Sbatti il mostro in prima pagina: in mezzo secolo è cambiato poco o niente

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Matteo Piantedosi e Bruno Vespa nello studio di Porta a Porta

Onore al merito: i fatti seguiti ai misfatti verificatisi per lungo tempo in Sicilia sono di importanza senza alcun dubbio più che grande. Non fosse altro che per coronare trent’anni di caccia a quel volpone e a qualcuno dei suoi complici, per dare un senso alla spesa- enorme – che essa è costata. Certamente qualcuno prima o poi si prenderà la briga di quantificarla. Tornando al fatto, la strada intrapresa dalla magistratura e dalle forze dell’ordine per debellare la mafia sembra essere quella giusta e allora avanti così. È discutibile invece la innegabile sovraesposizione che l’informazione ha impresso alle varie notizie man mano che venivano fuori a seguito dell’arresto di Messina Denaro. Si ripropone così, immediatamente dopo la cattura del capo branco -nel significato autentico, quindi riferito a bestie- senza colpo ferire, l’ antico dubbio che finora non ha ottenuto una risposta univoca. Esso concerne tutto ciò che possa aiutare a stabilire a quale punto dell’intervallo ideale che intercorre tra la riservatezza e il clamore debba attestarsi il lancio di una notizia. Il quesito non è nuovo e l’atteggiamento dell’opinione pubblica non è stato mai univoco, al punto di portare a una netta presa di posizione, in un senso o nell’ altro a tal riguardo. Nei primi anni ’70, quindi 50 anni addietro, il regista Marco Bellocchio diresse il film Sbatti il mostro in prima pagina. La trama di quella pellicola ruotava intorno al modo di muoversi, in alcuni casi, l’ informazione, in particolare quella veicolata dalla carta stampata. I commenti riguardano, il più delle volte, la classe politica e alcune funzioni dello Stato, si leggano magistratura e ordine pubblico. La questione dell’intreccio tra le realtà appena richiamata e il fatto riportato in quelle stesse righe è trattato non sempre con la obiettività che il contesto richiede. Per sola memoria, qualche anno dopo la proiezione del film appena citato, per un uso distorto della tessera dell’ordine della sua professione e della stessa carta stampata, finì assassinato il giornalista free lance Mino Pecorelli.
Episodi plateali continuano a accadere in tutto il mondo e ancora nella memoria di molti occupa un suo spazio la vicenda definita del Watergate. Risale, quella stessa, al periodo della guerra in Viet Nam, protagonisti il Presidente degli USA dell’ epoca, Nixon e il governo di cui era a capo. Gli stessi, insieme a altri personaggi meno importanti, ne uscirono travolti rovinosamente. Nixon si dimise, convinto come era che, così facendo, avrebbe in qualche modo contenuto il danno alla sua immagine, ma non è andata cosi. Attualmente in Italia sembra che si stia andando ancora più avanti, stante il fatto che, a distanza di circa un mese dall’arresto del capo dei capi della mafia, la vicenda è ancora al calor bianco. Quando sembrerebbe che lo tsunami di quell’arresto sia tornato al suo posto, altre informazioni di corollario si vanno a aggiungere all’ episodio principale. Evitando di approcciare il problema del pericolo che potrebbe comportare la rivelazione di una serie di particolari che, per ovvi motivi, meglio sarebbe che rimanessero nell’ombra della discrezione, va notato anche che, continuando a insistere sine die sull’argomento mafia, l’informazione sottrarrà spazio e quindi visibilità alla diffusione di altre notizie importanti quanto meno come quella della caccia al ladro, per di più a casa sua. Se è vero che a tutto si fa l’abitudine, l’ umanità da qualche anno è incamminata su quella strada. Il segnale in tal senso, se confermato, sarebbe un indicatore fortemente negativo dello stato dell’umanità. Significherebbe che é iniziata una recessione di tipo diverso da quella economica, definibile, con grande sforzo di buona volontà, sociale. Tanto per evitare di usare un termine ancora più destabilizzante, che suona degrado. Sarebbe, se malauguratamente dovessero configurarsene i requisiti, qualcosa di paragonabile all’involuzione della specie.
Secondo alcuni antropologi e storici, qualcosa del genere avvenne poco dopo l’anno mille. Per riguadagnare il cammino perduto, l’ umanità dovette aspettare la scoperta dell’America. Il seguito è cronaca, sotto gli occhi di tutti, anche di chi fa finta di non vedere.