Scienza, caccia ai DNA sui fondali oceanici alla scoperta di specie ancora ignote

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(foto da Adobe Stock gratis)

Conoscere le forme di vita che popolano gli abissi potrebbe rivelarsi estremamente utile per mappare la biodiversità oceanica e definire le specie ancora ignote. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances. I ricercatori del Norwegian Research Centre (NORCE), Bjerknes Centre for Climate research, dell’Università di Ginevra, nonché del CNRS/Genoscope e dell’IFREMER in Francia, hanno sequenziato in modo massiccio il DNA eucariotico contenuto nei sedimenti di acque profonde di tutti i principali bacini oceanici e confrontato questi nuovi dati con i set di dati di plancton esistenti su scala globale dalla colonna d’acqua illuminata dal sole e da quella scura, ottenuti dal Tara Oceans e dalla spedizione Malaspina circumglobal.

Ciò fornisce la prima visione unificata dell’intera biodiversità eucariotica oceanica, dalla superficie al sedimento oceanico profondo, consentendo di affrontare per la prima volta questioni ecologiche marine su scala globale e attraverso lo spazio tridimensionale dell’oceano, rappresentando un passo importante verso “One Ocean ecology”.

“Con quasi 1700 campioni e due miliardi di sequenze di DNA dalla superficie al fondo oceanico in tutto il mondo, la genomica ambientale ad alto rendimento espande notevolmente la nostra capacità di studiare e comprendere la biodiversità delle acque profonde, la sua connessione con le masse d’acqua sopra e con il meccanismo inerente al ciclo del carbonio», afferma il dottor Tristan Cordier, ricercatore presso NORCE e Bjerknes Center for Climate Research, Norvegia, e autore principale dello studio.

Confrontando le sequenze del DNA dei sedimenti con quelle dei regni pelagici, è stato possibile distinguere gli organismi bentonici indigeni dal plancton affondante che aveva raggiunto il fondo del mare dalla colonna d’acqua sovrastante. I risultati indicano che questa biodiversità bentonica potrebbe essere tre volte più grande che nelle masse d’acqua superiori; e questa diversità è composta da gruppi tassonomici molto diversi che sono per lo più sconosciuti.

“Abbiamo confrontato le nostre sequenze di DNA bentonico di acque profonde con tutte le sequenze di riferimento disponibili per gli eucarioti conosciuti. I nostri dati indicano che quasi due terzi di questa diversità bentonica non possono essere assegnati ad alcun gruppo noto, rivelando una grande lacuna nella nostra conoscenza della biodiversità marina”, afferma il dottor Jan Pawlowski, Professore al Dipartimento di Genetica ed Evoluzione dell’Università di Ginevra e all’Istituto di Oceanologia dell’Accademia polacca delle scienze a Sopot.

L’analisi dell’abbondanza e della composizione del DNA del plancton nei sedimenti di acque profonde ha confermato che le regioni polari sono punti caldi di sequestro del carbonio. Inoltre, la composizione del DNA del plancton nei sedimenti prevede la variazione della forza della pompa biologica, un processo ecosistemico che trasferisce l’anidride carbonica atmosferica nelle profondità oceaniche, regolando così il clima globale.

Questo set di dati genomici rappresenta la prima istantanea coerente dell’intera diversità eucariotica nell’oceano moderno. Fornisce un’opportunità unica per ricostruire gli antichi oceani dal DNA contenuto nella registrazione cumulativa dei sedimenti, per valutare in che modo il clima ha influenzato il plancton e le comunità bentoniche in passato.