Siria, Putin mostra i muscoli e prepara lo scontro finale

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Si è appena conclusa una settimana che ha visto alzarsi il livello dello scontro nell’area mediorientale, fino a costringere le diplomazie internazionali ad intervenire decisamente nel panorama, già surriscaldato, della martoriata Siria. Dopo le immagini strazianti del corpo senza vita del bambino siriano Aylan sulla spiaggia turca, Francia e Gran Bretagna hanno fatto a gara per dichiarare guerra eterna all’organizzazione dello “Stato Islamico” IS minacciando di bombardare le loro basi in “Bilad Al Sham”, la Siria. Hanno, infatti, annunciato al mondo la loro intenzione di iniziare i bombardamenti aerei sulle postazioni dell’organizzazione e ci sarà, quindi, un coinvolgimento diretto di questi due paesi nella guerra in Siria. I due paesi europei avevano, finora, rifiutato decisamente qualsiasi intervento. Si aggiunge a questo, l’attivismo esasperato delle truppe turche lungo il confine a sud della Turchia e la concessione fatta, recentemente, da Erdogan agli Stati Uniti per l’uso delle proprie basi per la partenza dei caccia americani, che da un paio di anni bombardano le basi dell’IS in Siria. Per fare da contraltare a questa “offensiva” occidentale molto ben orchestrata, intervengono Russia ed Iran. L’Iran fa trapelare alla stampa, con tempismo perfetto, che truppe della guardia rivoluzionaria iraniana sono arrivate nel paese di Assad per combattere a fianco delle forze regolari del Raïs contro il terrorismo. E la Russia fa sapere di aver intensificato il ponte militare con la Siria, rifornendo di armi sofisticate l’esercito regolare siriano, e che questo ponte non si è mai interrotto dal 2011. Anzi, fonti russe fanno sapere che per superare l’ostruzionismo degli USA, che hanno chiesto a Grecia, Ucraina e Bulgaria di chiudere i loro spazi aerei all’aviazione militare russa, la Russia ha dovuto cambiare l’itinerario facendo un giro più largo, sui territori dell’alleato Iran, appunto. Naturalmente, la ragione dichiarata dell’intervento russo è quella usata da tutti coloro che partecipano al pantano siriano: combattere il terrorismo. Ma la verità è un’altra! La Siria è un terreno di conquista dove occidentali da una parte, principalmente la NATO, e russi ed iraniani dall’altra, si fronteggiano per il controllo di un pezzo di mondo decisivo per le sorti del Medio Oriente. La stampa locale e regionale è unanime nell’esprimere certezze sul fatto che non ci sarà nessuna escalation militare diretta, che coinvolga i due giganti contendenti, e che questi faranno la guerra per interposta persona, finché non arriverà il tempo di una soluzione politica su cui convergere. Ma ogni qualvolta che una delle parti mostra i muscoli e cerca di prevalere, l’altra parte fa le mosse necessarie per bloccarla. Gli analisti sono altrettanto certi che, dopo i quattro anni di guerra in cui l’occidente ha cercato di defenestrare Assad, ora si è giunti alla convinzione che la soluzione della crisi non potrà che passare attraverso l’attuale presidente siriano, che, dal canto suo, continua a godere di un supporto senza limiti della Russia di Putin e del nuovo e forte Iran di Rohani. Ma quel che succede in Siria è organicamente legato e dipendente da quel che succede in tutta l’area, soprattutto dagli sviluppi degli scontri nello Yemen, dove si fronteggiano gli stessi schieramenti con l’aggiunta dell’intervento militare diretto dell’Arabia Saudita a capo di una coalizione militare araba, prevalentemente dei paesi del Golfo persico, principalmente Qatar ed Emirati Arabi. Le variabili, quindi, sono molteplici ed escludere a priori uno scontro decisivo che rovesci il tavolo per stravolgere le cose e gli equilibri attuali sarebbe, per lo meno, non realistico.