Soccorso rosso in aiuto del governo giallo-verde

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in foto GIovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze

Ciò che piace agli elettori non sempre piace ai mercati. Anzi, diciamola tutta: alla grande finanza piace per niente il popolo, che non a caso è preso in considerazione soltanto in quanto “parco buoi”, limone da spremere, non certo come sede suprema della sovranità statale.
Men che meno piacciono, ai signori del vile denaro, i populismi, vale a dire, i facili proclami, gli atteggiamenti spavaldi e le dichiarazioni improvvide del leader politico di turno che facilmente indulge invece a parlare – come usa dire di questi tempi – alla pancia del Paese che, peraltro, a conti fatti, difficilmente riesce a saziare.
Tutto questo lo hanno capito bene i rappresentanti del governo giallo-verde, in questo inizio di settembre, tornando alle responsabilità del ruolo che si sono dati, e che non a caso – a maggior ragione per un Paese indebitato fino al collo – è fatto, realisticamente, innanzitutto di numeri da far quadrare e, dunque, di denaro da chiedere in prestito.
Insomma, il risultato lo conoscete: a cavallo della settimana scorsa lo spread tra Btp e Bund – vale a dire la misura del differenziale dei costi tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi diventato, ormai, anche per l’uomo della strada la più immediata e comprensibile misura dell’aggravio degli interessi che, paradossalmente, sempre il popolo è chiamato infine a pagare per fronteggiare le spese correnti del moderno Leviatano – lo spread, dicevamo, è balzato a 300 punti base. A un passo, cioè, del baratro in un film già visto.
D’accordo, ora lo spread è sotto i 250 punti base, e il merito – nemmeno a ricordarlo – è sempre della politica, che intanto ha recuperato toni pacati e accelerato decisioni responsabili. Ed è anche merito, in verità, del soccorso rosso. Insomma, dei cinesi, cui il ministro dell’Economia nel suo recente viaggio a Pechino, ha chiesto appunto di aiutarci, comprando il nostro debito. E mentre sempre Giovanni Tria continua, in ogni dove, anche a non perdere occasione di rassicurare investitori e istituzioni politiche e finanziarie europee sul fatto che i disordinati conti italiani non saranno sforati, ma forse, ragionevolmente, soltanto “sfiorati”, per usare la battuta del vicepremier Matteo Salvini, il quale, in ogni caso, poteva anche risparmiarsela.
E, tuttavia, cambiando l’angolo visuale, è proprio la scelta di vestire i panni della responsabilità che rischia di rendere, ora, in qualche modo più debole questo governo, attirandosi inevitabilmente contro il sospetto di aver ceduto – quoque tu – ai poteri forti. Sospetti alimentati anche dal di dentro, considerato che detti ripensamenti somigliano ad un vero e proprio dietro front. Si pensi alle decisioni in materia di vaccini, di Ilva, di Europa, della stessa immigrazione, come alcuni media non perdono occasione di sottolineare. Un fronte vasto e trasversale che Flavia Perina, già direttore del Secolo d’Italia e deputata Pdl, voce in particolare di quanti hanno mal digerito il tradimento della Lega nei confronti del centro destra, ha sottolineato con un bel titolo su Linkiesta: “Cento giorni in retromarcia: e ora il governo Lega-Cinque Stelle rischia di naufragare per mancanza di coraggio”.
Ma tant’è. In ogni caso si tratta, a mio modo di vedere, di decisioni che, se non altro, hanno il merito di chiudere finalmente, magari con risultati anche soddisfacenti (la definizione della vertenza Ilva, con l’appendice di non poco conto dell’articolo 18, oltre che l’adesione convinta del sindacato, s’è guadagnato perfino gli applausi di Confindustria) logoranti dossier rimasti per troppi mesi aperti. E, dunque, di porre ora mano alle questioni vere che restano sul tappeto e che decideranno in fondo le sorti della legislatura: dal nodo pensioni, alle misure di sostegno al reddito, passando magari per la legge anticorruzione il cui disegno è stato intanto approvato dal Consiglio dei ministri. E che, probabilmente, al sentore delle prime reazioni, sta già turbando il sonno delle trasversali e potenti lobby del malaffare nostrano. Ma che si è già guadagnato la positiva attenzione del Greco: “Le proposte vanno nella direzione giusta auspicata dal Groupe d’États contre la corruption”, ha commentato l’organo del Consiglio d’Europa.

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