Se mi scarti tu sprechi

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(Ode alla vita)
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno
gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero sul bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti. Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro chi non rischia la certezza per l’incertezza
per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio
chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono
qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Martha Medeiros

di Ugo Righi

In questo programma in tv il giovane cuoco sottolinea l’importanza degli scarti alimentari. Fa una considerazione fondamentale: “le risorse sono scarse e non vanno sprecate, si devono saper usare bene e anche riutilizzare facendo (ri) nascere qualcosa di nuovo dallo scarto.
Il punto è di non considerare lo scarto a priori un rifiuto ma un’altra risorsa potenziale. Lo scarto può essere qualcosa da buttare nel cestino o una talea. Ci sono anche gli scarti ma non necessariamente quello che non serve in un certo momento o contesto deve diventare scarto e quindi rifiuto. Lo scarto può essere reinventato, anche combinato con altri ingredienti per ottenere ricette che solo con lo scarto possono essere ottenute.” Quindi interessante anche questo punto: affinché lo scarto sia diventi risorsa occorre avere visione ampia d’assieme, tensione realizzatrice e abilità combinatoria. Stimolante, come principio e come metafora: lo scarto può essere morte o vita anche in contesto umano e sociale. Ho appena ora terminato di ascoltare l’ipotesi di prolungamento in casa per gli anziani, con intenzioni difensive per la loro maggiore vulnerabilità al virus e, tutto sommato, inutilità sociale.
Si, d’accordo, forse le intenzioni sono buone ma c’è molto di scolorito e torbido culturalmente su questo tema. Si pone qui il tema dello scarto, del rifiuto, dell’avanzo, non riferendomi al fatto specifico ma prendendolo come spunto per una considerazione più generale visto che il virus ha deciso lui che una intera generazione di anziani dovevano essere considerati “scarto”. Chi è di una certa età è uno scarto? Io sono in quella età, devo sentirmi vecchio, quindi scarto che cha come ambizione il rifiuto? Per forza devo far coincidere la mia condizione mentale e psicologica con quella anagrafica? È un problema, perché temo di non riuscirci.
Come sempre molte sono le considerazioni, e la costruzione della realtà intreccia componenti varie, ma una cosa è certa: determinante è la pensabilità su se stessi come progetto della propria vita.
La data di scadenza di quello che mi fa stare bene non è segnata sull’agenda del commercialista ma è nel vento. Non voglio banalizzare dicendo che “conta come ci si sente” perché è certamente vero che chi non si sente vecchio, in generale è vecchio; e che i giovani non hanno bisogno di sentirsi giovani: lo sono! Ma il punto è che non si deve diventare vecchi accettando il conformismo delle regole, che dicono quando devi esserlo. Se non vuoi essere trattato da vecchio, comincia a non farlo tu e accetta, naturalmente, di invecchiare, e fallo molto lentamente. Chi invecchia (no chi diventa vecchio) vive in modo vitale e cerca la variazione, la divergenza, non gli passa la voglia di agire e di imparare e non diventa indifferente alla bellezza, non butta via le cose che ama, perché altrimenti butterebbe via se stesso e quindi, autorizzando anche gli altri a farlo.