Sharing economy, la libertà è ricchezza

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Parla Stifanelli, manager di Airbnb, il sito che sta rivoluzionando il business dell’ospitalità

Come spendere 100 € al mese viaggiando per 6 mesi? Come far nascere la prima banca italiana grazie al crowdsourcing? Come viaggiare in limousine a Roma e Milano con un click? E’ la sharing economy, bellezza, ci direbbe Humphrey Bogart. Volendo tradurre il concetto di Sharing economy dovremmo parlare di economia della collaborazione e della condivisione di beni, spazi, servizi, attività. Ma c’è di più. Esistono anche crowdsourcing e crowdfunding, le raccolte pubbliche di fondi dedicate a un progetto e il making che è poi il fare da soli le cose, l’autoproduzione. Infine il coworking cioè la condivisione di un ambiente di lavoro. La sharing economy è in realtà un nuovo e crescente paradigma economico molto dirompente per le nostre società, incentivato dall’esplosione delle tecnologie digitali, in cui l’accesso prende il sopravvento sul possesso. Una recente ricerca di Crowd Companies spiega come il 39 % di persone negli Stati Uniti e il 52 % in UK stia già utilizzando i servizi collaborativi. Secondo i dati dell’organizzazione collaboriamo.org, nel 2013 il 13% della popolazione in Italia ha preso parte almeno una volta all’economia collaborativa mentre trasporti ed energie risultano esser fra le voci triplicate per utilizzo, se consideriamo i numeri dal 2011 al 2014. Oggi, per citare qualche altro dato, sono 190 i paesi coperti da Airbnb ed oltre 800 mila le sistemazioni condivise in tutto il mondo. Oramai aprire casa agli “sconosciuti” è un business affermato e miliardario, grazie alle innovazioni tecnologiche ed al web che agevola, come mai accaduto nella storia dell’umanità, l’incrocio tra esigenze di mercato ed offerte volte a soddisfarle. Le possibilità di poter fare innovazione attraverso il web, innescando virtuosi sentieri di crescita e sviluppo per le persone coinvolte, non sono mai state così vaste e potenti come in questi anni. Inoltre i consumi collaborativi rappresentano sicuramente una risposta alla crisi economica che stiamo attraversando. Non è certamente una coincidenza se molti servizi di peer-to-peer sono stati fondati tra il 2008 e il 2010, nell’immediato della crisi globale finanziaria. Alcuni vedono la condivisione, e il suo mantra “l’accesso vince sul possesso”, come un antidoto allo scenario in cui viviamo. Come insegna, tra gli altri, la prof. Deirde McCloskey, la libertà crea ricchezza e sono stati i Paesi politicamente più liberi, come l’Olanda, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, che hanno guidato il cammino economico. L’incremento del reddito e di tutte le buone cose legate al reddito (es. istruzione) è la grande storia degli ultimi 200 anni. Una storia che illustra l’aumento dai 3 dollari al giorno con cui vivevano tutti i nostri antenati nel 1800 agli oltre 100 dollari al giorno di cui godiamo nei Paesi capitalisti, e anche ai 30 dollari al giorno che è la media mondiale. Dopo il 1978 il governo cinese ha permesso sempre più spesso alla sua gente di sperimentare il capitalismo (sino all’ingresso nel WTO del 2001): il risultato è stata la più veloce crescita economica della storia. L’India ha fatto lo stesso, un po’ meno freneticamente, dopo il 1991 e ora le sue prospettive sono ancora migliori di quelle cinesi. Le società aperte fanno meglio nel lungo periodo. Lasciare libera iniziativa alle persone vuol dire assicurare lo sviluppo di un mercato libero, che si rivela esser anche la condizione per lo sviluppo di una società libera e lo strumento migliore per realizzare fini socialmente condivisi. L’esempio più famoso e di successo in fatto di case in condivisione è rappresentato da Airbnb, sito che mette a disposizione appartamenti in affitto. Si può affittare anche il divano: si chiama couch surfing. Matteo Stifanelli è il 28enne Country Manager per l’Italia da 2 anni, dopo esserne stato utente e promotore, sin da studente universitario di Lettere.

