I temporali potrebbero generare raggi gamma molto più spesso di quanto ipotizzato in precedenza. Lo suggerisce una coppia di studi, pubblicati sulla rivista Nature, condotti dagli scienziati dell’Università di Bergen. Il team, guidato da Nikolai stgaard, ha analizzato i dati raccolti dagli aerei durante dieci voli avvenuti nel luglio 2023. I risultati, commentano gli esperti offrono nuove intuizioni sui temporali, le loro origini e le loro caratteristiche. Lavori precedenti hanno dimostrato l’esistenza di due tipi di emissioni di raggi gamma da parte di nubi temporalesche: ad alta intensità, noti come lampi di raggi gamma terrestri (TGF), e bagliori di raggi gamma di durata più lunga e di intensità moderata. uttavia, le caratteristiche di queste emissioni e il modo in cui vengono prodotte non erano del tutto comprese. Per colmare queste lacune, il gruppo di ricerca ha esaminato le emissioni di raggi gamma prodotte durante i temporali oceanici e costieri sui Caraibi e sull’America centrale. Gli autori hanno identificato un diverso tipo di emissione di raggi gamma, chiamata flickering gamma-ray flashes (FGF), che consiste in impulsi con una durata 2,5 volte maggiore di quelli dei TGF. In totale, sono stati osservati 24 FGF che emettevano bagliori di raggi gamma. 17 di questi episodi sono stati seguiti da fulmini. I ricercatori ipotizzano che i flickering gamma-ray flashes potrebbero iniziare come bagliori di raggi gamma prima di aumentare improvvisamente di intensità e diventare una sequenza di impulsi, e potrebbero anche avere un ruolo nell’inizio di alcuni fulmini. In un articolo di accompagnamento, il team di Martino Marisaldi ha studiato le proprietà dei bagliori di raggi gamma rilevati dall’aereo. In questo lavoro, gli autori hanno considerato un sistema di nubi temporalesche che occupava un’area di oltre 9.000 chilometri quadrati, che ha brillato per almeno tre ore.
Questo approccio ha permesso di dimostrare che le emissioni non erano uniformi, e sono stati osservati oltre 500 singoli bagliori di raggi gamma sull’intera area di studio durante nove dei dieci voli, con ogni episodio che durava tra uno e 10 secondi. Questi risultati sono in contrasto con le ipotesi precedenti, secondo cui i bagliori di raggi gamma possono prolungarsi per centinaia di secondi e vengono emessi uniformemente in aree di 20 chilometri. Nel complesso, concludono gli autori, queste scoperte approfondiscono la comprensione delle emissioni di raggi gamma provenienti dalle nubi temporalesche, suggerendo un legame causale tra i bagliori e i lampi e un possibile ruolo di queste emissioni nel successivo innesco dei fulmini.