Se la politica non ha più il sentimento della dignità

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(Imagoeconomica)

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 18 giugno all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Quadro desolante nelle aule del potere italiano: da Montecitorio a Palazzo Madama, dalla Camera al Senato. Tutto nello stesso giorno e nel giro di poche ore. Archiviate le elezioni europee sembrava pienamente naturale attendersi una ripresa responsabile della vita politico-parlamentare, capace di riflettere sui nuovi equilibri e rapporti di forza determinatisi nei 27 Stati dell’Unione e in ciascuno di essi dopo l’8 e il 9 giugno. L’Italia prima di tutti ha mostrato il suo poco raccomandabile volto: scarsa attitudine a discussioni dialettiche anche molto serrate sui problemi, propensione quasi naturale o istintiva, invece, all’aggressivo scontro fisico fatto di cazzotti, pugni in testa, calci dove vanno vanno.

DA UNA CAMERA ALL’ ALTRA. Due le riforme, di non poco respiro, all’ordine del giorno: l’autonomia differenziata e il premierato. Clima surriscaldato, si avverte subito, e nervi tesi soprattutto fra i leghisti calderoliani e salviniani. Da dove cominciare? si chiede Francesco Bechis. Giù una tempesta di pugni volanti, grida e cori da stadio, cartelli e t-shirt, insulti e minacce, calci furiosi e violenti strattoni. Ma non manca di peggio: ring allargato o saloon da far west? Il deputato grillino Leonardo Donno si scaglia verso il banco del Governo per provocatoriamente “offrire” al ministro Calderoli la bandiera tricolore. Contro di lui si avventa il leghista Igor Iezzi. Il 5Stelle, colpito alla testa, va a terra e sarà portato via dai questori su una sedia a rotelle. In aggiunta: Toni Ricciardi del Pd dà due stampellate al meloniano Fabio Petrella, mentre Nico Stumpo, Pd, lancia una sedia contro i banchi del Governo. A Palazzo Madama (dove, secondo la tradizione, “Senatus mala bestia e senatores boni viri”), va in onda con rissosità meno estremista ma altrettanto deplorevole, il premierato che Giorgia Meloni definisce “la madre di tutte le riforme”. L’opposizione fa muro e tutto il centrosinistra sventola cartelli con frasi di Giacomo Matteotti a cento anni dall’assassinio compiuto nel 1924 dagli squadristi fascisti.

DOVE PASSA IL FUTURO DEL MONDO. Prima tappa nel brindisino, fra i trulli pugliesi di Borgo Egnazia. I “grandi della terra” riuniti per il G7 presieduto da Giorgia Meloni, con la presenza di papa Francesco (la prima volta di un Pontefice). Raggiunti accordi sulle principali sfide globali aperte. Con l’accoglienza solidale a Zelensky, un duro colpo a Putin: 50 milioni di dollari in favore di Kiev dai beni di Mosca sbloccati. Seconda tappa nella Svizzera centrale. Il sostegno a Kiev, fino a una pace giusta a sostegno della piena territorialità ucraina, votato da 80 paesi partecipanti, compresi tutti i 27 dell’Unione europea. Non firmano in 12. Respinta come provocatoria la “pace” proposta da Putin: sue le 4 regioni del Donbass e la Crimea, niente ingresso dell’Ucraina nella Nato. La ferma condanna dei metodi putiniani, documentata anche dai numeri del nuovo Parlamento europeo. Su 720 deputati neoletti, oltre 600 sono schierati in difesa della nazione criminalmente aggredita.

CURIOSITA’ POSTELETTORALE. Si commenta con sardonica ironia il fatto che Giorgia Meloni abbia sfondato a Capalbio mentre il Carroccio abbia perso a Pontida. Due località di notevole valore simbolico e non solo dal profilo politico. Capalbio, nel grossetano, divenne ricorrente mondano luogo d’incontro dei maggiori esponenti del Pci e della Sinistra, almeno da Achille Occhetto in poi. A Pontida territorio bergamasco, invece, a parte la notorietà per il famoso “giuramento” del 1167, aveva “casa” l’annuale festa del Carroccio prima bossiano e poi salviniano. Dalle mani del leghista sindaco uscente Pierguido Vanalli, lo storico feudo è passato in quelle del civico Davide Cantù.

DA MUSEO A HOTEL. Sembra questo, a Napoli, il destino di Capodimonte secondo quanto dice Eike Schmidt: ”Se perdo Firenze, torno subito  a Capodimonte”. Sì, come se niente fosse. Del resto potrebbe essere proprio così perché candidato a sindaco di Firenze con il Centrodestra, i l direttore di Capodimonte va a un difficile ballottaggio con l’esponente del Pd Sara Funaro: lui con il 33,1 e lei con il 42,9. Sembra che il perdente abbia già le valigie pronte per il trasferimento che, però, non avverrebbe senza aspre censure. Il governatore De Luca: Capodimonte non è un albergo o un autobus che si prende quando si vuole. Sandro Ruotolo, neoeletto a Strasburgo: la legge sarà pure dalla tua parte, dice a Schmidt, ma sappi che non sei gradito; Napoli non può essere il tuo ripiego. Sulla stessa linea Francesco Borrelli, fresco parlamentare europeo: servirsi di Napoli in questo modo è davvero disdicevole. Eike Schmidt avrà un ripensamento?