Matteo StifanelliAvresti mai immaginato di ritrovarti ad assumere il compito di coordinare tutte le attività della filiale italiana e rafforzare la presenza di Airbnb nel mercato nazionale?

Ho avuto la fortuna di appassionarmi a questo progetto, ed è questa grande passione che mi ha fatto arrivare a ricoprire questo ruolo. In mezzo, determinazione, impegno e grande costanza. Dunque, non posso dire che me lo aspettassi ma certamente ho fatto il massimo. Da quando abbiamo aperto la sede italiana, Airbnb ha fatto passi da gigante nel nostro paese: oggi abbiamo più di 89.000 alloggi e la crescita è continua. Ogni giorno lavoriamo per migliorare il nostro servizio, ascoltando i consigli della nostra community e rispondendo alle esigenze sempre nuove dei viaggiatori.

C’è stato un momento in cui hai avvertito quanto grandi fossero gli spazi di mercato da esplorare e soddisfare con la crescita della sharing economy?

Ho scoperto la sharing economy con Airbnb e per me è stata una vera e propria rivelazione. E’ un approccio che ha molta forza, in gran parte proprio per la semplicità dei concetti su cui si fonda, immediatamente comprensibili a tutti. Un aspetto interessante a cui stiamo assistendo è che le persone stanno abbracciando questo fenomeno in modo del tutto naturale e sono curiose di esplorare tutte le opportunità che ha da offrire. La sharing economy non nasce come dibattito culturale in seno alla società, è semmai una risposta a un’esigenza che attraversa la nostra società e che ha una forza tale da imporsi al dibattito.

Nel corso di questi anni quanti hai considerato l’ambiente di lavoro in cui stavi maturando professionalmente ed umanamente e quanto ha contato la possibilità di viaggiare e confrontarti con altri coetanei con un sogno di nuovo business?

Viaggiare è stato fondamentale e Airbnb mi ha dato la possibilità di farlo anche comodamente da casa mia come Host. Quando sono entrato a far parte dell’azienda, poi, ho incontrato altre persone che condividevano con me quello stesso sogno di cambiamento. Ho un ricordo bellissimo di quel periodo e delle tante cose che ho imparato in così poco tempo, e credo che le 3 lezioni più importanti siano state:

1. Fa quello che ti piace e che ti appassiona: solo in questo modo potrai dare il massimo ed essere felice. Anche se a volte sarà dura e ci vorrà del tempo, non abbandonare mai i tuoi sogni. Lavorare per Airbnb ha rappresentato per me il coronamento di un sogno: ci ho impiegato circa un anno per realizzarlo. L’energia e la felicità che si sono liberate in me quando mi sono unito al team mi hanno permesso di ottenere i risultati che ho ottenuto finora.

2. Leggi, studia e continua ad imparare nonostante il tuo lavoro o la vita ti tengano impegnato tutto il giorno: tutte le volte che guarderai indietro dovrai sentirti molto diverso dal tuo te stesso di prima, dovrai essere cresciuto. In questo Airbnb è stata una scuola incredibile dove insieme al mio team ogni giorno abbiamo imparato qualcosa di nuovo, sul nostro lavoro e su noi stessi.

3. Punta tutto sulle persone che ti circondano: leggi “Never eat alone” di Keith Ferrazzi e ricordati che il tuo successo è strettamente collegato a quello delle persone che ti circondano e fanno il tifo per te. Pensare di potercela fare puntando tutto su se stessi è molto più difficile (e molto più noioso). La cultura aziendale di Airbnb è basata su alcuni valori fondamentali e tutte le volte che viene assunta una nuova persona, questi valori devono essere parte integrante della sua personalità. In questo modo siamo riusciti a creare un team fantastico di persone che si sostengono a vicenda e si considerano parte di una famiglia.

