dando libero sfogo al loro talento personaggi eclettici come Leonardo e artisti del calibro di Botticelli, Perugino e il Ghirlandaio.
Il modello delle botteghe: ritorno al futuro
Dalle botteghe del Rinascimento cosa possono apprendere quanti sono desiderosi di creare ambienti di lavoro che siano innovativi e collaborativi e coloro che si trovano già alla guida di infrastrutture dell’economia della conoscenza quali gli incubatori d’impresa e i Fab Lab (Fabrication Laboratories) per la progettazione e la produzione in forma digitale? Ideazione, dialogo e convergenza tra arte e scienza sono tre punti d’eccellenza delle botteghe rinascimentali. Da una loro rivisitazione i laboratori innovativi e collaborativi di oggi possono trarre spunti preziosi per proporsi come laboratori rinascimentali 2.0.
L’ideazione
Un ambiente innovativo non è solo un terreno fertile di idee nuove. È anche un campo d’ideazione, nel senso che le idee si muovono per raggiungere il traguardo dell’imprenditorialità. È come se quell’ambiente fosse dotato di una forgia per rendere le idee tanto incandescenti fino a trasformarle in imprese. Al pari della bottega rinascimentale, è dunque necessario che l’ambiente innovativo disponga di una fucina ideale che riscaldi intuizioni, spunti e rappresentazioni mentali per poi sottoporle al processo d’imprenditorialità. È così che nelle botteghe rinascimentali si forgiarono imprese nell’arte, nella cultura, nella scienza e nei loro punti d’intersezione.
Il dialogo
In un ambiente collaborativo, la partecipazione si prepara con il lievito del dialogo. Nelle botteghe rinascimentali la comunicazione tra persone non separate da alte barriere di specializzazione avveniva con costanza e fluidità. La conversazione era un cum-versare, un girare o danzare insieme. L’abilità di colloquiare stando in sintonia facilitava la comprensione reciproca e permetteva di ridurre gli errori. C’è qualcosa di ancora più importante da assimilare da parte dei laboratori innovativi e collaborativi di oggi. Il dialogo nelle botteghe rinascimentali permetteva lo scontro e il confronto tra visioni opposte. Il conflitto rimuoveva confini cognitivi, mettendo così in discussione verità date prima per scontate. Le parti in conflitto erano consapevoli delle rispettive differenze di prospettiva e si sforzavano di espandere la comprensione gli uni degli altri dovendo raggiungere un obiettivo comune. Insomma, le botteghe rinascimentali sono la prova di quanto per raggiungere il successo si debba attingere alle fonti delle idee opposte e delle opinioni controverse.