A proposito della Cina nell’epoca Ming, lo storico Niall Ferguson ha scritto che la politica della porta chiusa intrappolò il paese nell’oscurantismo e nell’ignoranza.
Nel Bazar delle Follie, le stanze dei dipendenti pubblici sono ben serrate affinché non entri quel forte vento di maestrale che è l’innovazione. Senza vento non si va avanti. Il Bazar resta relegato nel gruppo di coda dei paesi che corrono per aggiudicarsi il premio dell’efficacia della pubblica amministrazione. Lo testimonia, impietosamente, l’International Civil Service Effectiveness (InCISE) Index.
Il marinaio che sa dove andare approfitta del vento favorevole. È questo il caso dell’Homo Innovatus, sul quale abbiamo già avuto modo di soffermarci in questa rubrica.
Immerso nel campo cognitivo dell’innovazione aperta, egli apprende a scoccare le frecce del dubbio, del pensiero, dell’azione e della realizzazione. Apertura ed espansione del campo dipendono dalla direzione e dalla velocità di propagazione delle quattro frecce. Il configurarsi di nuove prospettive e il cambiamento dei vecchi punti di vista segnano la fine del ristagnante immobilismo della porta chiusa all’innovazione. E all’innovazione a piccoli passi uno in avanti e due indietro perché intrappolata nel labirinto delle regole fondate sull’assioma “si è fatto sempre così” subentra l’innovazione in un ambiente aperto alla reciproca collaborazione che non esclude la libera concorrenza, senza tuttavia sacrificare il comportamento altruistico all’ambizione personale.
È in un siffatto ambiente che la conoscenza si moltiplica essendo condivisa; crea valore perché, partendo dal suo punto di origine, arriva a soddisfare bisogni e a mostrare nuove opportunità; facendo leva sulle aspettative reciproche, permette il migliore utilizzo possibile delle risorse tangibili e immateriali.
La Costituzione del Bazar è fondata sul lavoro dell’Homo oeconomicus. Poco e male è garantita la libertà dell’Homo Innovatus di correre a suo piacimento nel campo cognitivo dell’innovazione aperta.