Nel novembre di 2 anni fa, a seguito dell’Uragano Sandy, gli Usa –ma non solo- erano in ansia per la popolazione di New York ed alla cronaca è assorta anche la storia di come la “comunità Airbnb” abbia risposto al pericolo: i proprietari di case di New York city hanno messo a disposizione a titolo gratuito gli appartamenti. E’ uno straordinario episodio di come le persone possano collaborare e di quanto la tecnologia possa fornire loro strumenti infinitamente potenti. Ci sono altri casi che puoi citare, in tal senso?

Si, è stato davvero incredibile quanto successo a New York. Più di 1400 host Airbnb hanno aperto le porte delle loro case e preparato del cibo per le persone rimaste senza una casa a causa dell’uragano Sandy. Dall’ascolto di quelle storie è nata l’ispirazione per sviluppare questi gesti così generosi in tutta la nostra community e in tutto il mondo. Nel 2013 abbiamo lanciato il nostro programma di risposta ai disastri (l’Airbnb disaster response tool) e da allora i nostri host hanno aperto le porte agli sfollati in risposta alle emergenze in tutto il mondo. Mi chiedevi alcuni esempi e li cito molto volentieri: a Londra, in Sardegna e, in ultimo, a Genova, la nostra community è stata al fianco della popolazione durante le alluvioni che hanno flagellato queste regioni; a Cefalonia molti host hanno offerto alloggi a seguito del terremoto che ha colpito l’isola, e lo stesso è successo a Toronto e ad Atlanta durante le tempeste di ghiaccio, quando la community ha risposto dando esempio di grande solidarietà.

Dal possesso all’accesso, grazie a strumenti innovativi, vuol dire la possibilità di utilizzare un bene senza doverlo per forza acquistare. Alla luce delle tue esperienze –personali e professionali- che ne pensi? E di fronte a tale scenario come spiegare le multe comminate a voi e gli obblighi di legge -in tema di affitti- che non sempre pare stiano al passo coi tempi e col vostro modello di business?

L’innovazione è la chiave per il rilancio del nostro paese. Airbnb sta portando il suo contributo nel settore dell’ospitalità e i risultati che abbiamo raccolto finora sono indicativi di come gli italiani stiano accogliendo questa spinta al rinnovamento. Per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni, Airbnb è un’azienda responsabile e la nostra volontà è di condividere con tutti la nostra esperienza, al fine di sviluppare un dibattito aperto e costruttivo sulla sharing economy. In questo devo dire che le istituzioni italiane si stanno dimostrando al passo con i tempi: in primis, l’esempio del comune di Milano che con una delibera di indirizzo politico si propone di “abbracciare” e sostenere lo sviluppo della sharing economy, sia in vista dell’Expo 2015 che per il futuro.

Che tipo di mercato è quello italiano per Airbnb e quali le città più cliccate? Quanto e come la crisi lo influenza? Che tassi di crescita riportate negli ultimi anni e quali prevedete per i prossimi?

L’Italia è al terzo posto come numero di alloggi su Airbnb, dietro a Usa e Francia. Un risultato che la dice lunga su quanto il nostro paese abbia saputo aprirsi all’innovazione, a dispetto di molti pregiudizi che ci vorrebbero sempre attardati nel cogliere le nuove opportunità. Per quanto riguarda le singole città, ai primissimi posti troviamo Roma, Milano e Firenze, ma stiamo registrando una forte crescita un po’ ovunque. Le nostre bellezze naturali e il nostro patrimonio artistico fanno di ogni regione una fantastica destinazione turistica da scoprire. A marzo di quest’anno abbiamo festeggiato il primo milione di viaggiatori in Italia con Airbnb, mentre il numero di alloggi dall’apertura della nostra sede italiana è all’incirca raddoppiato ogni anno. Preferisco non fare stime per il futuro, ma contiamo di continuare a crescere velocemente come abbiamo fatto finora, impegnandoci sempre più per stare accanto alla nostra community che sta dimostrandosi affidabile per quanto riguarda la qualità delle esperienze di viaggio offerte e dall’inestimabile valore umano nel connettere tra di loro persone provenienti da tutte le parti del mondo (…).

@antonluca_cuoco