Società pericolosa, studenti universitari con i detenuti per progetti di reinserimento

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Tre progetti di sostegno e reinserimento con i detenuti delle carceri napoletane, per dimostrare che si può coniugare mondo accademico e sociale. E’ questa l’idea alla base di “Società pericolosa”, il movimento universitario che sta portando avanti dei programmi in collaborazione con gli istituti di pena di Poggioreale e Secondigliano a Napoli. “E’ la nostra risposta a un mondo di poca coesione sociale, forte spinta al successo individuale e di una umanità che tende a schiacciare il prossimo”, spiega Marco De Martino, docente di criminologia all’Università Federico II di Napoli, animatore dell’iniziativa. “Il progetto è partito cinque anni fa – spiega De Martino – con una collaborazione con l’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa: l’idea di di base è di far fare all’università qualcosa di utile anche fuori dalle aula”. E così è nato un gruppo di studenti e ricercatori, ma anche di giovani professionisti appena usciti formati dall’ateneo, che si è ampliato fino a portare allo sviluppo di tre progetti diversi. Il primo riguarda Napoli, dove “Società pericolosa” ha in programma di trasformare i detenuti in accompagnatori turistici: l’idea è alla fase iniziale, quella della selezione, insieme ai direttori delle carceri di Poggioreale e Secondigliano, dei detenuti adatti a volgere il compito. “Il detenuto – spiega De Martino – farà un breve periodo di formazione e poi sarà autorizzato a uscire per accompagnare i turisti in giro nel ventre di Napoli. Non sarà una guida turistica ma un accompagnatore, che potrà far scoprire luoghi della città meno noti, facendoli vivere al turista dal di dentro a aiutandoli anche con treni, trasporti pubblici, ristoranti”. Il progetto è sviluppato in collaborazione con la Borsa Mediterranea del Turismo che si tiene ogni anno a Napoli e che ha contatti con una fitta rete di tour operator internazionali. E’ già partito, invece, il progetto che De Martino definisce di “rimozione degli ostacolii”, per i detenuti. Un gruppo di lavoro di studenti di Scienze Politiche, o di laureati che già lavorano nel campo dell’assistenza sociale, si mette a disposizione dei detenuti che devono ottenere documenti, accedere a pratiche burocratiche, compiere adempimenti per la pensione. “L’idea – dice il docente – è che vedendo lo stato come meno estraneo e passando dalla pena come sofferenza alla pena come diritto, è più facile la via della risocializzazione”. De Martino ha poi organizzato un gruppo di lavoro di studenti che parteciperanno sul campo a delle difese di soggetti segnalati dalle istituzioni: “I ragazzi faranno parte di collegi difensivi, lavoreranno sugli atti, terranno colloqui in carcere con detenuti. Un lavoro impegnativo che li aiuterà nella loro carriera, perché a vent’anni difendere un ergastolano è un’esperienza molto importante” conclude De Martino.