Scienza, una nuova tecnica usa la luce per incidere immagini in 3D su un polimero

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By Carol M. Highsmith - Library of CongressCatalog: http://lccn.loc.gov/2015630915Image download: https://cdn.loc.gov/master/pnp/highsm/30600/30679a.tifOriginal url: http://hdl.loc.gov/loc.pnp/highsm.30679, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=151169892

Una nuova tecnica che utilizza un “interruttore” chimico e un proiettore si e’ dimostrata efficace nel rendere ogni polimero di una tela 3D riutilizzabile, con possibili importanti applicazioni in campo medico. Lo rivela un nuovo studio dei ricercatori della Dartmouth e della Southern Methodist University (Smu), pubblicato sulla rivista Chem. La ricerca si pone come ambizioso traguardo quello di mettere in futuro i medici in condizione di poter acquisire proiezioni tridimensionali di scansioni mediche, sospenderle all’interno di un cubo acrilico per creare una riproduzione portatile del cuore, del cervello, dei reni o di altri organi di un paziente. Poi, una volta terminata la visita, un rapido getto di calore cancella la proiezione e il cubo e’ pronto per la scansione successiva. Lo studio presenta una tecnica che utilizza un proiettore di luce specializzato per imprimere immagini bidimensionali e tridimensionali all’interno di qualsiasi polimero che contenga un additivo chimico fotosensibile sviluppato dal gruppo di ricerca. L’incisione basata sulla luce rimane nel polimero fino all’applicazione del calore, che cancella l’immagine e la rende nuovamente pronta all’uso. “In breve, i ricercatori scrivono con la luce e cancellano con il calore o la luce”, ha spiegato Ivan Aprahamian, professore e titolare della cattedra di chimica a Dartmouth e autore co-corrispondente dell’articolo.

Nei test, i ricercatori hanno prodotto immagini ad alta risoluzione in polimeri che vanno da pellicole sottili a sei pollici di spessore. Secondo Aprahamian, la tecnologia e’ destinata a tutte le situazioni in cui potrebbe essere fondamentale disporre di dati visivi dettagliati e precisi in un formato compatto e facilmente personalizzabile, come la pianificazione di interventi chirurgici e lo sviluppo di progetti architettonici. Il dispositivo potrebbe essere utilizzato anche per generare immagini 3D per l’istruzione e persino per la creazione di opere d’arte. “E’ come una stampa 3D reversibile – spiega Aprahamian – si puo’ prendere qualsiasi polimero che abbia le proprieta’ ottiche ottimali, cioe’ che sia traslucido, e migliorarlo con il nostro interruttore chimico. Ora quel polimero e’ un display 3D. Non servono cuffie per la realta’ virtuale o strumentazioni complicate: tutto cio’ che serve e’ il giusto pezzo di plastica e la nostra tecnologia”.

I polimeri facilmente reperibili, come un cubo acrilico, potrebbero essere trasformati in un display con l’aggiunta dell'”interruttore” chimico sensibile alla luce formulato da Aprahamian e Qingkai Qi, ricercatore post-dottorato a Dartmouth e primo autore dello studio. L’interruttore e’ costituito da un composto chiamato azobenzene che reagisce alla luce, abbinato al difluoruro di boro, che migliora le proprieta’ ottiche dell’interruttore. Una volta integrato con un polimero, l’interruttore reagisce alle lunghezze d’onda della luce rossa e blu irradiate da un proiettore sviluppato nel laboratorio di Alex Lippert, professore di chimica alla Smu e coautore dello studio. “La luce rossa agisce come l’inchiostro, attivando l’additivo chimico per creare l’immagine, quella blu puo’ poi essere usata per cancellarla” ha precisato Aprahamian. “Il proiettore illumina il polimero trattato da diverse angolazioni con vari schemi di luce”, ha evidenziato Lippert. La sostanza chimica fotosensibile sviluppata nel laboratorio di Aprahamian a Dartmouth si attiva nel punto in cui questi schemi si intersecano per produrre modelli 3D. “Creare proiezioni 3D da immagini 2D, come una radiografia del torace, significherebbe proiettare fette dell’immagine originale in un cubo di polimero o in un’altra forma finche’ le fette non si combinano per formare l’immagine 3D completa”, ha osservato Lippert. I ricercatori sono riusciti a produrre immagini animate nei polimeri e il lavoro futuro ruota attorno al miglioramento di questo processo. Nel frattempo, la tecnologia potrebbe essere sviluppata per un uso pratico nella sua forma attuale, ad esempio per l’industria o la sanita’. “Per aumentare la scala e’ necessario mettere a punto le proprieta’ dell’interruttore chimico al fine di migliorare la risoluzione, il contrasto e la frequenza di aggiornamento – ha sottolineato Lippert – in linea di principio, il sistema del proiettore puo’ essere scalato e sviluppato in un sistema chiavi in mano con hardware automatizzato e software associato per un facile utilizzo”.